Giovanni Berlinguer, impegno ed ironia di un laureato in medicina

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La pandemia del 2020, con il suo tragico bilancio di decessi, ha messo in evidenza l’importanza del servizio sanitario pubblico nel nostro Paese, che pure con alcune deficienze, ha mostrato di essere, per merito degli operatori sanitari, un valido baluardo contro la malattia.

È quindi il momento opportuno per ricordare Giovanni Berlinguer (Sassari 1924-Roma 2015) che negli anni “60 - 70 del secolo scorso fu tra i protagonisti che raccolsero le richieste che provenivano dalla società e che portarono alla costituzione del Servizio Sanitario Nazionale votato dal Parlamento del dicembre 1978.Veniva cosi sancita l’universalità delle cure per tutti i cittadini.

 Fratello del più famoso Enrico, diceva di sé: «laureato in medicina ma non medico» non avendo mai esercitato la professione.

Tuttavia, nonostante non si ritenesse un clinico, difendeva la professione medica. All’amico Aldo Natoli, anche lui laureato in medicina, il quale sosteneva che mai avrebbe potuto riprendere l’attività dopo essere stato arrestato durante la lotta partigiana perché la professione era priva «di quelle possibilità liberatrici dell’uomo che solo la politica può offrire», così rispondeva:«anche dal singolo caso morboso, e a maggior ragione dallo studio della patologia sociale, si può risalire all’universale, e trovarvi nuove ragioni di impegno rivoluzionario» 

Venuto a Roma dalla Sardegna subito dopo la fine della seconda guerra mondiale, nell’isola, «come quasi tutti i sardi» aveva sofferto la malaria.

Iscritto alla facoltà di Medicina, preparò a tesi di laurea tra il 1950 e il 1952 su una scrivania nella sede della Camera del lavoro, dedicandola alle precarie condizioni sanitarie della capitale e, in particolare, sulla diversa mortalità in rapporto con le condizioni sociali di quartieri e rioni.

La sua carriera politica iniziò presto: a 25 anni era presidente dell’Unione internazionale degli studenti, successivamente compì tre legislature alla Camera dei deputati, due da senatore, l’ultima da europarlamentare, fino al maggio 2009.

 

Nel 2001, a 77 anni, è stato candidato alla segreteria dei Ds. Ma l’impegno sia politico che professionale è stato bene evidente dalle sue dichiarazioni:

«Mio nonno Enrico era un esponente politico in Sardegna. Poi c’è stato mio padre. E mio fratello. E i miei cugini, Luigi e Sergio. Tutte persone impegnate in politica. Che cosa avrei dovuto fare? Stare tappato in casa? Ma ho sempre pensato di avere anche un nome e mi sono comportato tenendolo bene a mente. Ho fatto le mie scelte pur subendo molte influenze, a cominciare da quella positiva di Enrico. Ho avuto il mio percorso, ho deciso di occuparmi di quelli che nella filosofia marxista si chiamano problemi sovrastrutturali perché per Marx la struttura è tutta nell’economia. Scienza, scuola, ambiente, tecnologie sono i miei campi».

L’attività di Giovanni Berlinguer è stata molto intensa nel campo sanitario anche negli anni successivi la costituzione del servizio sanitario nazionale.

Professore onorario ed emerito di più di un’università (Santo Domingo, Montréal, Brasilia, Roma), ha ricoperto incarichi di Responsabile del primo Piano Sanitario (1992-1995); è stato presidente del Comitato nazionale di bioetica (1999); membro del Consiglio sanitario nazionale (1994-1996),  dell’International Bioethics Committee dell’Unesco (2001-2007) e della Commission on the Social Determinants of Health dell’Organizzazione Mondiale della Sanità(2005-2008).

Era dotato di un’ironia fuori del comune, mitigata da un sorriso dolcissimo. Esordì come scrittore nel 1964 con Aphaniptera d’Italia, uno “studio monografico” sulle pulci, e come specialista in parassitologia scrisse poi una breve autobiografia professionale (Le mie pulci, Editori riuniti, 1988). Motivava cosi il suo interesse anche per l’infinitamente piccolo: «Ho avuto gatti, e a volte ho trovato qualche pulce nei calzoni.  Ho almeno la soddisfazione, avendole studiate in gioventù, di chiamarle con nome e cognome».

Il salto dalla zanzara alla malaria urbana, dalla pulce all’epidemia, dal batterio alla storia o dalla culla all’infanzia era in Giovanni Berlinguer una dote rara e preziosa, secondo Michele Serra, propria «di chi fonda sulla ragione, sulla conoscenza diretta, sulla pacata comprensione del mondo, il complicato edificio delle idee, dei sentimenti e delle passioni. È una sorta di igiene mentale, di medicina preventiva dello spirito». 

Sull’età avanzata, colpita così’ duramente dalla recente pandemia del coronavirus, scriveva nel 1988: «gli anziani hanno bisogno soprattutto di restare operosi, e anche di solidarietà familiare, di salute, di ottimismo. Confesso che la mia principale aspirazione, come studioso di medicina sociale, è di scrivere nel lontano futuro una nuova edizione del libro La vecchiaia: tarda, lenta, sana, serena: igiene individuale e previdenza sociale, (1957 Istituto di medicina sociale), opera di tre autori(Pieraccini G, Mori A, Amaldi A,), nonagenari quando scrissero il libro; e questo spiega la mia aspirazione, che potrebbe realizzarsi nell’anno 2014».

Il libro non è stato scritto, ma la sua vita operosa ha superato quella data.

 

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