Le grandi epidemie nella storia dell’umanità
Le epidemie hanno realizzato all'interno della specie umana la selezione degli individui meglio immunizzati: noi tutti discendiamo dai sopravvissuti. I grandi flagelli che portarono alla scomparsa improvvisa di migliaia di persone hanno origini lontanissime: furono raccontati nei geroglifici egiziani e in quelli cuneiformi della Mesopotamia, colpirono durante la guerra di Troia, le guerre condotte dal popolo d'Israele e nell'antica Cina. Ma è difficile definire la natura esatta di quelle epidemie dal momento che l’approccio clinico del tempo non era quello di oggi, le descrizioni dei sintomi non erano precise, e anche gli autori greci o latini avevano a disposizione solo termini molto generici come λοιμόϚ o pestis per designare queste devastanti febbri virali. Il millennio del Medioevo fu segnato da tre specie di epidemie: la peste, il vaiolo e la lebbra. Nel 541 la peste di Giustiniano fece in due anni circa 25 milioni di morti tra Europa e Mediterraneo, diffondendosi a macchia d’olio nei territori dell’Impero bizantino. Ma alcuni studiosi, non considerando attendibili le precedenti fonti storiche, hanno ritenuto che le epidemie verificatesi prima del 1347 non siano state in realtà di peste, ma di altre malattie infettive. La prima conclamata epidemia di “Morte Nera” fu tra il 1347 e il 1352 e causò in Europa la perdita di venti milioni di persone, infettando la Russia, la Scandinavia e tutti i Paesi del Mediterraneo. Il nome le fu attribuito per via delle macchie nere che comparivano sulla pelle dei malati: si trattava di piccole placche cancrenose che si formavano intorno alle punture delle pulci che iniettavano nell'organismo il germe letale dando origine a dei bubboni. Da lì la classificazione di “peste bubbonica”. Ma, se il malato veniva contaminato da particelle di muco o saliva di un appestato, poteva anche contrarre la “peste polmonare” in grado di condurlo alla morte nel giro di poche ore. Da allora la “Morte Nera” infierì sull'Europa per quattrocento anni esercitando la sua furia periodicamente, placandosi in una zona per ricominciare altrove. Nel 1496 la scoperta del Nuovo Mondo da parte dell'Europa portò in America anche i germi dei conquistatori: il morbillo, il vaiolo, e anche i banali microbi dei loro raffreddori e delle loro infezioni polmonari provocarono un'ecatombe, perché gli autoctoni non godevano di alcuna forma di immunità nei confronti di questi virus. Nell’ultimo decennio del XV secolo i Francesi, con i loro spostamenti da e per Napoli, dove incontravano gli Spagnoli di ritorno dalle Indie Occidentali, diffusero in Europa la sifilide che assunse rapidamente un carattere epidemico, colpendo tutte le classi sociali di tutti i paesi. Nelle città del Nord Italia la peste, intorno al XVI secolo, si ripropose ogni due anni e dopo la grande epidemia del 1528, mediamente ogni quattro fino al 1550. Nel XVII secolo l'Europa non conobbe nuove malattie, ma si presentarono con maggior virulenza le epidemie già note. La peste fu particolarmente grave nelle grandi città dell'Italia e dell'Inghilterra: Londra, Napoli, Venezia e Milano. Le epidemie furono aggravate dalla guerre che diffusero in Europa anche il tifo esantematico, il vaiolo e la malaria. Fu durante questo periodo che comparve la figura del medico della peste che assunse il compito di assistere i moribondi. Nel XVIII secolo le campagne occidentali vennero periodicamente colpite da morbillo, rosolia, scarlattina, dissenteria, febbri tifoidi, difterite: tutte malattie ulteriormente aggravate dalle carestie.L'intensificarsi del commercio marittimo, delle guerre per mare e della tratta dei Negri seminò per il mondo la febbre gialla, o vomito nero, che si manifestò per l’ultima volta