Bisanzio e la corruzione del “Palation”
Il ruolo accresciuto, negli affari pubblici, del “palazzo”, espressione dell’entourage imperiale, prese da subito delle forme che fecero di esso se non un’istituzione, almeno un’istanza del potere. Il palation era il vero crocicchio del potere. Questo mondo era custodito dalle guardie “pretoriane” navali e terrestri composte da Romani, ma anche e soprattutto da stranieri, particolarmente i nordici, che si costituirono come un gruppo etnicamente omogeneo . Il profitto legale e illegale che essi trassero dal loro servizio e dalla loro attività li posero, agli occhi dei Bizantini , come beneficiari e protetti dell’Impero , scatenando gelosie, amarezza e rancori. E’ così spiegabile anche la nascita di sentimenti xenofobi. In questo mondo “dorato”, ristretto e privilegiato del palation stavano le élites amministrative e le autorità ecclesiastiche della capitale. Esso formava una minisocietà ove ciascun imperatore introduceva i suoi fedeli e i suoi clienti, scelti per i loro legami con la persona imperiale e qualche volta per la loro competenza. La “costantinopolizzazione” comportava anche il cambiamento di mentalità dei discendenti delle grandi famiglie provinciali che si imborghesivano e urbanizzavano. Si formò, dunque, un nuovo gruppo sociale. L’importanza che acquistò l’amministrazione civile a Costantinopoli, ma anche e soprattutto nelle province, spiegabile per lo sforzo di generalizzazione della fiscalizzazione di obblighi e imposizioni, fece sì che la burocrazia, l’avvocatura e la magistratura trovassero un posto invidiabile nella società bizantina. Esse divennero dei luoghi di incontro di persone la cui competenza , segnatamente la loro formazione giuridica , coronamento di studi interessati , condusse a delle alte funzioni amministrative e questo, spesso, indipendentemente dalla risonanza delle loro famiglie e dall’importanza della loro fortuna . L’entourage imperiale e i gestori dell’amministrazione furono dunque due gruppi aperti al reclutamento di gente venuta da tutti gli orizzonti, e ciò provocò il movimento di élites provinciali verso la capitale. Entrambi i gruppi costituirono formazioni non istituzionalizzate, parastatali e parallele , le persone che le formarono furono attirate dall’esercizio del potere e animate dal desiderio di potenza. Perciò essi si disputarono e spartirono la gestione degli affari pubblici, fonte di rapido arricchimento. Ma le nuove fortune erano meno solide delle precedenti che si fondavano sulla terra e presentavano dei rischi non solo per la morale pubblica , ma soprattutto per l’economia dell’Impero. La Chiesa ufficiale si presentò, almeno per quel che concerne il reclutamento dei suoi quadri, come subordinata al politikon genos. Il popolo non aveva ancora una propria “coscienza” sociale e politica , e veniva manipolato a fini che gli erano estranei. Gli attentati contro la macchina statale, intrighi , corruzione , incapacità , favoritismo, le sedizioni aperte finirono per rendere questo apparato inoperante e compromettere Costantinopoli agli occhi delle province , che cercarono soluzioni in vie non più conformi agli interessi della capitale e alla coesione dello Stato. Gli intrighi che dominarono a Costantinopoli produssero un sentimento di insicurezza e di malessere al quale ciascuno tentò di fuggire a suo modo. Tutti cominciarono a dubitare della solidità della società costantinopolitana, sentimento che condusse a ricercare un ambiente rassicurante che potesse placare le angosce quando il sentimento morale e religioso sembrava sfumare. Le province si difesero da Costantinopoli creandosi degli alti “patronati” presso il palazzo imperiale . Da una parte Costantinopoli voleva incassare le entrate fiscali e, non disponendo più della struttura militare garante del buon funzionamento del fisco, utilizzò il servizio di intermediari, dall’altra le popolazioni provinciali cercarono di difendersi raggruppandosi intorno a personalità locali notevoli, capaci di procurare loro mezzi di vita e protezione. Nelle province si formarono partiti bizantini e antibizantini.
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