Eleonora de Fonseca Pimentel, ricordandoti

Seneca, la brevità della vita

Condividi

Contemporaneo di Gesù Cristo, Lucio Anneo Seneca (Cordova 4 a. C. - Roma 65 d. C.) ha scritto opere di filosofia morale tra le più alte e profonde della storia umana, donando riflessioni che aiutano chiunque abbia la volontà e la calma di leggerle a vivere in modo più autentico e responsabile.

Uno dei suoi scritti più noti è La brevità della vita (De brevitate vitae).

Una sintesi di esso è che se è vero che non abbiamo molto tempo, destino inesorabile dell’essere umano, è anche vero che ne perdiamo molto in occupazioni secondarie e futili e non siamo concentrati in ciò che è essenziale. Pertanto il tempo lo abbiamo, se vogliamo, per ciò che è fondamentale.

«La maggior parte degli uomini si lamenta per la malignità della natura, perché siamo messi al mondo per un tempo esiguo, perché i giorni a noi concessi scorrono così veloci e travolgenti, che, eccetto pochissimi, gli altri sono abbandonati dalla vita mentre si preparano a viverla... Non abbiamo poco tempo, ma ne abbiamo perduto molto. Abbastanza lunga è la vita e data con larghezza per la realizzazione delle cose più grandi, se fosse tutta messa bene a frutto; ma quando si perde nella dissipazione e nell’inerzia, quando non si spende per nulla di buono, costretti dall’ultima necessità ci accorgiamo che è passata senza averne avvertito il passare. Si: non riceviamo una vita breve, ma tale l’abbiamo resa, e non siamo poveri di essa, ma prodighi...la durata della nostra vita per chi sa bene gestirla è molto estesa.»

 

Siamo travolti e tirati da mille occupazioni di vario tipo, e di qua e di là, poi ci sono quelli che Seneca descrive mirabilmente: «a certuni non piace nessuna meta, a cui dirigere la rotta, ma sono sorpresi dalla morte tra il torpore e gli sbadigli.»

Per cui non si può parlare per loro di “vita”, ma di “tempo vuoto”, che inesorabilmente passa.

Tanti non riescono a risollevarsi e ad alzare gli occhi per discernere il vero, tanto sono oppressi dai loro impegni o accasciati dalla loro ignavia. Costoro, dice Seneca, «non hanno mai la possibilità di rifugiarsi in se stessi.»

È decisivo dunque guardare dentro se stessi, ascoltare se stessi, stare con se stessi.

Non dobbiamo permettere che gli altri invadano la nostra vita, ci facciano perdere tempo.

Bisogna essere avari di esso, è l’unico caso in cui l’avarizia è una virtù.

«Quanti hanno saccheggiato la tua vita, senza che ti accorgessi di quel che perdevi, quanto tempo ne hanno sottratto un vano dolore, una stolta gioia, un’avida passione, un’allegra compagnia: quanto poco ti è rimasto del tuo?»

La causa di tutto questo, secondo Seneca, nasce da un’illusione pericolosa che tutti tocca.

«Vivete come destinati a vivere sempre, mai vi viene in mente la vostra precarietà, non fate caso di quanto tempo è trascorso; continuate a perderne come da una provvista colma e copiosa, mentre forse proprio quel giorno che si regala ad una persona o a un’attività è l’ultimo. Avete paura di tutto come mortali, voglia di tutto come immortali.»

Poi fa una profonda digressione - riflessione per quelli che fanno progetti e rimandano le cose essenziali a quando saranno avanti negli anni, in pensione, e lo fa sempre per farci cogliere la preziosità e la brevità del vivere, che va sempre intensamente vissuto e degnamente, appena si hanno la mente e la coscienza morale deste ed adulte.

«Sentirai i più dire ‘A partire dai cinquant’anni mi metterò a riposo, a sessant’anni andrò in pensione’. E chi ti garantisce una vita così lunga? Chi farà andare le cose secondo il tuo programma?

