Eleonora de Fonseca Pimentel, ricordandoti

Borbone e Savoia di passaggio a Manduria

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Preceduto da vari preparativi diplomatici e dalla promessa solenne, il 4 gennaio 1859 fu dato l’annuncio delle imminenti nozze del duca di Calabria che, di là a poco, sarebbe asceso al trono delle Due Sicilie con il nome Francesco II, con la duchessa di Baviera e futura regina Maria Sofia di Wittelsbach (sorella della più nota Elisabetta o “Sissi”, moglie dell’imperatore d’Austria Francesco Giuseppe).

Come spesso si usava a quel tempo la cerimonia nuziale non si svolse in presenza degli sposi, ma per procura a Monaco di Baviera, dove lo zio della sposa, Leopoldo, rappresentò dinanzi all’altare il principe ereditario delle Due Sicilie Francesco, dopodiché la sposa ed il suo seguito si diressero a Trieste (all’epoca porto austroungarico) per imbarcarsi alla volta delle Puglie, dove Maria Sofia si sarebbe unita al marito.

Nello stesso giorno (l’8 gennaio) in cui fu celebrato il matrimonio, per andare incontro alla sposa, il cui sbarco era atteso nel porto di Bari, si mosse dalla reggia di Caserta un imponente corteo reale composto di sei carrozze e relativa guardia d’onore.

Sulla prima vettura, insieme al principe ereditario, avevano preso posto la regina Maria Teresa (matrigna dello sposo) e il re Ferdinando II (meglio conosciuto come il “re bomba” per le repressioni in Sicilia del 1848), il quale, al rientro dal viaggio, concluse anche il suo percorso di vita.

In effetti, come riferiscono le cronache dell’epoca, il re era affetto da forte raffreddamento e, considerata l’inclemenza di quell’inverno 1859, i suoi consiglieri gli avevano suggerito di rinviare l’incontro nuziale alla bella stagione. Ma Ferdinando fu irremovibile e così il “treno” di carrozze si avviò da Caserta ad Avellino e proseguì, poi, per Ariano Irpino attraversando strade innevate, in un paesaggio completamente imbiancato, quasi polare.

Giunto a Foggia, dopo varie soste, proseguì per Taranto e dopo una giornata di visita alla città, ripartì nella notte tra il 13 ed il 14 gennaio per Lecce, percorrendo la nuova Strada Ferdinandea (l’attuale statale 7-ter Salentina) che, ora come allora, attraversa Manduria.1

Di questo passaggio notturno del corteo reale deciso, a quanto pare, all’ultimo momento (secondo alcuni a causa del peggioramento dello stato di salute del sovrano, secondo altri per risentimento verso la città messapica che aveva partecipato, attivamente, ai moti rivoluzionari del decennio precedente), si riporta un inedito e dettagliato resoconto di un cronista al seguito della famiglia reale. 2

«Il viaggio da Taranto a Lecce fu tutto compiuto nella notte; ma quella notte fu emula de’ più brillanti giorni pe’ paesi che giacciono su quella linea, non meno che di quelle che giacciono ai due lati della stessa, che tutte erano accorse le popolazioni sul regio cammino ergendo sullo stesso archi di trionfo e luminarie; e tutt’i corpi municipali e le guardie urbane tra’i più clamorosi evviva tributarono gli omaggi alle Loro Maestà che non omisero di ostentar loro il Sovrano compiacimento.

Tra le popolazioni che s’incontrarono sulla strada noteremo le principali, cioè quelle di Montejasi, di S. Giorgio, di Carosino, di Monteparano, di Faggiano, di Lizzano, di Sava, di Fragagnano, di S. Marzano, di Torricella, di Uggiano Montefusco, di Oria, di Erchie, di S. Pangrazio, di Salice, di Campi, di Squinzano, di Novoli, ecc.; ed alle 5 del mattino del 14 le Maestà Loro giungevano felicemente in Lecce».

Tra i «paesi che giacciono su quella linea», quindi attraversati e non soltanto lambiti dal corteo di carrozze, vi era appunto Manduria, nella quale vari addobbi ed archi trionfali erano stati allestiti lungo il percorso interno che va da Porta Napoli (o S.Angelo) all’uscita per Lecce.

Di questi archi il cronista riportava alcune iscrizioni di benvenuto che, al passaggio, si leggevano:

 

I. Gloria ed onori a Ferdinando II. Il Clero Manduriano.

II. A Ferdinando II. Borbone Principe Glorioso delle Due Sicilie e Padre Amoroso de’ Popoli Suoi. Il Clero Manduriese Omaggio riverente tributa di Dipendenza e di filiale Amore.

III. A Ferdinando II. Borbone. I Manduriani Devotissimi.

IV. Ferdinando II Borbonio. Utriusque Siciliae Regi pientissimo mandurium peragrante ordines omnes populusque obesequentissimi a Deo optimo maximo fausta omnia adprecantur

V.Salve Rex quam diutissime teque tamque regiam sobolem deus

dominorum dominus florentem semper populus tuis turatur et servet.