a Tolone nel 1821. Nel XIX secolo imperversarono il colera e la tubercolosi. Nel XX secolo, l’enorme crescita della popolazione mondiale e lo sviluppo dei mezzi di trasporto moderni, permisero anche ai virus di viaggiare rapidamente da una parte all’altra del pianeta. La “Spagnola” fu la madre di tutte le pandemie nel Novecento perché gli effetti devastanti furono aggravati dalla concomitanza con la Prima guerra mondiale. Fu chiamata “Spagnola” perché le sue prime notizie furono riportate dai giornali della Spagna che, non essendo coinvolta nel conflitto mondiale, non era soggetta alla censura di guerra. Il virus contagiò mezzo miliardo di persone uccidendone almeno 25 milioni. Solo in Italia si registrarono 400.000 decessi Nel 1957 tornò la paura del contagio con la cosiddetta influenza “Asiatica”, un virus isolato per la prima volta in Cina. In tempi record venne messo a punto un vaccino che permise di frenare e poi di spegnere del tutto la pandemia, dichiarata conclusa nel 1960. Nel frattempo, però, erano morte due milioni di persone. Nel 1969 fu la volta dell'influenza Spaziale l'epidemia meno letale del Ventesimo secolo, nonostante i 20 mila decessi causati in Italia e due milioni in tutto il mondo. Nel nuovo millennio il primo allarme mondiale è scattato nel 2003 per la “Sars”, acronimo di “Sindrome acuta respiratoria grave”, una forma atipica di polmonite apparsa per la prima volta nel novembre 2002 nella provincia del Guangdong in Cina. In un anno la Sars ha ucciso 800 persone e pertanto per la limitata estensione del contagio è stata classificata come epidemia e non pandemia. Fin dal Medioevo, alcuni medici arabi ritenevano che, per dar luogo a un'epidemia, fosse necessario che degli animali microscopici, degli 'spiriti' sottili, potessero passare da una persona all'altra, e che in questo modo il malato contagiasse il suo vicino. Prima ancora di conoscere la reale natura di una epidemia le autorità cittadine prendevano dei provvedimenti allo scopo di impedire, almeno per un certo periodo, che i malati o i sospetti tali contagiassero le persone sane. La prima quarantena fu imposta a Ragusa nel 1377 agli stranieri provenienti dall'Oriente, sia per via di terra che per mare. Questi provvedimenti amministrativi, insieme con il miglioramento del livello di vita e dell'igiene personale, hanno avuto una sicura efficacia profilattica, almeno per una parte dell'umanità. Da cento anni si sono poi aggiunti i benefici della medicina sperimentale, i vaccini derivati dal progresso delle nostre conoscenze biologiche. L'uomo dispone di una ventina di vaccini che immunizzano contro le malattie intere popolazioni, ma ci vorrà ancora del tempo per prevenire le epidemie dovute a specie più complesse poiché esistono virus tanto mutevoli e vari, che possono essersi già trasformati prima che sia pronto il vaccino. A cento anni di distanza prima pandemia dell’era moderna, la “Spagnola”, oggi il mondo sta combattendo contro un nemico invisibile e letale, il Coronavirus, COVID-19, che dalla città di Wuhan in Cina si è diffuso in tutto il mondo e sta mietendo migliaia di vittime. Così come l’influenza spagnola, la morte sopraggiunge spesso a causa della polmonite. Le persone più deboli di salute e con difese più compromesse, come gli anziani, sono più suscettibili alle infezioni che possono causare la polmonite letale. Ma in ogni caso nessuno è immune e pertanto nessun Paese può sperare di non essere colpito. E intanto tre milioni di persone vivono isolate. Le maschere, i divieti di assembramento e le limitazioni negli spostamenti rappresentano la linea di difesa più diffusa. Il Coronavirus verrà ricordato nella storia come la peste polmonare nell’era dei social.
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