Non arrossisci di riservare per te gli avanzi della vita e di destinare al perfezionamento interiore solo il tempo che non può essere utilizzato per niente altro?

Non è troppo tardi cominciare a vivere solo quando è tempo di finire?

Che sciocco oblio della condizione mortale rimandare i buoni propositi ai cinquanta e sessanta anni e volere iniziare la vita dal punto in cui pochi sono arrivati.»

I potenti e gli altolocati, quando sono in vena di sincerità, confessano che non sono liberi o  sono ‘mezzo liberi’ (come diceva in modo contraddittorio Cicerone, perchè o si è liberi o si è schiavi, soggetti) e che dietro il luccichio del potere e del denaro si nascondono ansie e paure.

Ma spesso sono incapaci di dare seguito al loro rimpianto e continuano a vivere allo stesso modo e a dissipare il tempo che hanno, come le persone che sono ormai vinte dai vizi e non cambieranno mai, anche se vivessero mille anni.

Gli affaccendati poi non riescono a concentrarsi nel fare bene le cose e tantomeno a  dedicarsi a ció che è veramente importante, saper vivere e saper morire, per i quali non basta spesso la stessa vita.

Quindi Seneca ripete in modo martellante, per farsi capire bene e affinchè si afferri che si tratta di una questione nodale:

«È cosa di uomo grande e al di sopra degli errori non farsi sottrarre nulla del proprio tempo, e la sua vita è lunghissima proprio perchè, qualunque sia la sua durata, è stata tutta per lui. Nessun istante restó inutilizzato e inattivo, nessuno alla mercè di altri: perchè non trovó nulla che meritasse di essere scambiato col suo tempo e ne fu risparmiatore attentissimo.

Perció gli fu sufficiente...chi sfrutta per sè ogni ora, chi gestisce tutti i giorni come una vita, non desidera il domani, nè lo teme. Non c’è ora che possa apportare una nuova specie di piacere. Tutto è noto, tutto è goduto a sazietà. La sorte disponga come vorrà: la vita già al sicuro. Le si pió aggiungere, non togliere. »

E Seneca conclude questo passaggio di meditazione con un indimenticabile esempio di chi crede di essere vissuto solo perchè anziano.

«Non c’è dunque motivo di credere che uno sia vissuto a lungo perchè ha i capelli bianchi o le rughe: non è vissuto, ma è stato al mondo a lungo. Come credere che ha molto navigato chi la tempesta ha sorpreso all’uscita del porto, menandolo qua e là in un turbine di venti opposti e facendolo girate in tondo entro lo stesso spazio. Non ha navigato molto, ma è stato sballottato molto.»

Seneca, scavando con la sua originale, umanissima riflessione sulla condizione umana il tema fondamentale del tempo brevissimo (ma che sarebbe sufficiente, se usato bene), che si ha a disposizione nel vivere, su come bisognerebbe usarlo e su come invece gli Esseri Umani lo sprecano, aggiunge ulteriori, indimenticabili precisazioni.

Non si ha spesso il senso del valore inestimabile del tempo

«lo si chiede come fosse niente, lo si dà come fosse niente. Si gioca con la cosa più preziosa di tutte. Non ne hanno coscienza, perchè è immateriale, perchè non cade sotto gli occhi, e perció è valutata pochissimo, anzi non ha quasi prezzo...nessuno dà valore al tempo; ne usano senza risparmio, come fosse gratis...Se fosse possibile a ognuno aver dinnanzi agli occhi il numero dei suoi anni futuri, come quelli già passati, come sbigottirebbe chi ne vedesse avanzare pochi, come ne farebbe economia !»

E Seneca ci invita: «Si deve custodire con maggiore cura cio che non sai quando verrà a mancare.»

E ci ammonisce: «Nessuno ti renderà gli anni, nessuno ti restituirà a te stesso; andrà il tempo della vita per la via intrapresa e non tornerà indietro, nè arresterà il suo corso; non farà rumore, non darà segno della sua velocitá; non si allungherà per editto di re o favore di popolo; correrá come è partito dal primo giorno, non farà fermate, mai soste.»

