I boy scout cambiano nome per essere “inclusivi”
Ci risiamo. I paladini del politically correct hanno partorito l’ennesima trovata in nome della parola magica “inclusine”. Ad andarci di mezzo, questa volta, è il movimento dei boy scout, fondato nel 1907 dall’inglese Robert Baden-Powell, e che si è in seguito rapidamente diffuso in tutto il mondo. I fautori della correttezza politica hanno deciso che, d’ora in poi, il movimento deve avere un nome “gender free”, adeguandosi così ai criteri che essi stessi hanno fissato. Senza punto curarsi di chiedere il parere di coloro – e sono tantissimi – che al politically correct non credono affatto. Il cambiamento dovrebbe consentire alle tantissime ragazze e donne attive nel movimento di non sentirsi discriminate per la presenza della parola “boy” inserita nella denominazione dell’associazione proprio da Baden-Powell. Sarebbe interessante sapere quante boy scout di genere femminile si sentano davvero discriminate. Probabilmente non molte, visto che finora nessuna aveva chiesto il cambiamento del nome. Come in altre associazioni vi sono state denunce di abusi sessuali che hanno riguardato, tra l’atro, tanto femmine quanto maschi. Ma è ovvio che la sparizione della parola “boy” non comporterà alcun cambiamento significativo al riguardo.
In realtà, come sempre, i campioni del politically correct vogliono riscrivere la storia con meri mutamenti lessicali (come se ciò fosse davvero possibile). Ignorando il fatto che la storia passata non si può cambiare. Intendiamoci. Quest’ultima trovata è meno eclatante di altre. Più gravi, per esempio, sono senz’altro le continue riscritture di testi classici della letteratura e della filosofia, dove solerti esponenti del politically correct cambiano i testi stessi “purgandoli” da tutte le parole che non si adeguano ai loro standard. Il risultato è che i testi “purgati” non sono più quelli originali. Capita così che i lettori si trovino di fronte a opere diverse da quelle scritte in passato da autori ormai classici quali Agatha Christie, Sir Arthur Conan Doyle o Mickey Spillane. Ma che importa? Conta che i lettori non trovino nei testi termini diventati “proibiti” dopo l’avvento del politically correct, e tanto basta, alla faccia della fedeltà filologica, considerata adesso inutile. Come dicevo poc’anzi il caso dei boy scout è in fondo meno grave. Pare che d’ora in avanti si chiameranno solo “scout”, e basta. Il fatto è che molte persone già li chiamavano così per semplicità, senza bisogno di ricorrere a operazioni ridicole come questa. |
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