 

Sempre a proposito del viaggio, occorre aggiungere che lo storico locale Leonardo Tarentini, nei primi del 1900 confermò la notizia del passaggio del corteo reale, ma non ne indicò il motivo (ossia le nozze del principe ereditario) e scrisse che: «Questo sovrano (Ferdinando II, n.d.a.) si accinse nell’epoca or citata (1859) a visitare la provincia di Lecce. Manduria fece grandi preparativi di ricevimento: archi trionfali, tenda reale, apparati, ecc. ma il re non vi si fermò per nulla, passando, e la muta dei cavalli della carrozza reale ebbe luogo verso la masseria Barci.”. 3

Mentre, alcuni anni prima (nel 1895), Raffaele De Cesare nel riportare la stessa notizia, aveva aderito alla versione del rancore del sovrano verso la città, riferendo: «Da Taranto a Lecce viaggio interamente di notte. […] L’ampia strada consolare era densa di popolo, e qua e là sorgevano archi con lumi ed epigrafi che non si leggevano. Gli abitanti di San Giorgio, Carosino, Fragagnano, Monteparano, Sava, Manduria, Oria, erano accorsi con i corpi municipali, le guardie d’onore e le urbane, sfidando il freddo.  Ma il re passò senza guardarli neppure.

Traversò Manduria a trotto serrato, ch’era scorsa la mezzanotte. Manduria patria di Niccola Schiavoni e di altri condannati e profughi politici, era città antipatica al re. La vecchia madre dello Schiavoni aveva preparata una domanda di grazia da consegnargli, ma non le fu possibile. Si arrivò a Lecce alle cinque, a notte fitta.» 4-5

Come si è anticipato, il viaggio nelle Puglie era destinato a segnare l’epilogo nella vita del re e della dinastia borbonica: Ferdinando, già infermo alla partenza, durante il tragitto si aggravò sempre più e, dopo un passaggio per Brindisi, risalendo la costa adriatica giunse a Bari, dove Maria Sofia sbarcò il 3 febbraio e vi fu l’incontro e la riunione degli sposi.

Qui, nel capoluogo pugliese, a causa della malattia (un’affezione «catarrale-reumatica» si disse) restò bloccato nel palazzo dell’Intendenza (l’attuale Prefettura), proprio in quell’edificio realizzato da Gioacchino Murat, nel quale, per ironia della sorte, il monarca borbonico fu destinato a trascorrere allettato il suo ultimo periodo di vita, prima di essere trasferito il 9 marzo nella reggia di Caserta dove morì il 22 maggio 1859.

Salito al trono Francesco II, circa un anno dopo, nella notte tra il 5 e il 6 maggio 1860, partirono da Quarto i volontari di Garibaldi, dando inizio alla spedizione militare che segnò la fine della monarchia napoletana.

Quanto a Manduria, invece, maggior fortuna ebbero i preparativi che, sopraggiunta l’unità d’Italia, furono fatti nel 1864 per ricevere i principi reali Umberto ed Amedeo di Savoia: questa volta, come ha riferito Tarentini, «Bandiere, iscrizioni (forse più sincere e sentite), apparati, guardie nazionali, autorità municipali ricevettero le Loro Altezze sotto una tenda regia piantata nella piazza Garibaldi. I principi gustato un rinfresco e ringraziato il popolo delle civili accoglienze presero la via di Lecce.».  6

 

                                             

Note:

1. Sull’importanza di Manduria nel tracciato viario della Regia Strada delle Puglie in età borbonica e sul nuovo tratto da Bari per Taranto a Lecce (via Manduria), v. il mio articolo “La Regia Strada delle Puglie che passava da Manduria” su Manduria Oggi edizione online del 10 maggio 2017.

2. M. Musci, Cronaca storica ufficiale del viaggio nelle Puglie di S.M. il re Ferdinando II e del matrimonio di S.A.R. il duca di Calabria, principe ereditario del regno, con S.A.R. la duchessa di Baviera Maria Sofia Amalia · Napoli, presso Andrea Cancelliere – 1859, pp. 84-86.

 Del viaggio in Puglia di Ferdinando II cfr. G. Campolieti, Il Re Bomba - Ferdinando II, il Borbone di Napoli che per primo lotto contro l’unità d’Italia, Milano, Mondadori, 2003.

3. L. Tarentini, Cenni storici di Manduria antica, Casalnuovo e Manduria restituita, Tip. Spagnolo, Taranto, 1901, pp.216, 218

4. R. De Cesare, La fine di un Regno, prima edizione - 1895; la trascrizione è tratta dalla terza edizione, ed. Lapi, Città di Castello, 1908, p.448.

5. Sul ruolo attivo assunto da Manduria in età risorgimentale, Tarentini nella sua opera (cit. a p.210) scrive: «Accordata la costituzione da Ferdinando II, il collegio elettorale di Manduria elesse a deputato l’Arciprete (Marco) Gatti che fu rieletto ancora appena si sciolse il parlamento. Ritirate dal sovrano le acordate riforme, dopo la venuta e i violenti discorsi di Romeo e Landriscena,  il disarmo della sede di fanteria e cavalleria, le prediche preparatorie di Nicola Schiavoni e del canonico Filotico, la costituzione del comitato per la tutela dei cittadini, le dimostrazioni popolari, i convegni, le cene e la venuta della colonna mobile del generale Colonna, Manduria – e conclude, citando R. De Cesare - «fu la città che dette il maggior contingente in tutta la Puglia di cospiratori politici»; sull’argomento inoltre cfr. M. Greco, Manduria nel Risorgimento (1793 - 1860) con documenti in gran parte inediti. La Tipografica Manduriana, 1961.

6. Tarentini, cit., pag.  218

7.  Nell’immagine: Antonio Joli, Il corteo reale a Piedigrotta visto da Ponente e da Levante, olio su tela, 1760 circa.

 

 

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