Che avverrà ?

Tu sei affaccendato, la vita si affretta ed il termine vicino e insuperabile del vivere ti aspetta.

Allora che fare di fondamentale? Seneca ci offre sul tema del non fare programmi a lunga scadenza parole indimenticabili, perchè questo produce danni irreparabili sulla qualità del nostro vivere.

Accusa i previdenti eccessivi che organizzano la vita a spese della vita. Fanno programmi a lunga scadenza; ora il maggiore spreco della vita è il differirla: è questo procrastinare ogni giorno che viene, è questo scippare il presente, mentre promette il futuro.

Il maggiore impedimento al vivere è l’attesa, che dipende dal domani, perde l’oggi. (Maximum vivendi impedimentum est expectatio, quae pendet ex crastino, perdit hodiernum.)

Predisponi ció che è in potere della fortuna, lasci andare ció che è in tuo potere.

Dove miri? Dove ti proietti?

Tutto quello che deve avvenire è incerto: vivi senza indugio (protinus vive).

Ecco come grida il grande vate (Virgilio) e come per divina ispirazione scrive un canto di salvezza:

«i migliori giorni della vita sono i primi a fuggire per i miseri mortali. Che indugi ? Che aspetti? Se non te ne impossessi, fuggono.»

E anche quando te ne sarai impossessato, fuggiranno: bisogna dunque gareggiare in velocità col tempo, attingere presto come da un torrente rapido e non perenne.

Virgilio per biasimare un indugio senza fine non dice «il tempo migliore», ma «i giorni».

E tu, indifferente e placido, in tanta fuga di tempo, ti riprometti una lunga serie di mesi e di anni, in base alla tua avidità?

Egli (Virgilio) ti parla di un giorno e di un giorno che fugge.

C’è dunque dubbio che i migliori giorni fuggano ai miseri mortali, cioè a quelli affaccendati (quelli che rimandano e aspettano) ?

E Seneca conclude questo passaggio di profonda riflessione con immagini e considerazioni che restano nell’animo di chi sa anche per poco meditare «Sui loro animi ancora infantili piomba la vecchiaia, alla quale giungono impreparati e inermi, non avendola mai prevista: ci sono cascati di sorpresa, non si accorgevano che si avvicinava ogni giorno.»

Continuando le sue profonde riflessioni, Seneca si sofferma a dimostrare quanto la vita delle persone troppo affaccendate, frenetiche, è di fatto brevissima.

Dice: «La vita si divide in tre tempi: passato, presente, futuro. Di essi il presente è breve, il futuro incerto, il passato sicuro...e proprio il passato perdono gli affaccendati; non hanno tempo di voltarsi a guardare il passato”, anche perchè spesso si portano rimorsi e vergogna di quello che hanno fatto. Infatti “quello che ha avuto mire ambiziose, atteggiamenti insultanti, vittorie smodate, una condotta subdola, un’avidità insaziabile, una prodigalità illimitata non può non temere la sua memoria.»

Questo rende gli affaccendati incapaci di vivere veramente il tempo, mancando della dimensione della memoria, del passato, che del tempo è parte fondamentale.

Sono immersi sempre nel presente, che è breve e fugge, sono «come sotto un giogo, non possono voltarsi e guardare indietro.»

Non avendo un fondo dove depositare e assaporare le esperienze e la loro memoria, la loro vita si accorcia in modo impressionante.

Seneca li descrive con una immagine indimenticabile «Non ha importanza la quantità di tempo concessa, se non c’è dove si depositi: passa attraverso animi lesionati e bucati (per quassos foratosque animos transmittitur).»

Solo chi ha un animo, una mente sereni e tranquilli puó godere della memoria del passato, che è parte fondamentale del tempo. Egli quindi vive il passato ed il presente, mentre l’affaccendato vive solo il presente, che fugge ed è breve; perció, anche se è vissuto più a lungo, la sua vita nel profondo è stata brevissima.

