Eleonora de Fonseca Pimentel, ricordandoti

Tina Lagostena Bassi e la lotta allo stupro

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Tina Bassi, all'anagrafe Augusta Bassi, coniugata Lagostena, nacque a Milano il 2 giugno 1926, da una famiglia dell’alta borghesia antifascista; il padre, dirigente dell’Edison, perse il lavoro nel 1938 a causa delle leggi razziali, e nel 1943 fu costretto a rifugiarsi in Svizzera con i figli.

Nel dopoguerra Tina si laureò in legge all’università di Genova, dove iniziò la carriera come assistente alla cattedra di diritto penale.

Nella biografia pubblicata nel 2008, Una vita speciale, scritta con Germana Monteverdi, è riportato un episodio risalente all’inizio della sua vita professionale, indicativo della determinazione con la quale si batté per tutta la vita in difesa dei diritti delle donne.

Chiamata a difendere in un tribunale militare un soldato di leva colpevole di un temporaneo allontanamento dal servizio, di fronte al Generale, presidente del collegio giudicante, che si comportava come se lei non esistesse, reagì con una stizza:

«Lei non mi considera un avvocato perché sono una donna! Se è così si vergogni perché un Generale all’ingresso di una signora si alza in piedi e saluta facendo il baciamano!».

 

Al che gli tese la mano sotto al naso perché la baciasse, ma lui rimase immobile ed in silenzio. «Lei è un gran maleducato» sbottò furibonda, gli voltò le spalle, raccolse le sue carte ed uscii dall’aula. Alcuni presenti la rincorsero, le offrirono un caffe e le loro scuse.

Col marito Vitaliano, avvocato, fondò a Genova nel 1950 uno studio legale trasferito poi a Roma nel 1973. Nei due anni successivi lavorò all'ufficio riforme del Ministero di Grazia e Giustizia.

Era indignata da come nei processi per violenza sessuale, piuttosto che accusare, l’aggressore vi fosse la tendenza a colpevolizzare le vittime e pertanto divenne una delle prime e più agguerrite avvocatesse in difesa delle donne.

Restano celebri le sue arringhe in cui, con termini asciutti, descriveva la violenza subita dalle sue assistite, rompendo così un muro di silenzio che esisteva sia nella società che nelle aule dei tribunali. 

Nel 1976 rappresentò Donatella Colasanti, una delle vittime del massacro del Circeo costituitasi parte civile contro i suoi carnefici.

La Colasanti e Rosaria Lopez furono sequestrate, stuprate e torturate per un giorno e una notte da tre studenti neofascisti della Roma bene. Donatella, che sopravvisse alla barbarie fingendosi morta, affrontò un processo durissimo in cui la difesa cercò di mettere in discussione il loro ruolo di vittime. La condanna dei tre aguzzini all’ergastolo fu una sentenza storica.

In un convegno internazionale femminista sulla violenza contro le donne, tenutosi a Roma nel 1978 nacque l’idea di realizzare il film Processo per stupro.

Portato a termine l’anno successivo da sei giovani programmiste e proiettato dalla RAI, il film ebbe una vastissima eco nell’opinione pubblica e fu seguito da nove milioni di telespettatori.

Con il titolo inglese A Trial for Rape fu presentato al Festival di Berlino, insignito del Prix Italia for documentaries e ottenne una nomination all’International Emmy Award.

Il processo era stato registrato al tribunale di Latina. La vittima, una giovane di 18 anni, Fiorella, aveva denunciato per violenza carnale di gruppo quattro uomini.

Lavoratrice al nero, Fiorella era stata invitata da uno degli stupratori tra l’altro un suo conoscente, in una villa per discutere una proposta di lavoro stabile. Il dibattimento fu reso difficile dal fatto che la vittima conosceva l'imputato principale e non presentava segni di percosse o maltrattamenti.

Tina Lagostena Bassi, nominata difensore di parte civile, in una intervista del 2007 ricordava ancora come la trasmissione in tv fosse risultata scioccante per le accuse mosse dagli avvocati difensori, tanto violenti quanto gli stupratori, nell’inquisire sui dettagli della violenza e sulla vita privata della parte lesa, trasformando la vittima in imputata.

L’atteggiamento mentale che emergeva in aula era che una donna “di buoni costumi” non poteva essere violentata, e quindi se c'era stata una violenza, questa doveva evidentemente essere stata provocata da un atteggiamento sconveniente da parte di lei.

Dunque, se non c'era una prova di avvenuto abuso fisico o di ribellione, la vittima doveva essere stata consenziente.

