Lo struscio
Nasceva “lo struscio”. Così il popolo battezzò questa usanza, per il rumore che i vestiti sontuosi delle dame, incontrandosi o scontrandosi nel passeggio, emettevano. Da quel momento la via Toledo diventò il palcoscenico su cui tutti i napoletani si sentivano attori. Lo scopo doveva essere solo quello di andare a pregare in almeno tre chiese sul sepolcro di Cristo allestito con vasi di fiori, germogli di grano, tappeti e drappi, ma i napoletani in seguito conferirono a questa usanza anche un carattere mondano seguendo l’esempio del proprio re. In alcune cronache del 1770 si racconta, che dopo il vespro del giovedì Santo, abbigliate con fastosi costumi, «le loro maestà si portavano a piedi nelle vicine contigue chiese alla visita dei Santi Sepolcri» ed erano scortate dalle Real Guardie del Corpo con le più ricche uniformi e accompagnate da un gran numero di nobili e dame di corte anch’essi riccamente vestiti. Da allora i napoletani in quella occasione sfoggiavano i loro abiti migliori. E divenne una gara nel popolo tanto sentita che nel tempo rasentò l’eccesso, tanto che nel 1781 il sovrano, Ferdinando IV di Borbone, intervenne con un ordine specifico affidato al principe di Tarsia, per morigerare lo sfarzo e richiamare il popolo a un rispetto maggiore della sacralità della ricorrenza. Nella prima metà del 1800, si aggiunse un’altra usanza. Capitando la settimana Santa quasi sempre intorno all’inizio della primavera, lo “struscio” suggerì agli uomini di sostituire il copricapo: si abbandonava il cilindro o la bombetta con la più fresca paglietta. Da quei tempi fino ai giorni nostri “lo struscio” viene ancora osservato dai napoletani, almeno per il giovedì Santo, ma con scopi sempre più commerciali e meno religiosi. |
Pubblicazioni mensiliStatistiche
(La registrazione degli utenti è riservata solo ai redattori) Visitatori on lineAbbiamo 299 visitatori e nessun utente online |