Eleonora de Fonseca Pimentel, ricordandoti

Il progetto borbonico della colonia di San Leucio

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La colonia di San Leucio fu una struttura feudale, organizzata come un monastero repressivo che, sotto la superficie di una vita ordinata e di precetti evangelici, nascondeva crudamente un impianto clericale, assolutista, rigido, repressivo, offensivo dei più elementari diritti, che definiscono l’umana dignità e libertà

Pare che lo Statuto leuciano, commissionato e appoggiato dalla regina Maria Carolina, sia stata opera del pugliese di Bitonto Antonio Planelli (1737-1803), che ebbe momenti illuministici, massonici, filantropici, ma fu sempre un suddito fedele borbonico, che non aveva quindi mai messo in discussione l’impianto secolare feudale dell’assolutismo clericale borbonico, sulla base di quello che è scritto.

Esso apparve nel 1789 con il nome di Ferdinando IV, ma in realtà il Borbone non aveva le qualità intellettuali per scrivere un testo così analitico.

Già così il testo si presenta come un falso storico.

Reca il nome del sovrano, ma non è stato scritto da lui e né per correttezza si indica chi lo abbia predisposto o aiutato.

Di Ferdinando sembrano solo le prime tre pagine autobiografiche sull’origine dell’idea dell’opificio di setaioli.

Lo statuto si configura come un tipico atto feudale, dove il padrone del Villaggio di San Leucio (uno dei 26 che componevano il feudo o Stato di Caserta ‘acquistato’ dal padre Carlo III dai conti Gaetani per ducati 489.343 con atto del 29 agosto 1750) fissa, regola ed impone il funzionamento interno.

La seconda parte ‘Leggi pel buon governo della popolazione di San Leucio’ si distende, dopo la premessa di Ferdinando IV, in cinque capitoli:

-Doveri negativi in tre articoli.

-Doveri positivi con due sottocapitoli, che sono ‘Doveri generali’ in due articoli, ‘Doveri particolari’ in ben 19 articoli.

-Degl’impieghi in un solo articolo. - Degli Artisti Esteri in un solo capitolo.

 

-Delle pene generali contra i trasgressori in un solo capitolo.

Tutto lo statuto ha uno spirito feudale padronale, che regola a suo arbitrio, come in un monastero, in una sua proprietà personale, la vita dalla nascita alla morte, dalla mattina alla sera dei suoi ‘vassalli’ artigiani setaioli e fissa pene severe per i trasgressori.

Si ha la sensazione di un monastero, dove tutti e tutte devono portare per tutta la vita lo stesso vestito, devono vivere alla luce costante della religione, devono dedicarsi a lavorare e produrre al massimo dalla mattina all’alba alla sera, al tramonto, sotto la minaccia di pene severissime economiche e corporali.

Dietro i precetti evangelici di amore e fraternità incombe una minaccia terribile assolutista e clericale pronta a scattare in ogni momento del vivere personale dei poveri artigiani e delle povere artigiane, che non avevano un minimo di autonomia e di libertà, come potevano sia pur minimamente esercitare vassalli e vassalle nelle comunità esterne feudali alla colonia di San Leucio, proprietà feudale di Ferdinando IV (es. vestirsi come volevano).

Perciò quel modello di vita non fu esportato e non si diffuse, mantenendosi la popolazione sotto i mille abitanti.

La premessa dello Statuto è tutta clericale, tipica di un monastero e di una regola monastica «Nessun uomo, nessuna famiglia, nessuna città, nessun regno puó sussistere senza il timor di Dio. Dunque la principale cosa che io impongo a voi è l’esatta osservanza della sua santissima legge...Tutte le mattine perciò al far del giorno corra ciascuno al Tempio ad adorarlo. Reciti in coro la preghiera ed ognuno in particolare gli offra in olocausto nel santo sacrificio della Messa, che ivi si celebrerà, tutti gli atti del suo cuore e della sua mente. Passi indi alla fabbrica od in casa ed attenda nel suo santo nome al suo dovere. Le sere, al tramontar del sole, si torni nuovamente in chiesa, alla visita del SS. Sacramento ed a lui (Dio) si rendano tributi di onore e di gloria per i benefici avuti, recitandosi in coro l’altra preghiera. Osservi ciascuno i precetti della Chiesa e frequenti i santissimi sacramenti; ed a questo effetto il Parroco (la figura più potente della colonia) e gli altri Sacerdoti assistano con assiduità in chiesa per comodo di tutti, specialmente nei dì festivi»

