Eleonora de Fonseca Pimentel, ricordandoti

Le Alpi e la guerra, percorsi di memoria

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Gli amanti della montagna, che conoscono le malinconiche canzoni degli alpini, sanno bene che la Grande Guerra sulle Alpi, nei 400 chilometri che separano il Passo dello Stelvio da Caporetto, è stata “un conflitto speciale, crudele e romantico al tempo stesso”.

Una guerra combattuta su un territorio affascinante e impervio, unico al mondo, che spesso ha visto affrontarsi, seppure con divise militari diverse, uomini molto legati ai loro monti. È quanto ha raccontato Stefano Ardito, una delle firme più note del giornalismo di montagna e di viaggi italiano, in “Alpi di Guerra Alpi di pace. Luoghi, volti e storie della Grande Guerra sulle Alpi”.

Se nelle zone di pianura la prima guerra mondiale ha lasciato ben poche tracce, invece le Alpi centrali e orientali, dal Passo dello Stelvio alle Alpi Giulie, dove sono state combattute battaglie ad alta quota, tra pareti di roccia e ghiacciai, sono oggi un museo all’aperto di quel conflitto, percorso ogni anno da decine di migliaia di turisti, escursionisti e alpinisti.

Infatti sulle Dolomiti, sull’Adamello, sul Pasubio, sullo Jôf di Montasio e su decine di altri massicci, è possibile visitare i sentieri di arroccamento, le vie attrezzate, le fortezze, i bunker, le teleferiche e le caverne artificiali costruite in quegli anni dai militari italiani e austro-ungarici.

Nel suo lavoro Stefano Ardito ci conduce in una sorta di tour su quelle vette, raccontando - senza la “retorica della Vittoria” di stampo risorgimentale - diciassette episodi esemplari della Grande Guerra sullo sfondo delle Alpi, dalle prime battaglie sul Monte Piana nel maggio del 1915 fino al crollo del fronte sulle Alpi e sul Piave alla fine di ottobre del 1918, compresa la leggendaria costruzione della Strada delle 52 gallerie da parte dei genieri italiani sul Pasubio e quella della Citt nel ghiaccio scavata dagli austro-ungarici sulla Marmolada.

 

Sui monti si combatté un conflitto all’antica, cavalleresco, dove il coraggio personale aveva ancora un valore. Il mito degli alpini italiani e dei Kaiserjäger austriaci nacque in quegli anni.

Ma anche in quei paesaggi da fiaba, tra aquile e camosci, si manifestava l’orrore della guerra, come le nuove armi di distruzioni di massa, i gas asfissianti e la crudeltà dei comandanti, che mandavano all’assalto i loro uomini contro reticolati e mitragliatrici, pur sapendo che l’attacco si sarebbe risolto in un massacro.

Con apprezzabili capacità narrative, Ardito ha ripercorso storie conosciute e altre meno note, come la cattura e la morte di Cesare Battisti, la guerra lampo del giovane tenente Erwin Rommel sulla cima del Matajur o le vicende delle due guide Sepp Innerkofler e Julius Kugy e del capitano Giovanni Sala e del sottotenente romano Enrico Jannetta, mago dell’arrampicata, accompagnando alla descrizione delle vicende quella dei luoghi della loro memoria, che ancora oggi è possibile visitare, alcuni comodamente in auto o in funivia, altri con qualche ora di cammino in montagna o arrampicandosi sui ghiacciai. «Solo così – conclude Ardito -, apprezzando l’ambiente ostile dove i nostri nonni o bisnonni hanno dovuto vivere e uccidere (e non di rado essere uccisi) si capiscono la sofferenza e il dolore della guerra».

 

Mario Avagliano

 

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