Medico della Peste, il curatore vagante nella notte dei tempi
L'abito fu ideato dalla mentalità geniale di Charles de Lorme, medico di Luigi XIII, che prese ispirazione dalle armature dei soldati. Esso era caratterizzato da una lunga tunica nera in tela cerata e un pronunciato becco di fronte a bocca e naso. La sua forma definitiva fu assunta verso l’inizio del XVII secolo. La caratteristica maschera a becco del medico della peste aveva al suo interno inseriti fiori secchi, lavanda, timo, mirra, ambra, foglie di menta, canfora, chiodi di garofano, aglio e spugne imbevute di aceto, tutti quelli elementi i quali avrebbero dovuto ridurre al minimo il rischio di contagio attraverso la respirazione dei fari rumori del corpo. A quei tempi le malattie si trasmettevano perlopiù a causa dello squilibrio proprio fra i vari umori del corpo: sangue, flegma, bile gialla e bile nera. A causa di essi combinati ad eventi come eruzioni, congiunzioni astrali, inalazione di aria proveniente da corpi in putrefazione, acque paludose o simili, gli antichi credevano che le malattie riuscissero ad attecchire completamente nel corpo umano.
I medici della peste furono perlopiù dei semplici dipendenti pubblici assunti qualora in una città o paese, la pestilenza colpiva la popolazione. Il loro compito era quello di alleviare i sintomi della pestilenza ed annotare le ultime volontà dei loro pazienti ed infine compilare il registro funebre. Inoltre i medici della peste assunsero anche il compito di trasmettere la memoria storica degli eventi, ricordando alla città cosa era accaduto durante intera l’epidemia. Tra i vari medici che hanno operato durante la pestilenza, abbiamo la celebre figura di Giovanni Ventura, il quale viene ricordato per aver fatto uso di buone maniere, di essere stato amichevole e cordiale, ma soprattutto di aver affrontato le epidemie sempre in maniera coraggiosa e consapevole, così come prevedeva l’allora codice deontologico. |
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