Eleonora de Fonseca Pimentel, ricordandoti

I Pittagorici di Vincenzo Monti e Giovanni Paisiello

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La memoria dei Martiri del 1799 combattuta e rimossa dai Borbone nel più feroce e infame dei modi, ebbe una prima ripresa, quando nel 1806 di fronte alla seconda discesa dei Francesi con Giuseppe Napoleone, essi scapparono di nuovo vilmente in Sicilia.

Ebbe inizio da allora quel decennio (1806-1815) che vide una prima “modernizzazione” del Mezzogiorno continentale.

Tra le riforme francesi fu abolito il regime feudale di origine medievale e mantenuto ancora dai Borbone, con l’affermazione dell’eguaglianza di tutti di fronte alla legge. Furono istituiti i Tribunali provinciali  e lo Stato Civile che rese l’ufficio del matrimonio non più di esclusiva competenza della Chiesa,

Tra le varie iniziative intese a richiamare analiticamente la memoria collettiva, ci fu il dramma di Vincenzo Monti “I Pittagorici”, composto da un solo atto che venne rappresentato nel Real Teatro di San Carlo il giorno 19 di marzo 1808.

 

La scena si svolgeva a  Crotone nel celebre Liceo Pittagorico. La musica fu composta dal Maestro Giovanni Paisiello, notissimo in Italia e in Europa.

Il titolo del dramma richiamava la più famosa scuola filosofica antica presocratica, legata al nome del fondatore greco Pitagora. Essa fiorì in modo singolare nel Mezzogiorno d’Italia, allora chiamata ‘Magna Grecia’, con comunità che erano sodalizi di sapienti dediti alla ricerca scientifica, in particolare matematica ed astronomia.

La finalità era di coltivare virtù morali e civili, anche attraverso l’impegno politico, esempio per Monti dei memorabili intellettuali napoletani Martiri del 1799.

Le comunità pitagoriche più famose si ebbero in Calabria e Puglia.

Nell’introduzione, datata Napoli, 24 gennaio 1808, l’autore  si scusava col sovrano francese  sia per la malferma salute, che per il timore di non essere all’altezza.

«Alla Maestà di Giuseppe Napoleone re di Napoli e di Sicilia. Sire, presento alla Maestà vostra l’azione drammatica che mi fu comandato di scrivere, allorchè in Napoli si sperava che la Maestà Imperiale e Regale dell’Augusto vostro fratello (Napoleone Bonaparte) avrebbe onorato della sua presenza queste rive.»

Nelle “Notizie storiche” è forte il richiamo alla vicenda del 1799.

«Nello sviluppo dell’azione sotto l’immagine di antichi fatti si sono adombrati i lagrimevoli avvenimenti che colla perdita di molti illustri uomini della Nazione funestarono il regno di Napoli nell’infelice epoca del 1799. E nella liberazione dei Pittagorici ognuno, io spero, ravviserà i fortunati politici cangiamenti che posteriormente accaduti con esultanza di tutti i buoni han posto fine alle dolorose vicende di questo Regno […]

Il siculo tiranno, l’empio Dionigi (storicamente il sanguinario sovrano borbonico Ferdinando IV, scappato in Sicilia a fine 1798 sulla nave inglese di Nelson) a desolar ritorna la sventurata Enotria; e lo soccorre d’oro e navi potente e di delitti la perfida Cartago (l’Inghilterra di Nelson). Il mar di vele congiurate è coperto. Inique torme di feroci ladroni al carnefice tolti e alle catene (i briganti e gli assassini liberati dalle carceri assoldati dal cardinale Ruffo, che aiutarono gli inglesi, che furono i veri artefici della caduta della Repubblica insieme a truppe russe e turche) portando la strage su le nostre arene.

Cadde l’alta Caulonia, cadde l’inclita Locri. Il ferro, il foco strugge i paesi. L’inimica rabbia cerca i petti piu giusti. Altri è trafitto dagli armati ribaldi. Altri è sbranato dalla compra vil plebe; ed altri, oh Dio, da patibolo infame sollevato e pendente spira in mano dei rei l’alma innocente...Il nome degli infelici?

Chi puó dirli tutti...anime tutte pellegrine ed eccelse”. Monti si sofferma in particolare sul Martire ammiraglio Caracciolo, dopo aver richiamato Domenico Cirillo e Mario Pagano “Ahi dove stavi o Giustizia di Dio, quando sospeso dalla punica (inglese) antenna fu l’inclito Agesarco (l’ammiraglio napoletano Francesco Caracciolo, impiccato dall’infame e invidioso Nelson all’albero della sua nave)?

Al fatal nodo porse il collo l’Eroe con quella fronte che con i nemici fulminava avvolto nei marittimi assalti.

Alta da lungi videro le rive spaventate al vento ondeggiar la gran salma; e ne piangeva mesto il ciel e d’orror l’onda fremeva. La generosa vita tronca da laccio infame all’onda inorridita diè senso di pietà. E a te, Re stolto e barbaro (Ferdinando IV), fu quell’illustre vittima cagion di gioia e stimolo di nuova crudeltà. Atroce fatto ! E tutta da questo solo impara la punica (inglese) barbarie e di Dionigi (Ferdinando IV) la feroce viltà.»

 

 

I Pittagorici -  Opera completa

 

 

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