Michele Sapone il sarto di Pablo Picasso

Categoria principale: Storia
Categoria: Storia Contemporanea
Creato Domenica, 20 Settembre 2020 17:17
Ultima modifica il Domenica, 20 Settembre 2020 21:14
Pubblicato Domenica, 20 Settembre 2020 17:17
Scritto da Angelo Martino
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Nato nel 1912, Michele Sapone era diventato un adolescente gioviale pronto a passare, con grande impegno, dal mestiere di muratore a quello di maniscalco e barbiere, prima di approdare al lavoro del proprio destino, quello di sarto nella sua Bellona, in provincia di Caserta.

Michele  si mostrò per sua fortuna un giovane anche coerente. Era riuscito  a diventare un bravo sarto già all’età di 20 anni, ma quella cartolina per il servizio militare l’aspettava con una certa trepidazione, e aveva detto a sua madre che, se fosse stato assegnato in una località “sopra Roma “ non sarebbe tornato più a Bellona e non avrebbe più lavorato nella sartoria di mastro Carluccio, Carlo della Cioppa.

E così Torino diventò per Michele la sua “capitale”, ove si svolgeva un’intensa vita sociale politica e culturale, e la città gli avrebbe dato l’opportunità di far conoscere le sue qualità di sarto, preludio al suo avvenire di artista.

Già artigiano raffinato, era giunto, per le vicissitudini della guerra, sulle colline di Spalato, luogo di battaglie e d’amore, tra le braccia di Slavka, “ottima mano con ago e filo”, partigiana e futura compagna di tutta la vita.

Fu Pablo Picasso a cui stava prendendo le misure per un vestito, a ripetergli, mentre ascoltava la sua storia, che in fondo un artista Michele lo era sempre stato, prima di dargli delle proprie litografie quale compenso per il vestito.

Il sarto aveva imparato in fretta e bene  quel mestiere facendolo suo per tutta la vita. Se fosse nato nella seconda metà del Novecento sarebbe diventato uno stilista.

Invece fu grande amico e sarto di Picasso e di tanti altri artisti che diedero un volto al secolo della modernità. Li vestiva, e ogni abito era cucito sui loro corpi come se avesse voluto vestirne l’anima, la personalità nascosta, quella che nessuno vede e che solo talvolta affiora dai loro quadri.

Nel dopoguerra iniziò per lui, la moglie e la figlia Aika una grande avventura a Nizza ove lavorava come maitre coupeur da Seelio Tailleur - Chemisier, ma Michele era invaghito dell’arte.

Un giorno, salendo in Vespa con un funzionario del Consolato Italiano che doveva consegnare un passaporto, si ritrovò a casa del pittore Manfredo Borsi, con cui nacque presto una duratura amicizia. Sapone ebbe così l’opportunità di  entrare in un mondo ambito da tempo che gli permise di confezionare abiti magnifici per clienti facoltosi che lo ricompensarono con le loro opere d’arte. Creazione  in cambio di creazione, insomma, come ai tempi del baratto.

Ma fu con Pablo Picasso, tuttavia, che Michele visse un rapporto di particolare vicinanza artistica e umana.

In quella fase della sua vita anche l’artista attraversava un momento di grande vitalità creativa, grazie alla nuove energie creative che gli aveva apportato la sua nuova compagna Jacqueline Roque, che viveva alla “Californie” di Cannes.

Da quando aveva conosciuto Picasso grazie al comune amico poeta André Verdet, Michele Sapone smetteva mai di pensare a qualcosa di esclusivo per lui.

Il primo pantalone alla Courbet aveva sorpreso e incantato l’artista e da allora tra lui e il suo sarto era iniziato un rapporto di amicizia della durata di sedici anni, durante i quali Michele Sapone confezionò  per il maestro almeno duecento paia di pantaloni, un centinaio di giacche, e decine di cappotti dalle forme più stravaganti, con tessuti inusuali e di altissima qualità.

Il 25 ottobre 1956 ricorreva il compleanno di Picasso, che festeggiò i suoi settantacinque ani con una bella festa nella villa dell’artista a Cannes, la leggendaria La Californie.

Michele si presentò al mattino con un nuovo abito: una giacca di velluto marrone e nero a righe orizzontali. Picasso la indossò subito e volentieri. Adorava il velluto, adorava le righe, ma soprattutto era affascinato dal colletto senza risvolto, con una piccola apertura sul petto senza bottoni.

Era una delle invenzioni Sapone, il colletto alla Mao, come lo chiamava il sarto, che in realtà era una foggia classica delle casacche di campagna dei contadini di Bellona, un ricordo d’infanzia mai abbandonato che da allora divenne il tratto di uno stile personale.