L’esistenza del consenso è ancora oggi l’argomento principale dei difensori dei violentatori.

Nel codice Rocco di epoca fascista, ancora vigente negli anni 80, lo stupro era previsto nell'ambito della categoria dei “Delitti contro la moralità e il buon costume” con pene irrisorie.

Per portare avanti la sua battaglia finalizzata a modificare la legge, nel 1979 Tina Lagostena si candidò nelle liste del partito socialista, ma non risultò eletta per brogli elettorali. Nel 1994 aderì a Forza Italia e dopo una campagna elettorale “assolutamente ed esclusivamente volta ad ottenere una nuova legge contro la violenza sessuale” venne eletta deputata e ricoprì il ruolo di Presidente della Commissione Nazionale parità e pari opportunità uomo-donna presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri.

In seguito fu nominata coautrice della legge contro lo stupro n.66 del 14 febbraio 1996 che fu finalmente approvata dopo quasi venti anni di preparazione e sei legislature.

Nelle “Norme contro la violenza sessuale", è stato affermato il principio secondo il quale lo stupro è un delitto contro la libertà personale sessuale.

Si procede a querela della persona offesa e la pena prevede una reclusione da 6 a 12 anni.

Nella sua biografia Tina Lagostena ha scritto che «lo stupro è per gravità secondo soltanto all’omicidio. Mentre le percosse e le violenze colpiscono l’involucro di una persona, la violenza sessuale invece colpisce e distrugge l’essenza della donna” .

Ha inoltre ricordato iter percorso nella preparazione della legge con l’adesione ed il lavoro comune delle donne appartenenti all’intero schieramento parlamentare.

I rispettivi capogruppo erano contrari a che deputate dell’opposizione e della maggioranza lavorassero insieme, per cui si riunivano alla sera al termine dei lavori parlamentari sentendosi come delle “carbonare”.

La parola “stupro” ha etimologia incerta, proviene dal latino stuprum, e indica un atto di congiungimento carnale imposto con la violenza e corrisponde al termine giuridico di violenza carnale.

È un atto criminale che insieme alla tortura e ad altre nefandezze ha accompagnato la storia dell’umanità.

Dalla tracotanza di Aiace, l’eroe greco che durante la presa di Troia violentò la vergine Cassandra nel tempio di Atena, suscitando l’ira dei suoi compagni, che  non si preoccuparono della vittima, ma temerono l’ira della dea, fino ai nostri giorni, è un filo rosso da sempre associato in guerra ai saccheggi e alle uccisioni di massa, ma che turba anche i periodi di pace.

Se si ha un sufficiente equilibrio psichico, e si è capaci di sopportare la vergogna di appartenere alla razza umana, si può leggere su wikipedia le descrizioni di un testimone de Lo stupro di Nanchino perpetrato dai soldati giapponesi nella guerra cino-giapponese del 1937.

Innumerevoli i successivi come quelli delle truppe marocchine in Italia nel 1943, dei soldati sovietici sulle donne tedesche nel 1945, gli stupri etnici durante la guerra in Bosnia ed Erzegovina tra il 1992 ed il 1995, con oltre 40mila i bambini nati dalla violenza, l’elenco potrebbe proseguire.

Le donne sono spesso uccise dopo lo stupro, ma l’atto è considerato un effetto collaterale della guerra e i responsabili rimangono di solito impuniti. Le conseguenze dello stupro sono sempre devastanti.

Tito Livio riporta il caso di Lucrezia, virtuosa matrona romana, suicida per l’onta subita; in epoca moderna l’angoscia si evidenzia nei racconti e nelle interviste in TV.

Tina Lagostena Bassi ha continuato per tutta la vita il suo impegno in difesa delle donne: è stata una delle socie fondatrici del Telefono Rosa, rappresentante italiana al Convegno Mondiale per la Pace a Praga nel 1983; nel 1994 e nel 1995 componente del gruppo sulle pari opportunità della Comunità Europea. Nel 1995 ha diretto la delegazione per l’Italia nei lavori preparatori della IV Conferenza Mondiale ONU sui diritti della donna a Pechino; nel 1996 ha fatto parte del direttivo dell’Unione Forense per la Tutela dei diritti Umani.

È stata inoltre sceneggiatrice della Miniserie TV per la RAI L’avvocato delle donne del 1997, tratta da un suo omonimo libro, dove lei era interpretata da Mariangela Melato. Al termine della sua biografia, ricordando il sogno di Martin Luther King affermato: «Io ho sognato in grande, libertà e giustizia per tutti.E ho avuto una vita bellissima.»

E’ morta a Roma il 4 marzo 2008.

 

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