Eleonora de Fonseca Pimentel, ricordandoti

Napoli greca: il magnifico ipogeo dei Cristallini

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«Aristagora, figlia di Chere, sacerdotessa di Leucotea, non si deve deporre qui altra defunta, pena la maledizione. Addio figlia.»

È l’iscrizione in greco che si può ancora leggere sulla parete laterale di una tomba dell’ipogeo dei Cristallini, un antico sepolcreto ellenico databile al IV sec. a.C. situato nelle viscere del Rione Sanità di Napoli.

Le pitture parietali e le decorazioni esibiscono una straordinaria conservazione dei colori originari, e culminano nella testa di Medusa sulla parete frontale della camera principale.

I sarcofagi scavati nel tufo hanno la forma di klinai coi letti ed i cuscini ricavati dalla pietra, impreziositi dal disegno dei particolari dipinti in rosso, in giallo e nel pregiato blu egiziano.

Scoperto per caso alla fine dell’Ottocento durante gli scavi nel sottosuolo di un palazzo privato, l’ipogeo dei Cristallini, una magnifica testimonianza della Neapolis greca, si trova ad undici metri sotto il manto stradale, nascosto dalla stratificazione dei secoli, e sotto la cosiddetta “lava dei Vergini”, la corrente pluviale di fango e detriti proveniente dalla collina di Capodimonte.

In epoca romana il sepolcreto fu in parte riutilizzato, come testimoniano alcuni manufatti ed una iscrizione in latino.

Buona parte dei reperti e dei corredi funebri e dei doni votivi rinvenuti nell’ipogeo sono oggi esposti al Museo Archeologico Nazionale di Napoli.

Il progetto del restauro dell’ipogeo è cominciato nel 2020 e dal 24 giungo del 2022 il monumento è aperto al pubblico.

Le visite, al massimo otto persone per volta, possono essere prenotate sul sito ipogeo dei cristallini.

 

 

 

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