La persona saggia è così descritta da Seneca «Niente è affidato ad altro, niente sparpagliato qua e là, niente dato alla fortuna, niente perduto per inerzia, niente dissipato per prodigalità, niente inutilizzato; tutta la vita è, per così dire, messa a frutto.

Per quanto breve, dunque, è più che sufficiente, e perció, quando che venga l’ultimo giorno, il saggio non esiterà ad andare alla morte con passo fermo.»

Hanno una vita brevissima, secondo Seneca, non solo gli affaccendati, col loro quotidiano frenetico pieno di impegni affannosi, ma anche gli oziosi, che hanno il tempo libero che potrebbero utilizzare per curare e migliorare l’animo e la mente e che invece lo sciupano in attività futili e inutili.

Il loro è un «ozioso affaccendarsi.»

Ci sono quelli che vivono di collezionismi, di spettacoli al circo, di pallone e di scacchi, che passano ore dal barbiere «affaccendati tra il pettine e lo specchio» e passano il tempo «ad ascoltare, imparare canzoni.»

Si tratta di «faccende oziose».

Ci sono poi quelli  che giungono ad esagerazioni, quelli che si chiamano ‘raffinati’, che «non mangiano e non bevono senza esibizionismo», che giungono ad un livello tale di fiacchezza che «da sè non sono in grado di sapere nemmeno se hanno fame.»

Come esempio estremo di questi ‘raffinati snervati’ Seneca riporta il caso di uno che «trasportato a braccia dal bagno sulla sedia» chiese: «Sono già seduto? - E tu pensi che costui, che non sa se è seduto sappia se vive, se vede, se è sfaccendato?»

Ci troviamo di fronte a persone che sono malate, o meglio con una denominazione memorabile senecana ‘semivivi’.

E precisa «E questo semivivo, che ha bisogno di chi gli suggerisca lo stato del suo corpo, come puó costui essere padrone anche di un solo momento del suo vivere ?»

Seneca nella categoria degli oziosi affaccendati, che dissipano la vita, che è già breve, mette anche gli eruditi, che passano il tempo su questioni secondarie e non utili dal punto di vista morale e umano, erudizione che Seneca fa derivare dal mondo greco, come una loro malattia.

Si tratta di conoscenze superflue.

E conclude questo passaggio del suo libro in questo modo «anche ammesso che gli eruditi dicano tutto in buona fede, che siano garanti di quanto scrivono, di chi codeste cose scemeranno gli errori? Di chi freneranno le passioni? Chi faranno più forte, più giusto, chi più generoso? Diceva il nostro Fabiano (Papirio Fabiano era un filosofo che Seneca apprezzava) di dubitare a volte se non fosse meglio non studiare affatto che impegolarsi in tali studi.»

Dopo aver descritto quelli che con un vivere troppo frenetico accorciano la loro esistenza, immersi, come sono, sempre nel presente, e gli oziosi che sciupano il breve tempo del vivere in occupazioni futili e inutili, Seneca passa a delineare gli uomini veramente liberi, che sanno usare nel modo giusto il loro tempo, breve, ma sufficiente, perché lo sfruttano pienamente e bene, come deve fare un essere umano degno di questo nome.

Curano e migliorano la propria vita, sia con la riflessione personale su se stessi, sia specialmente in dialogo con le grandi personalità del passato, che hanno creato e ci hanno lasciato in eredità preziosa un patrimonio immenso di opere e di riflessioni.

«Veramente liberi fra tutti sono solo quelli che dedicano il tempo alla saggezza (al sapere, alla riflessione), solo essi vivono.»

Essi sono attenti custodi della loro vita, ma anche di quelle del passato, così arricchiscono i loro anni con gli anni del passato, ampliano la loro vita, la loro memoria, rendono così piu intenso e lungo il loro esistere.

(I Grandi del passato), quei fari di luce, fondatori di sacre dottrine, sono nati per noi, hanno predisposto la vita per noi.

