“Trinità laiche “nella storia d’Italia
Il termine "trinità", dal latino trīnĭtas-ātis (a sua volta da trīnus = di tre) fu utilizzato per la prima volta da Tertulliano scrittore, filosofo e teologo cristiano, nel II secolo. La Trinità, costituita da Dio Padre, Figlio e Spirito Santo, è la dottrina fondamentale e più importante delle più diffuse chiese cristiane, come la cattolica. Il termine, di evidente potenza semantica, potrebbe anche comprendere tre personaggi che in un determinato periodo di tempo hanno realizzato ideali particolarmente elevati. Due “trinità laiche” nella storia del nostro Paese meritano questa definizione . La prima è costituita da Dante Alighieri, Francesco Petrarca e Giovanni Boccaccio che, in un arco di tempo lungo circa un secolo, dal 1265 anno di nascita di Dante al 1375 anno di morte del Boccaccio, hanno dato identità alla lingua italiana con le loro opere. La loro popolarità in rete è facilmente ottenibile cliccando il nome su Google. Per Dante Alighieri si ottengono circa 26 milioni di risultati, mentre per Petrarca e Boccaccio i numeri sono rispettivamente 10 e 9 milioni (ricerca del 19 ottobre 2020). Per un poeta dell’epoca, per es, Guido Cavalcanti amico di Dante, si ottengono solo 2 milioni. Il primato numerico ottenuto per Dante corrisponde all’opinione corrente, quale ad esempio potrebbe risultare da estemporanee interviste in strada, un metodo rapido talora adottato dalla TV. Dante è il Poeta Nazionale, tutti sanno che ha scritto la Divina Commedia,magari solo una minoranza che è stato il primo a scriverla in lingua volgare rispetto al latino dei secoli precedenti.
E’ probabile inoltre che molti riconoscano di essersi trovati nel corso della loro vita come il Poeta nella famosa terzina che inizia il Canto dell’Inferno: «Nel mezzo del cammin di nostra vita mi ritrovai in una selva oscura che la dritta via era smarrita.» Le società Dante Alighieri sorte dovunque hanno certamente contribuito alla sua fama mondiale e nel 2021 sono previsti ulteriori celebrazioni e riconoscimenti in occasione del settecentesimo anniversario della morte. Che l’interesse per Dante attiri non solo i “dantisti”, ma anche i giornalisti lo ha recentemente dimostrato Aldo Cazzullo, col libro A riveder le stelle (Mondadori, 2020), un excursus ottimista sull’autore più difficile e amato in Italia. Per quanto riguarda gli altri due componenti la “trinità laica”, Boccaccio e Petrarca, il numero inferiore di risultati su Google corrisponde alla minore popolarità e conoscenza delle loro opere. Forse Boccaccio è ricordato più per l’aggettivo “boccaccesco “, dagli intuitivi sottointesi, piuttosto che per aver scritto il Decamerone. I drammatici eventi dell’attuale pandemia potrebbero tuttavia aumentare la popolarità della sua opera nel far conoscere come i giovani di Firenze affrontarono brillantemente la peste a Firenze. Anche la figura del Petrarca appare piuttosto in ombra: probabilmente molti non lo ricordano come l’autore del Canzoniere; la sua poesia più famosa: «Chiare, fresche et dolci acque /ove le belle menbra pose colei/che solo a me par donna», risulta senz’altro meno nota della terzina dantesca sopracitata e la conoscenza del suo amore per Laura è sicuramente perdente, ovviamente in termini di popolarità, se confrontata con quello di Dante per Beatrice. Ricordo che nei mei anni di scuola media, a cavallo degli anni 40, pur rimanendo Dante Alighieri un nume poetico e patriottico, dominavano poeti crepuscolari e/o dannunziani; l’amore sublimato del Petrarca non si confaceva allo spirito guerresco dell’epoca ed era meglio evitare quello profano del Boccaccio per non turbare le menti giovanili, da impegnare in altri miti. Al liceo ho scoperto che questa “trinità laica”, pur essendo interamente toscana, ha dato un apporto fondamentale alla costituzione della nostra lingua nazionale. Giuseppe Garibaldi, Giuseppe Mazzini e Camillo Benso conte di Cavour, i tre componenti della seconda “trinità laica”, nati rispettivamente a Nizza, Genova e Torino, operano anch’essi in un arco di tempo di circa un secolo, dal 1772 anno di nascita di Mazzini, al 1882 morte di Garibaldi. Profondamente diversi tra loro, raggiungono un miracoloso, probabilmente irripetibile accordo, determinante per la costituzione dell’ Unità d’Italia. Anche questa scoperta fu per me tardiva: nei libri di storia si sottolineava l’importanza del triumvirato di Ottaviano, Antonio e Pompeo (niente a che fare con una trinità, ma solo una provvisoria distribuzione di un immenso potere politico) che terminava con la costituzione dell’Impero secolare di Roma; del resto nel 1940 non avevamo anche noi l’impero? Magari di durata effimera! Comunque il mito di Garibaldi, del resto ubiquitario nel territorio, è stato sempre indiscusso: col “metodo Google” si ottengono 64 milioni di risultati, distanziando nettamente Mazzini e Cavour che ne realizzano rispettivamente 24 e 22 milioni. Per confronto Nino Bixio, generale di Garibaldi, ne ottiene solo due milioni. Garibaldi rappresenta la forza dirompente del nostro Risorgimento, un fascino ancora attuale come risulta dalla ri-pubblicazione di un appassionato libro di Luciano Bianciardi, Garibaldi, (Minimum Fax, 2020), autore di La Vita agra, scrittore anarchico e contro i miti, scritto nel lontano 1972. La figura di Mazzini, nonostante l’elevato numero di citazioni, è sicuramente meno popolare. Ritenuto troppo ascetico e utopico e quell’affermazione «Perchè vi parlo io dei vostri doveri prima di parlarvi dei vostri diritti» turba molti sonni (ma forse questo è solo un cattivo pensiero…). Rimane comunque una figura decisiva per la realizzazione degli ideali del Risorgimento. Camillo Benso di Cavour, capace di aver dato al Piemonte un rilievo nazionale, il “fine tessitore” dell’Unità d’Italia, ha un numero elevato di risultati che non sembra corrispondere alla popolarità corrente probabilmente per una generica diffidenza, immotivata, verso l’attività politica, anche quella che si prefigge nobili intenti.
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