Eleonora de Fonseca Pimentel, ricordandoti

Le vite spezzate delle Fosse Ardeatine

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Roma 24 marzo 1944, quarto giorno di primavera. In una cava di pozzolana sulla via Ardeatina, i tedeschi uccidono 335 uomini sparando ad ognuno un colpo alla testa. Sono prigionieri politici e partigiani di tutte le forze antifasciste, civili e militari, molti ebrei, alcuni detenuti comuni e ignari cittadini estranei alla Resistenza, sacrificati in proporzione – che poi si rivelerà sbagliata per eccesso - di dieci a uno in seguito ad un attacco partigiano in via Rasella, costato la vita a 33 militari del Reich.

È il più grande massacro compiuto dai nazisti in un un’area metropolitana e segnerà profondamente la storia e la memoria italiana del dopoguerra.

La cronaca del massacro è storia nota. Il caotico susseguirsi degli eventi tra il 23 e il 24 marzo è stato ricostruito in modo abbastanza approfondito da Mario Avagliano e Marco Palmieri nel volume Le vite spezzate delle Fosse Ardeatine. Le storie delle 335 vittime dell’eccidio simbolo della Resistenza (Einaudi 2024), così come è stata analizzata la profonda impronta che l’eccidio ha lasciato nella memoria del dopoguerra, a Roma e nell’Italia intera.

Poco invece si conosce – ad eccezione di alcuni personaggi più noti – delle vicende individuali delle vittime, di cui oggi resta memoria – e non per tutti – solo in alcune pubblicazioni locali o a carattere familiare, oltre che nelle cerimonie e nelle lapidi presenti a Roma e nelle città di origine.

 

La ricostruzione delle biografie civili e politiche dei martiri – per alcuni dei quali l’identità è rimasta ignota o solo recentemente accertata, grazie all’esame del Dna da parte della polizia scientifica – e la loro raccolta in un quadro d’insieme è invece un’operazione di grande interesse storico, anche perché da tale ricerca emerge un microcosmo - neppure tanto micro, considerando il numero delle vittime – altamente rappresentativo dell'intera storia italiana di quel tempo, in uno dei suoi snodi più drammatici e cruciali, tra fascismo, occupazione nazista, Resistenza e Liberazione.

Alle Fosse Ardeatine, infatti, furono uccisi italiani provenienti o originari da ogni parte della penisola, dalla Lombardia alla Sicilia (più alcuni stranieri).

Le vittime erano militari e civili e appartenevano a tutti i ceti sociali, dagli aristocratici ai poveracci venuti in città per sbarcare il lunario e sopravvivere alla miseria.

Erano impiegati, commessi, commercianti, avvocati, professori, studenti, militari, venditori ambulanti, artigiani, contadini, pastori, operai. Erano di ogni fascia d’età, dagli anziani ai giovanissimi. Di ogni livello d’istruzione, dagli analfabeti ai grandi intellettuali. Erano persone oneste o colpevoli di reati comuni, che stavano scontando la loro pena in carcere.

Quanto al credo religioso, vi erano cattolici (tra cui un sacerdote, don Pietro Pappagallo, che ispirò uno dei personaggi di Roma città aperta di Roberto Rossellini), ebrei e atei.

I militari appartenevano alle differenti armi – diversi i carabinieri, tra cui gli ufficiali che avevano arrestato Mussolini il 25 luglio – ed erano di diversi gradi, dagli alti ufficiali (come Giuseppe Cordero Lanza di Montezemolo, capo del fronte militare clandestino) ai soldati semplici. Tra i politici, infine, erano presenti esponenti di tutte le forze antifasciste e della Resistenza, e perfino un ex sottosegretario dei governi fascisti, Aldo Finzi.

Dentro la storia delle 335 vittime delle Fosse Ardeatine, dunque, c’è tutta la storia d’Italia – sociale, politica, economica, culturale – e della Resistenza, che questo libro ripercorre e mette in luce, attraverso il punto di vista particolare rappresentato dalla ricostruzione delle biografie individuali.

Una ricostruzione basata anche su documenti coevi e ancora inediti (o conosciuti solo in un ristretto ambito locale e familiare), come diari e lettere delle vittime, le testimonianze dei parenti e documenti d’archivio o burocratici (gli atti del processo Kappler, le schede delle carceri di via Tasso e Regina Coeli, le segnalazioni della polizia politica nel casellario politico centrale, gli atti dei processi ai collaborazionisti).

L’analisi complessiva e sistematica delle vicende individuali delle vittime – che finora mancava nella vasta produzione bibliografica sul tema – contribuisce ad aggiungere un importante tassello di approfondimento e di conoscenza al quadro generale della Resistenza nazionale.

 

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