Eleonora de Fonseca Pimentel, ricordandoti

La differenza della filosofia politica di Oriente e Occidente

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Ha sempre destato interesse e curiosità, tra gli studiosi, l’evidente differenza tra Oriente e Occidente in tema di filosofia politica e di organizzazione della società. Noi siamo, in fondo, gli eredi di Thomas Hobbes.

Il pensatore inglese partiva dal presupposto che, in natura, vi sia una sorta di stato di guerra permanente, con gli individui che, per preservare i loro interessi, non esitano ad attaccare gli altri per ottenere la supremazia anche – e soprattutto – usando la forza bruta.

Tale conflittualità permanente, secondo Hobbes, si può evitare (o almeno mitigare) firmando una sorta di “contratto” che impegni tutti ad evitare la violenza. Tuttavia i patti non funzionano senza un potere coercitivo superiore.

Spetta allo Stato esercitare tale potere. E trattasi di un potere legittimo e assoluto che, per la sua stessa natura, non può dipendere dalla volontà dei singoli individui, poiché deve garantire la sicurezza di “tutti”. In poche parole: un governo autoritario è comunque preferibile allo stato di guerra permanente presente in natura.

La soluzione individuata da Confucio, il maggiore pensatore politico che l’Oriente abbia avuto, è piuttosto diversa. Il filosofo cinese ritiene che non si possa ottenere granché se s’intende mantenere l’ordine sociale utilizzando strumenti coercitivi e punitivi.

 

Secondo Confucio gli individui vanno piuttosto “educati” a vedere se stessi come semplici parti di un insieme più grande, il quale conferisce un senso alla loro stessa esistenza.

Devono pertanto essere guidati con la virtù e facendo loro capire la fondamentale importanza della ritualità. Solo a quel punto potranno comportarsi in modo corretto.

Fondamentale risulta quindi il rispetto per gli anziani, depositari delle tradizioni, e il rispetto della famiglia, vera unità fondante dello Stato. Le leggi dovranno essere scritte in modo chiaro e comprensibile, e a tutti dovrà essere insegnato che la somma (la società) è maggiore delle parti (gli individui), affinché gli interessi particolari non prevalgano.

Occorre dunque una maggiore consapevolezza dei rapporti inscindibili che ci uniscono ai nostri simili, il che condurrà a un rispetto pressoché automatico delle norme sociali accettate da tutta la comunità.

Più semplice a dirsi che a farsi, ovviamente, ma Confucio ritiene sia questa l’unica strada per evitare la conflittualità permanente e lo stato di guerra di tutti contro tutti. Non vi può essere cooperazione se si bada soltanto all’interesse individuale.

È noto che il pensiero confuciano è stato grandemente rivalutato negli ultimi decenni nella Repubblica Popolare Cinese, venendo affiancato al marxismo che resta tuttora la filosofia di Stato ufficiale. Ci si può tuttavia chiedere fino a che punto il pensiero di Confucio venga rispettato in una nazione in cui non esiste la possibilità di manifestare il dissenso.

 

 

 

 

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