Ricordo di Enrico Berti
Allievo di Marino Gentile, si laureò in Filosofia a Padova nel 1957 e percorse poi in modo rapido le varie tappe del suo percorso accademico. Divenne presto professore ordinario presso l’Università di Perugia (1965), per poi tornare nell’ateneo d’origine, quello padovano, dove trascorse il resto della carriera. Fu inoltre docente visitatore in numerose università straniere, tra cui Ginevra, Bruxelles, Santa Fe (Argentina), e alla Facoltà di Teologia di Lugano. Tra i suoi molti titoli va annoverato anche quello di socio dell’Accademia Nazionale dei Lincei. Il suo autore di riferimento fu senza dubbio Aristotele, del cui pensiero è ritenuto uno dei maggiori esperti a livello sia italiano che internazionale. Lo considerava infatti un filosofo “contemporaneo”, ritrovandone le tracce nella metafisica, nell’etica e nella filosofia politica dei nostri giorni. Berti fu sempre molto attento agli sviluppi della metafisica, inclusa quella contemporanea. Di questa fondamentale disciplina aveva una concezione tutto sommato “umile”. A suo avviso andava intesa come riflessione sulla problematicità e sull’insufficienza del mondo dell’esperienza empirica, che non può mai essere assolutizzata. Chi scrive lo ha incontrato nel corso di numerosi congressi filosofici, dove brillava sempre per il suo modo garbato di argomentare, senza peraltro schivare le polemiche quando gli sembravano utili. Lo stile garbato si accompagnava anche ad un abbigliamento di stile anglosassone, che lo faceva sembrare di primo acchito un docente di Oxford o di Cambridge. Nella seconda parte della sua carriera Berti manifestò un interesse crescente per il tema dei rapporti tra filosofia e scienza, il che mi consentì di intrattenere rapporti più frequenti con lui. Considerava importanti, in particolare, le critiche del neopositivismo logico alla metafisica, pur senza condividerle in toto. Rammento in particolare una discussione con lui sull’argomento dei rapporti tra “dicibile” e “indicibile” in Wittgenstein. Interesse non certo scontato per uno storico della filosofia antica com’egli era, ma che testimonia la sua grande apertura mentale e la capacità di porsi in sintonia con il dibattito filosofico odierno. Autore prolifico e brillante, Enrico Berti ha scritto volumi destinati a diventare dei classici. Mi limito a citare Le ragioni di Aristotele (Laterza 1989), Aristotele nel Novecento (Laterza 1992), Il pensiero politico di Aristotele (Laterza 1997), Aristotelismo (Il Mulino 2017). Tutti molto noti a docenti e studenti del pensiero antico.
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Il 5 gennaio è mancato, all’età di 86 anni, Enrico Berti, storico insigne del pensiero antico e personalità di spicco della filosofia italiana e internazionale. Docente emerito dell’Università di Padova, è stato per molti anni presidente della Società Filosofica Italiana, presidente onorario dell’Istituto internazionale di Filosofia, nonché Grande Ufficiale dell’Ordine al merito della Repubblica Italiana.