Eleonora de Fonseca Pimentel, ricordandoti

Ippolito Nievo, patriota garibaldino e scrittore

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Ippolito Nievo è uno dei miti del nostro Risorgimento, il più popolare dopo la “trinità laica” costituita da Garibaldi, Mazzini, Cavour.

Patriota garibaldino e scrittore, la morte tragica e misteriosa nell’età giovanile lo ha fatto ascendere all’olimpo degli eroi.

La vita e le imprese dal castello di Fratta ai bastioni di Calatafimi, più volte riportate e commentate, meritano sempre un doveroso ricordo.

Ippolito nacque il 30 novembre 1831 a Padova, da famiglia nobile friulana, i Colloredo Mels, titolari del feudo di Monte Albano (Friuli) dove sorge il castello di Fratta.

Furono questi i luoghi frequentati nell'infanzia e poi descritti nel suo romanzo principale.

A 15 anni scrisse i Poetici componimenti fatti l'anno 1846-1847, semplici poesie scolastiche in stile classicista; a diciassette anni, affascinato dal programma mazziniano, fu coinvolto nella fallita insurrezione di Mantova, ma riuscì a sfuggire alla terribile repressione austriaca.

Proseguì gli studi al Liceo Virgilio, di Mantova dove conobbe Matilde Ferrari, suo primo amore. Si laureò in legge all’università di Padova.

 

Nel 1855, a 24 anni, deluso dalla situazione politica italiana, si ritirò a Colloredo, nel castello di Fratta, dove iniziò Le confessioni di un italiano, che terminò nel 1958.

L’opera fu pubblicata postuma nel 1867 da Le Monnier, inizialmente con il titolo Le confessioni di un ottuagenario perché non apparisse troppo “garibaldino” dal momento che questa era una posizione politica non gradita da tutti. Per lungo tempo il lavoro rimase conosciuto con questo titolo.

Sotto forma di autobiografia fittizia, la storia narrava le vicende di Carlo Altoviti dalla nascita nel 1775 al 1858; il protagonista ormai ottantenne, raccontava in prima persona, la propria vita trascorsa come patriota, intrecciando i propri casi personali con le vicende storiche del Risorgimento italiano. La figura femminile dominante nel romanzo era la cugina del protagonista, la contessina Pisana.

Nel 1959 Nievo trascorse lunghi periodi a Milano dove iniziò una relazione con la cugina Bice Melzi d’Eril, alla quale rimase legato fino alla morte, Nello stesso anno si arruolò volontario nei Cacciatori delle Alpi di Garibaldi e partecipò alla seconda guerra d’indipendenza. L’anno successivo, il 5 maggio, fece parte della spedizione dei Mille. Distintosi nella battaglia di Calatafimi e nella presa successiva di Palermo, raggiunse il grado di colonnello ed ottenne da Garibaldi la nomina di vice-intendente generale dell’Esercito Meridionale in Sicilia. A Palermo scrisse le Lettere garibaldine.

Ricevuto l'incarico di riportare a Napoli i documenti amministrativi delle spese sostenute dalla spedizione dei Mille, s’imbarcò sulla nave a vapore “Ercole”.

Nella notte tra il 4 e il 5 marzo 1861, durante la navigazione il piroscafo naufragò; tutte le ottanta persone a bordo persero la vita; né relitti, né cadaveri furono restituiti dal mare. Le circostanze del naufragio rimangono a tutt’oggi avvolte nel mistero.

Il 28 settembre Garibaldi scrisse da Caprera questa lettera di cordoglio alla famiglia: «Tra i miei compagni d’armi di Lombardia e dell’Italia meridionale- tra i più prodi-io lamento la perdita del Col.llo Ippolito Nievo – risparmiato tante volte dal piombo nemico- e morto naufrago nel Tirreno – dopo la gloriosa campagna del 60-Una famiglia che può contar nel suo seno – un valoroso quale il nostro Nievo- merita la gratitudine dell’Italia»

Le vicende della breve, ma intensa vita di Nievo sono state riportate e commentate in numerose pubblicazioni.

Nel 1960 per celebrare il centenario della sua morte e dell’Unità d’Italia fu proiettata dalla Rai La Pisana una miniserie televisiva, e la prima puntata preceduta da un documentario di Nelo Risi dal titolo Vita breve ed eroica di Ippolito Nievo.

Invogliato dalle celebrazioni, acquistai in quel periodo Lettere garibaldine e Le confessioni di un italiano. I volumi, edizioni Einaudi, rispettivamente del 1962 e 1965, erano racchiusi in eleganti cofanetti come usava allora, con le foto di Nievo in uniforme da garibaldino e il ritratto della Pisana in copertina.

Le splendide illustrazioni all’interno e la grafica molto chiara, erano un invito anche estetico alla lettura. Sessanta anni dopo ho ritrovato nelle Confessioni il fascino del personaggio della Pisana, una donna moderna, con le sue contraddizioni, fuori delle regole per l’epoca, sempre amata da Carlino. il protagonista maschile.

Cosi Ippolito la descrisse all’inizio del romanzo: «La Pisana era una bimba vispa, irrequieta, permalosetta, dai begli occhioni castani e dai lunghissimi capelli, che a tre anni conosceva già certe sue arti da donnetta per invaghire di sé, e avrebbe dato ragione a color che sostengono le donne non esser mai bambine, ma nascer donne belle e fatte, col germe in corpo di tutti i vezzi e di tutte le malizie possibili.»

Nell’ultima pagina la ricordò appassionatamente: «Oh tu sei ancora con me, tu sarai sempre con me, perché la tua morte ebbe affatto lea sembianza d’un sublime ridestarsi a vita più alta e serena.»

Il romanzo, di notevole lunghezza, oltre 900 pagine, è appesantito da elementi superflui che Nievo non ebbe tempo di correggere. Merita certo di trovare una maggiore attenzione in ambito scolastico, anche mettendolo in rapporto con I Promessi Sposi, l’altro grande romanzo storico dell’Ottocento. Il confronto tra le differenti visioni degli eventi umani, quella religiosa di Alessandro Manzoni e quella laica di Ippolito Nievo sarebbe molto interessante per gli studenti.

Le oltre settanta lettere garibaldine, scritte a Palermo dal giugno 1860 a febbraio 1961, indirizzate soprattutto ai familiari e alla cugina Bice, percorse dal fervore patriottico, conservano la concisa efficacia della corrispondenza al fronte.

Ecco come il 28 maggio Nievo descrisse a Bice la battaglia di Calatafimi: «Noi mille assalimmo, il Generale alla testa: senza posa, senza prudenza senza riserva fu impegnato fin l’ultimo soldato perché quella giornata decideva di tutta la spedizione. I tre bastioni naturali, erti come muraglie, furono espugnati con cinque cariche alla baionetta.»

Dalla Palermo conquistata scrisse alla madre: «Ciao, ciao, mamma mia! Baciamoci mille volte traverso al mare, facciamo cosi tra noi due l’unità d’Italia!»

Con queste dolci parole Ippolito Nievo ha confermato ancora una volta, con la sua vita e le sue opere, dal castello di Fratta ai bastioni di Calatafimi, l’esistenza del ponte ideale che unisce il nostro Paese dal nord al sud.

 

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