Il ruolo dell'Italia nella Grande Guerra

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28 giugno 1914, una data che difficilmente il mondo dimenticherà.

Sarajevo, ore 10 e 30 circa, alcuni colpi di pistola segnavano per sempre la storia dell'umanità. Gli eredi al trono imperiale dell'Austria -  Ungheria rimasero vittime di un attentato, progettato da Gavrilo Princip membro del movimento nazionalistico della Giovane Bosnia.

Il tutto diede inizio ad una sanguinosa reazione a catena, che vide coinvolto il mondo intero per la prima volta. Tutti credevano in un rapido risolversi dello scenario, ma così non fu. Non tardarono ad arrivare le reazioni delle altre potenze mondiali, tra queste però mancava ancora l'Italia, fortemente indecisa sulla posizione da prendere.

Era una scelta complessa, ma con obiettivo comune, il completamento dell'unità nazionale, con l'annessione di Trieste, Trento, Istria e Dalmazia.

In tutte le piazze e città italiane iniziarono a scatenarsi forti manifestazioni, alcune sulla posizione da far prendere al paese nel conflitto, altre per la salvaguardia della pace della nazione. Si aprirono intensi negoziati con entrambe le parti in guerra, dapprima con le potenze degli imperi centrali, poi con quelle dell'intesa.

Le potenze imperiali rifiutarono l'aiuto dell'Italia, poiché in cambio venivano richiesti i suoi territori non ancora annessi. Ormai era chiaro che l'Italia sarebbe passata dalla parte delle potenze dell'intesa, tradendo l'antica triplice alleanza con gli imperi centrali.

 

Il 24 maggio 1915, l'Italia entrò ufficialmente in guerra contro gli imperi austroungarico e tedesco. Le truppe italiane costituite da semplici ragazzi e uomini pieni di coraggio e speranza, affluivano da ogni parte del paese per andar a conquistare e difendere i sacri confini della patria.

Inizialmente non si ebbero grandi successi, anzi, a Caporetto nell'ottobre del 1917 l'Italia subì quella che fu una delle più grandi disfatte militari mai registrate: molti furono i soldati italiani che tentarono invano di difendere le proprie postazioni ormai perse.

Il fronte arretrò sul fiume Piave, facendo perdere grandi speranze. Il generale Cadorna, l'allora capo di Stato Maggiore del Regio Esercito, ritenuto il principale responsabile della disfatta militare, venne accusato di usare metodi assolutistici nei confronti dei soldati italiani, cosa che effettivamente fece. Pertanto fu immediatamente destituito dall'incarico, e il comando fu affidato al generale napoletano Armando Diaz.

Da questo momento in poi le sorti del conflitto cambiarono in maniera decisiva, il Regio Esercito e i suoi armamenti furono riorganizzati e l'Italia riuscì finalmente ad ottenere le tante agognate vittorie, che portarono Diaz e le truppe al di là del fronte, sui cui poco tempo prima si erano ritirate e assestate.

Il 24 ottobre 1918, quasi ad un anno dalla disfatta,  le truppe italiane intrapresero l'ultima vincente battaglia rimasta storicamente famosa: quella di Vittorio Veneto.

Dopo solo 10 giorni di combattimento, le truppe italiane completavano l'unità nazionale, entrando festose a Trieste, Trento e Vittorio Veneto.

In serata, nella Villa Giusti di Padova, fu stipulato l'armistizio con le forze nemiche. Nei giorni successivi anche le altre potenze centrali ormai militarmente sconfitte, stipularono trattati di pace.

Il 7 novembre 1918, la Grande Guerra era finalmente conclusa, vedendo vincitrici le potenze dell'intesa, tra queste anche l'Italia che finalmente portava a compimento la sua tanto desiderata unità nazionale.

Immenso fu il sacrificio dei soldati chiamati a combattere negli eserciti mondiali, sia a livello fisico che psicologico, basta ricordare il cosiddetto Shell Shock, che segnò nello spirito buona parte di tutti quegli uomini che tanto fecero per la loro patria.

 

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