Eleonora de Fonseca Pimentel, ricordandoti

Errori linguistici e concettuali nella storia della spiritualità

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Odo CaselLa superficialità nell’interpretazione di dati termini e soprattutto le differenze culturali e di mentalità fra diverse civiltà hanno contribuito spesso ad abissali errori concettuali ed al fraintendimento radicale d’intere filosofie. Un esempio famoso o famigerato è la traduzione del sanscrito nirvana quale “nulla”, ma i casi d’equivoci madornali si sprecherebbero.

Venendo all’Europa, uno sbaglio colossale e che si è iniziato a correggere solo recentemente è la traduzione del medievale mysterium, che nel Medioevo indicava abitualmente non un “mistero” nel senso di enigma, segreto, fenomeno inconoscibile, bensì la manifestazione di una realtà trascendente, ovvero un rituale che apriva ad una teofania.

I mysteria erano all’incirca ciò che, soltanto dal Vaticano II, si è iniziato a definire liturgia ricorrendo ad un altro grecismo (che però in epoca classica significava tutt’altra cosa) tuttavia con alcune differenze sostanziali.

Il mutamento, o meglio la serie di graduali, inavvertiti mutamenti sopravvenuti nei secoli nel pensiero filosofico e nella mentalità comune inoltre rendono difficili da cogliere le diversità fra ciò che era un mysterium nell’Alto Medioevo ed un “atto liturgico”.

Si è dovuto attendere Odo Casel, autore di molte opere nel periodo compreso fra le due guerre mondiali, per riportare alla luce l’interpretazione originaria e radicata nell’Antichità del concetto di mysterium.

Il Casel, monaco benedettino e teologo, colse nei culti misterici (appunto “Misteri”) greco-ellenistici il modello formante la dottrina sacramentale del cristianesimo mainstream, sia greco ed orientale, sia latino ed occidentale, sebbene poi in quest’ultimo il valore di mysterium sia andato incontro a modifiche sostanziali già nell’Alto Medioevo successivamente formalizzate ad opera della Scolastica.

Ambedue le forme rituali, sia quelli dei Misteri, sia la celebrazione eucaristica cristiana, sarebbero rievocazioni e ripetizioni degli atti soteriologici compiuti dal Salvatore (rispettivamente la divinità adorata nei culti misterici e Cristo), ciò che porterebbe ad una dimensione temporale che renderebbe i fedeli contemporanei e compartecipi dell’intera vicenda salvifica commemorata, dalle sue origini al presente, sino all’eschaton.1 

È degno di nota che i vocaboli derivati dal latino mysterium, come l’italiano “mistero” o l’inglese “mystery”, abbiano perso del tutto il valore semantico originario derivato dal greco μυστήριον per assumere quello di “segreto, occulto, nascosto, enigmatico”.

Il mysterium era divenuto ormai incomprensibile, appunto un “mistero”, anziché essere una ierofania del trascendente.

Ma un equivoco altrettanto grosso e sbagliato ha coinvolto il concetto d’intellectus, che nella spiritualità del Medioevo era l’equivale di spiritus, inteso quale terza facoltà umana accanto (o meglio sopra) alla mens/ratio (paragonabile con molta cautela al concetto di conscio) ed alla voluntas/adfectus (affine al concetto di cosiddetto inconscio). Invece generazioni di storici della filosofia l’hanno interpretato alla loro maniera, quindi quale un concetto astratto e teorico, non avendo nozione alcuna della valenza di spiritus, che è quasi totalmente dimenticata nel pensiero moderno e divenuta persino incomprensibile ai più.

La natura di gnosi (non nell’accezione ristretta del cosiddetto gnosticismo antico, ma quale conoscenza trascendente diretta e salvifica) rintracciabile in intere correnti della spiritualità medievale è stata pertanto obliata od erroneamente interpretata per lungo tempo.2

Nell’epocale, grossolano sbaglio caddero anche studiosi per il resto d’indubbio valore, come Etienne Gilson.3

D’altronde, la categoria stessa di filosofia, ossia il suo concetto, dalle origini elleniche sino all’Umanesimo rinascimentale comprendeva un fascio di valenze e significati che non escludevano di per sé ciò che oggigiorno è detta “mistica” oppure “spiritualità”. Questa separazione si viene formando nell’era moderna, mentre era estranea ad intere correnti filosofiche antiche (come il neoplatonismo) che erano ad ogni effetto delle soteriologie.4

Anche per questo un Hegel, nonostante la sua enciclopedica cultura filosofica, fraintese gravemente il pensiero di Giordano Bruno, semplicemente perché ignorava lo iato profondo esistente fra la speculazione dell’era moderna e quella dell’ars memoriae di cui l’opera bruniana fu l’ultima grande espressione.

La diversità è tanto ampia che oggigiorno, malgrado i molti ed eccellenti saggi sulla mnemotecnica, disciplina risalente sino all’Antichità, si è infine in grado di comprenderla teoricamente nella sua complessità, ma di fatta è inapplicata, se non quale pratica utilissima di memorizzazione ultrarapida, mentre sono abbandonati gli obiettivi più profondi di costruzione della personalità e di modellamento della psiche.

[Sulla distanza fra la filosofia rinascimentale e quella moderna si rinvia ad un celebre studio dell’allievo del grande storico Mircea Eliade, il prematuramente scomparso Ioan Petru Culianu.

Esso ha contenuti talora discutibili e controversi, ma è ricco di osservazioni di eccezionale originalità ed acume. È degno di nota che Culianu scriva come i figli della modernità fatichino (o non riescano proprio) a praticare l’ars memoriae perché non ne condividono più né i presupposti né i fini.5

Le differenze del modo di pensare e di essere sono spesso simili ad iceberg e risultano scarsamente percepibili, potendo condurre anche intelletti di prim’ordine ad errori marchiani. Il pensiero antico e medievale permane a tutt’oggi in buona misura ignoto, quale un tempio sommerso che si intravede confusamente.

 

 

 

Note

1. Su Odo Casel cfr. O. D. Santagada, Contributo monografico per una bibliografia generale delle sue opere, degli studi sulla sua dottrina e della sua influenza nella teologia contemporanea, in «Archiv für Liturgiewissenschaft», 10 (1967), pp. 1-78.

2. Sulla mistica neoplatonica cristiana si rimanda ai molti studi di Marco Vannini, come M. Vannini, Il volto del Dio nascosto, Milano 1999.

3. L’equivoco, con tutte le sue conseguenze, si rintraccia anche nel giustamente famoso manuale del Gilson: E. Gilson, La filosofia nel Medioevo. Dalle origini patristiche alla fine del XIV secolo, Firenze 1998.

4. Sull’origine del concetto di “mistica” impostosi nell’era moderna e poi trasmesso a quella contemporanea, il riferimento è anzitutto agli studi di Michel de Certeau. Cfr. M. De Certeau, Fabula mistica. La spiritualità religiosa tra il XVI e il XVII secolo, Bologna 1987.

5. Cfr. P. Culianu, Eros e magia nel Rinascimento: la congiunzione astrologica del 1484, Milano 1987.

 

 

 

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