L’articolo secondo dei doveri generali precisa «Perfetta uguaglianza nel vestire. Assoluto divieto contro il lusso. Nessun di voi pertanto, sia uomo, sia donna, presuma mai pretendere a contrassegni di distinzione...A quest’oggetto per evitare la gara del lusso ed il dispendio in questo ramo quanto inutile, altrettanto dannoso, comando che il vestire sia eguale in tutti».

Viene richiamato e precisato l’assolutismo clericale del sovrano che deriva la sua legittimità da Dio. L’articolo, uno dei doveri particolari, recita: «Dopo Dio devesi ai Sovrani, come dati agli uomini da Dio, la riverenza, la fedeltà, l’ossequio. Le funzioni sublimi, che essi esercitano, gli fan dividere con la Divinità questa venerazione. La sua persona deve rispettarsi come sacra; e tutti gli ordini, che vengono da loro, debbono ciecamente eseguirsi e prontamente eseguirsi».

Questa obbedienza cieca e assoluta deve riguardare non solo il sovrano, ma anche i Ministri, che sono immagini dei sovrani.

Quindi il padrone re comanda «...dovete ad essi tutti quegli atti di rispetto e di ubbidienza», come quella che si devono al Sovrano.

Ci troviamo in pieno regime assolutista clericale con l’arbitrio e l’assoluta mancanza di veri diritti dell’uomo e del cittadino nei confronti del potere politico.

Questo clima clericale e assolutista all’estremo è blindato dalle pene economiche e corporali che sono previste e che sono durissime, anche per minime infrazioni, con rappresaglia anche contro non colpevoli.

Così recita l’ultimo articolo dello Statuto: «Tutte le leggiere mancanze che si commetteranno dagli abitanti sopradetti, verranno economicamente punite a proporzione del fallo.

Minimo accidente contro il buon costume sarà punito con espellersi immediatamente dal luogo il colpevole, o colpevoli, e privarsi immediatamente il Genitore, o i Genitori, per un anno di tutti i proventi e regalie.

A chiunque, sia uomo, sia donna, ardisce mutare in menoma parte il metodo e la moda prescritta di vestire, sarà immediatamente proibito vestir piu l’abito del luogo; per tre anni sarà considerato com’estraneo; e sarà privo, come di sopra si è detto, di tutti i proventi e regalie, che dagli altri si godono.

Qualunque altro fallo, che sia suscettibile di pena di corpo afflittiva (carcere e tortura di allora), ovvero infamante, verrà punito collo spogliarsi immediatamente, e con il massimo segreto, il colpevole degli abiti del luogo, e sarà consegnato alla giustizia ordinaria.»

Forse per quell’epoca San Leucio, con tutti i suoi limiti, rappresentò un momento “illuminato”, ma certo che inquieta oggi, nel 2022, vi siano esseri cosiddetti ‘umani’, che ammirano ed esaltano un tale tipo di società ed il suo padrone feudale, che l’ha così regolata, dove erano assenti i più elementari diritti che definiscono la umana dignità e libertà.

A questo sovrano assolutista e clericale, feudale, minaccioso e prepotente, poi assassino universalmente giudicato e noto con la sua sanguinaria consorte complice dei Martiri del 1799, con una delle falsificazioni più memorabili si assegnano meriti inesistenti fino ad innalzargli una statua in luogo pubblico con cerimonia pubblica il 29 Maggio 2022.

Le citazioni dello Statuto di S. Laucio sono state riprese dalla fonte che si  può consultare on line.

 

 

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