La notte degli Oscar e lo schiaffo
In giorni tristi di guerra e pandemia mi è parso perlomeno eccessivo lo spazio dedicato dai mezzi di comunicazione a quanto accaduto nella cosiddetta “notte degli Oscar”, allorquando l’attore Will Smith è piombato sul palco del Dolby Theatre di Los Angeles per rifilare un ceffone in pieno volto al comico Chris Rock, reo di aver pronunciato una battuta sul taglio di capelli della moglie Jada Pinkett-Smith, da anni affetta da alopecia. Ciò che mi ha colpito è stato che, quasi unanimemente, i commenti sono stati rivolti, con diverse sfumature, al gesto – certamente sbagliato – compiuto dall’attore americano. Ma che comicità è quella che irride a un problema di salute? Che ironia è scherzare su di una patologia certamente foriera di imbarazzo e di disagio? Non è comicità: è bullismo da quattro soldi. Sono battutacce da osteria malfamata, da cialtrone privo di ogni senso di rispetto per il dolore. Né mi si venga a dire, come qualche osservatore ha fatto, che negli Stati Uniti una simile forma di comicità è da tempo “sdoganata”. Nella patria della violenza e dell’individualismo più becero sarà anche vero, ma non è la deriva morale a giustificare l’inescusabile.
Ha sbagliato Will Smith a tirare un ceffone al comico. Avrebbe dovuto semplicemente alzarsi in piedi e scandire la pura verità: che Chris Rock fa schifo, come comico e, soprattutto, come uomo. |
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