Luigi Pianciani, un gigante del Risorgimento

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Nato a Roma nel 1810 di nobile e ricca famiglia operosa originaria di Spoleto, Luigi Pianciani, dopo la laurea in legge conseguita nel 1830, fece esperienza amministrativa nello Stato Pontificio con spirito riformatore.

Fondò la Cassa di Risparmio di Spoleto, come il padre Vincenzo aveva fondato quella di Roma, speró ardentemente nell’iniziale moto riformatore del papa Pio IX, ma, di fronte al ritorno al passato conservatore, passó decisamente e definitivamente nel campo liberale, democratico, nazionale.

Fu tra coloro che combatterono in difesa della Repubblica di Venezia nel 1848.

Aderì e fu protagonista della Repubblica Romana del 1849 e conobbe per questa adesione l’esilio per ben 11 anni, trascorsi in massima parte in Inghilterra, ma anche in altri paesi come la Francia, il Belgio, la Svizzera, conoscendo e frequentando le principali figure internazionali del movimento liberale e democratico, da Mazzini, di cui divenne seguace, a Herzen, a Victor Hugo, a Marx, a Kossuth tra i tanti.

Nel 1860 tornó in Italia e si allontanò dal mazzinianesimo più intransigente, aderendo all’orientamento garibaldino sempre progressista, ma più realista e vittorioso, dando un contributo alla spedizione dei Mille con l’invio di nuovi volontari, che andarono a rafforzare l’Esercito Meridionale.

Da garibaldino partecipó alla terza guerra di indipendenza del 1866.

Si stabilì a Spoleto e divenne deputato per la prima volta nel 1865, e poi eletto per altre tre legislature nel collegio mantovano di Bozzolo, fino alla sua morte nel 1890.

Pianciani fu un democratico laico progressista, fieramente avverso ai conservatori ed ai clericali, di fede massonica nobile, scelta già nel periodo inglese.

Per la ricchezza anche teorica della sua personalità nel 1870 fu nominato primo sindaco di Roma liberata e venne rieletto nel biennio 1881-1882.

Per Roma realizzò opere che arricchirono la nuova capitale d’Italia e la resero degnamente tale, moderna e laica, e non più la piccola, sonnacchiosa, clericale, arretrata capitale papalina.

 

Fu anche membro autorevole  della Provincia di Roma e presidente di quella di Perugia e sostenne l’emancipazione civile e politica delle donne.

Sulla base della sua vasta esperienza, Pianciani fu un teorico originale e concreto del decentramento amministrativo inteso come come via maestra per rafforzare la libertà, limitare il potere pericoloso della burocrazia, alleggerire il bilancio dello Stato.

Queste considerazioni furono argomentate nel suo saggio Il disaccentramento e il bilancio del 1869.

In veste di sindaco di Roma, tra le sue tante opere, fece apporre in Campidoglio un registro in cui i cittadini potevano scrivere i propri reclami, avviò la rassegna della stampa e aprì un ufficio telegrafico,  inaugurò venticinque nuove scuole tra cui la scuola superiore femminile, quella serale per i contadini e quella operaia.

Volle la cremazione al Cimitero di Roma e funerali civili, il monumento a Giordano Bruno e la festa civile del 20 settembre in ricordo di Roma capitale e della fine del millenario potere temporale del papato

La festa fu fatta abolire nel 1929 dai clericali vaticani, come uno dei punti laterali del Concordato con il fascismo di Mussolini, traditore dello spirito profondo liberale e laico del Risorgimento Italiano.

Durante la commemorazione che il 12 dicembre 1890 la Camera dei deputati gli tributò, il presidente Giuseppe Biancheri poté affermare che «Pianciani riassumeva in sé tutta la storia del Risorgimento»

Grande, alta, europea, moderna figura, un gigante, fu dunque quella di Luigi Pianciani, non a caso ignota alla generazione senza memoria di oggi, tristemente incolta e appiattita nel presente, nella cronaca e nell’attimo.

 

 

Tomba di Luigi Pinciani nel Pincetto del Verano di Roma

 

 

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