È la loro fatica a guidarci verso luminose conquiste, dissepolte dalle tenebre; non siamo esclusi da nessun secolo, a tutti abbiamo libero accesso, e se vogliamo evadere dalle angustie della debolezza umana con la grandezza dello spirito, è molto il tempo per cui spaziare. 

Ci è possibile disputare con Socrate, dubitare con Carneade, conquistare la tranquillità dell’animo con Epicuro, vincere le passioni e i limiti dell’animo con gli Stoici, oltrepassare la stessa natura umana con i Cinici.

Dato che la natura ci lascia condividere il possesso di ogni tempo, perché non elevarci con tutto l’animo da questo esiguo ed effimero volgere di tempo a quei pensieri che sono immensi, sono eterni, sono comuni a chi è migliore di noi?

Invece di andare in giro a destra e a manca, «non lasciando in pace né sé né gli altri», a bussare a varie porte, che non sempre si aprono, e con umiliazioni, prendiamo altri impegni, più importanti, più degni.

Diciamo con decisa franchezza che i veri, seri, utili impegni sono quelli di chi vorrà avere ogni giorno come molto familiari Zenone, Pitagora, Aristotele, Teofrasto e tutti gli altri sacerdoti e cultori del sapere filosofico e scientifico.

«Non ci sarà nessuno di loro che non avrà tempo per te, che, se ci vai, non ti farà tornare più beato e più innamorato del sapere, da nessuno te ne andrai a mani vuote; di notte, di giorno è possibile a tutti incontrarli.»

I libri dei grandi e sui grandi, insieme alla libera, sincera riflessione personale ed al vivere conseguente, non solo arricchiscono e rendono più beata la vita, ma la rendono, pur nella brevità, la più lunga possibile.

 

Il grande filosofo morale romano-universale si avvia a raggiungere uno dei passaggi più alti e indimenticabili del suo libro prezioso come pochi nella umana letteratura.

 

«Nessuno (dei sacerdoti della virtù) ti costringerà a morire, tutti te lo insegneranno; nessuno di loro consumerà i tuoi anni, anzi ti aggiungerà i suoi; di nessuno di loro saranno pericolosi i discorsi, funesta l’amicizia, dispendioso l’ossequio.

 

Otterrai da loro tutto quello che vorrai; non saranno loro a impedirti di attingere quanto più puoi contenere.

 

Che felicità, che bella vecchiaia attende chi si è fatto loro cliente !Avrà con chi discutere i più piccoli e i più grandi problemi, chi consultare su se stesso, da chi udire verità non umilianti, ricevere lodi non adulatorie, sul cui modello formarsi.»

 

Se per natura non possiamo sceglierci i genitori e la famiglia, con i libri e i grandi Maestri possiamo rinascere come vogliamo e sceglierci la famiglia che vogliamo.

 

«Esistono famiglie formate dagli ingegni più noti: scegli in quale vuoi essere adottato, non ne otterrai solo il nome, ma gli stessi beni, che non dovrai amministrare con avarizia e taccagneria: a più li distribuirai e più cresceranno. Saranno loro a darti la via per l’eternità e innalzarti in quel luogo, da dove nessuno è scacciato. È questo il solo modo di prolungare la condizione mortale, anzi di mutarla in immortale... Molto dunque si estende la vita del saggio, non è confinato negli stessi limiti degli altri: lui solo è libero dalle leggi dell’umanità, tutti i secoli obbediscono a lui come a un dio. Gli fa lunga la vita la concentrazione di tutti i tempi.»

 

Questi sono i veri miracoli prodotti dai libri, dal dialogo attento, lento, profondo, libero con i Grandi di tutti i tempi, quelli che scegliamo sentendoli vicini alla nostra sensibilità, al nostro animo.

 

 

 

 

 

Statistiche

Utenti registrati
136
Articoli
3167
Web Links
6
Visite agli articoli
15190975

(La registrazione degli utenti è riservata solo ai redattori) Visitatori on line

Abbiamo 756 visitatori e nessun utente online