Eleonora de Fonseca Pimentel, ricordandoti

La fantasia che ci salverà

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L’Italia  è un Paese meraviglioso governato sempre, o quasi, da uomini piccoli piccoli. "La frammentazione del patrimonio dello Stato, fra immobili delle amministrazioni centrali, quota del demanio storico-artistico e una pluralità di amministrazioni che gestiscono svariati beni, è tale che il risultato è uno solo: lo Stato, ad oggi, non sa esattamente di che cosa è proprietario”(AGENZIA DEL DEMANIO).

Allora nel corso degli ultimi 20 anni si è proceduto a molti tentativi,anche autorevoli di stime.Gia nel 2004 si parlava di un valore di oltre 1800 miliardi di euro. Eppure l’attivo di bilancio, al valore nominale è di 194 miliardi di euro, un valore mai adeguato. E soprattutto molti, tanti sono gli immobili per i quali non è disponibile un inventario completo (parte del demanio militare e quelli ubicati all’estero) o è difficile effettuare una valutazione (musei e monumenti).

Si è anche pensato ad un un lease-back delle sedi ministeriali, ma Bruxelles considera debito anche gli affitti che dovrebbero essere pagati per le sedi prese in locazione dopo essere state vendute. Considerata la natura complessa, dispersa e granulosa, e le rigidità giuridiche e amministrative, la sua dismissione non può rappresentare la soluzione alla riduzione del debito pubblico in tempi brevi. Allo Stato appartengono anche le sedi delle sovrintendenze situate in Palazzi storici, le sedi dei Ministeri, le aree archeologiche e i monumenti nazionali come il Vittoriano; rientrano poi patrimoni nazionali, forse meno noti, ma non per questo di poco conto come Villa Carlotta a Monza, l'Isola Comecina sul Lago di Como, gli Isolotti di Venezia, i Forti storici di Genova, Villa della Regina a Torino, il Castello delle Quattro Torri a Ivrea (Torino) e Castello Orsini a Soriano del Cimino (Viterbo).

 

Luca Ricolfi, sociologo e docente di Analisi dei dati all’Università di Torino, ed anche Reviglio della Cassa dep e prestiti, affermano che il patrimonio dello Stato è enorme. Privatizzazioni e dismissioni sono sostanzialmente ferme dal 2006.

Nel 2002 all’epoca di Ciampi molte voci, anche ambientaliste, si mossero per una cessione di beni dello Stato, le cosidette cessioni Salva Deficit. Si disse in modo provocatorio: ma davvero lo Stato può vendere il Colosseo e la Fontana di Trevi? Il Foro Italico, Palazzo Chigi ma anche Fontana di Trevi, il Colosseo e tutti i musei
nazionali (che sono 358) dagli Uffizi ai più piccoli, con annesse opere d'arte come la celeberrima 'Nascita di Venere del Botticelli, potrebbero teoricamente, secondo le
interpretazioni più estensive, essere venduti dopo l' approvazione del decreto salva-deficit. La possibilità, per quanto teorica e remota, al limite dell'assurdo, che Fontana di Trevi possa essere venduta legalmente dallo Stato anzichè da un truffatore di turistiamericani come Totò nel film "Tototruffa". Ma grazie a Ciampi si blocco’ quella strana idea.

Nel 2004 si ritorno a parlare di vendite ed allora ci fu il cosiddetto codice Urbani dal nome del ministro ai Beni Culturali. La pianificazione e la gestione del paesaggio fatta in accordo con le realtà territoriali, capace di salvaguardare gli straordinari caratteri culturali dei paesaggi italiani come patrimonio dell'intera collettività nazionale. L'aspetto più significativo e controverso del Codice Urbani rimane quello della vendita dei beni demaniali - prospettiva che qualche tempo fa fece balenare ipotesi fantasiose di inusitate dismissioni di monumenti storici. Non si tratta di «vendere il Colosseo» o altri grandi monumenti che appartengono agli italiani, ma piuttosto di compilare un elenco di quello che si può e quello che non si può vendere. In realtà la messa in vendita di beni del demanio era già Stata ammessa dalla legge nel 1999 e un decreto del 2000 ne aveva definito limiti e condizioni.

Naturalmente il codice Urbani parla di beni demaniali, vendibili, cedibili, ed utilizzabili da privati. Ma naturalmente l'elenco ufficiale dei beni demaniali vendibili e non vendibili ancora non c'è. All’epoca in via provvisoria e cautelare si dispose 'invendibilità di beni culturali che avevano più di cinquant'anni, opera di un autore non più vivente, almeno fino a quando non sarebbe intervenuta la prevista verifica del loro interesse storico-artistico. Per il resto lo Stato poteva cominciare a vendere.
Il problema di oggi non è VENDERE o SVENDERE ma,  FAR RENDERE l’immenso patrimonio pubblico italiano. Patrimonio che, stima La Stampa, rende solo 50 miliardi l’anno, un decimo delle possibilità.
In realtà che il patrimonio dello Stato valesse approssimativamente 1.800 miliardi si sapeva dal lontano 2004, quando l’allora direttore generale del Tesoro Domenico Siniscalco, affidò ad una società di consulenza il compito di inventariare "Casa Italia". Più della metà di quel patrimonio – almeno novecento miliardi – sono montagne e monumenti, beni incedibili quindi. Quel che solo ora si inizia a capire, è invece l’entità del patrimonio ancora effettivamente cedibile e quello che varrebbe la pena tenere e soprattutto far fruttare.
L’agenzia del Demanio dipende dal Ministro dell’economia che è nelle mani di Mario Monti.
Bene, una mia idea potrebbe essere quella di creare, come già detto in passato da molti economisti, una SUPER HOLDING che contenga i Beni dello Stato, quelli di fatto valutabili e cedibili, e collocare una quota sui mercati internazionali. Potrebbero esser raccolti 450 miliardi di euro (collocando il 30% sul mercato): sarebbe una quotazione in Borsa, ci sarebbero sempre compratori e venditori, sarebbe cosi anche impossibile vendere singoli beni, sarebbe impossibile fare operazioni strane. I Capitali raccolti dovrebbero andare esclusivamente al Tesoro per abbattimento del debito pubblico.
I passi sono: affidare al Ministro dell'economia il compito di creare una Super holding, far confluire in essa beni e società pubbliche statali, affidare a terzi la valutazione complessiva del Patrimonio e stabilire le quote da mettere sul mercato borsistico internazionale. Ci sarebbe anche l’avvicinarsi all IPO di fondi internazionali.

 

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