Si ritroverà in altre e diverse occasioni con gli amici-artisti più cari, molti dei quali lo seguirono nella gara di solidarietà organizzata per il restauro della chiesa di San Secondino di Bellona. Un evento che spinse Jean Marie Gouttin a creare nel 1968 la famosa e suggestiva Via Crucis per la chiesa di Bellona che prima di essere installata nella stessa chiesa in quel sito, fu esposta a  Napoli nella monumentale chiesa di Santa Chiara.

A tale iniziativa per Bellona, che costituiva,  nella mente e nel cuore di Michele Sapone il bisogno di  restituire arte di sé al suo paese, il sarto ci si dedicò con passione durante le vacanze di Pasqua del 1968.

Durante un incontro con  don Alfredo Cantiello, parroco di Bellona, si trovò di fronte allo stato di degrado della chiesa parrocchiale del paese, nota per la sua cupola ottagonale del 1400 con le navate circolari, la torre campanaria ancora originale, l’interno ricco di   affreschi e bassorilievi e la Madonna Protettrice, scolpita dal maestro Luigi De Luca, autore, tra l’altro,  dei famosi leoni di Piazza Bovio a Napoli.

Appena rientrato a Nizza, il sarto chiese aiuto ai suoi amici artisti, che non mancarono di adoperarsi per il recupero della chiesa offrendo le loro opere.

Tra aprile e maggio del 1968 arrivarono a Bellona i primi quadri di artisti italiani e francesi: Ozenda, Gouttin, Restivo, Pichette, Dauphin, Baretty, Radulesco, Bono, Placido, D’Amico, Calvi, Bertier, Damiano Bozzolini, a cui seguono le opere di Picasso, Campigli, Magnelli, Arp, Kijino, Mansouroff, Hartung, Giacometti e Severini. 

Anche Jean Marie Gouttin si impegnò a realizzare una  Via Crucis da ultimare ai primi di giugno. Fu  il Nice- Matin del 26 giugno 1968 a dare notizia della realizzazione. L’opera composta da 14 pannelli fu presentata a Nizza al villaggio Seguran e, prima di essere collocata definitivamente nella chiesa di Bellona, venne esposta in alcune ville, specialmente romane, e  molti musei.

Intanto, anche la collezione privata del sarto si era arricchita di opere pregiate, tanto da spingere Michele a dare vita, insieme al genero/nipote Antonio Sapone dotato della sua stessa sensibilità, alla Galleria Sapone, un centro di diffusione della cultura e della creatività, non destinato a vendere arte, bensì a farla conoscere.

La Galleria fu allestita in due belle stanze al numero 55 di Rue de France. Gli interni furono affidati al decoratore Orfé Pedroni, mentre dell’illuminazione del locale se ne occupò Hartung, “il padre dell’arte multimediale”.

La prima mostra fu inaugurata il 24 marzo 1972 e costituì un omaggio di Antonio Sapone alla sua famiglia, con particolare riguardo per Michele e i suoi amici artisti, tra i quali primeggiò Pablo Picasso.

Da allora le mostre furono approntate sempre con maggior cura. L’anno successivo, il 18 maggio 1973 ebbe regolarmente luogo, nonostante la morte di Pablo Picasso avvenuta l’otto aprile precedente.

La famiglia Sapone onorò con diverse interviste e testimonianze l’uomo che era diventato l’icona della modernità. La mostra del 18 maggio costituì un omaggio alla memoria del grande artista scomparso.

Alla metà degli anni ‘70, l’esigenza di trovare una nuova collocazione alla Galleria  si fece sempre più pressante, dal momento che  l’attività si è intensificata con una media di cinque grandi esposizioni all’anno. Pertanto si mostrò necessario trasferire le esposizioni in una sede più ampia e la scelta di Antonio Sapone cadde su Boulevard Victor Hugo, a due passi dalla Promenades des Anglais.

Fu così che al civico 25  l’8 luglio 1981 si svolse l’inaugurazione della nuova Galleria Sapone, aperta con una mostra de Le Pietre di Magnelli e accompagnata da un bel catalogo con introduzione di Italo Calvino intitolata Essere Pietra.

Verso la metà degli anni Ottanta Antonio Sapone conobbe Jacqueline Roque, seconda moglie e musa di Pablo Picasso e le prospettò l’idea di una mostra delle opere “domestiche” dell’artista.

La realizzazione sorprese la stessa Jacqueline che in quell’occasione donò ad Antonio Sapone la preziosa scultura la Colomba della pace.

Il gesto segnò l’ideale passaggio di consegne tra Michele Sapone e suo genero Antonio. La famosa colomba rappresentò un augurio di pace e speranza per l’umanità e il trionfo della bellezza dell’arte.

Michele Sapone è deceduto  nel settembre del 2017 a Latina, e attualmente riposa nella cappella di famiglia di Bellona.

 

 

 

Bibliografia:

L. Masia, Il sarto di Picasso, Silvana Editoriale, Milano, 2012.