Dalle origini del movimento operaio al fascismo. 1861 -1922

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L’apparato produttivo all’indomani dell’Unità d’Italia 

La rivoluzione industriale maturò nel nostro Paese tra l’ultimo decennio dell’Ottocento e il primo conflitto mondiale, in una fase in cui già si era andato formando un forte Partito Socialista guidato da Filippo Turati e si stavano consolidando le prime Camere del Lavoro.

Una contraddizione solo apparente perché il capitalismo italiano da tempo aveva dimostrato la sua vivacità con uno sviluppo industriale le cui radici risalivano alla seconda metà del Settecento.

Il problema vero era rappresentato da una crescita a macchia di leopardo, un fenomeno conosciuto anche da altri paesi più sviluppati del nostro. Se questa realtà era vera nel Nord del Paese, dove l’industrializzazione era indubbiamente più diffusa, con la conseguente nascita di un moderno movimento operaio capace di darsi prime forme di organizzazione attraverso le società di mutuo soccorso, fino a convocarsi in Congresso nell’ottobre del 1853 nella città di Asti, lo stesso si poteva dire, seppure in misura minore, del Mezzogiorno.

In alcuni casi il Sud era addirittura all’avanguardia, potendo vantare, al momento dell’unificazione, alcune note positive nei confronti di aree più industrializzate, almeno 52 - secondo altri addirittura 99 - nei più disparati campi delle diverse scienze e arti.

Nel settore di nostro interesse ci preme sottolineare alcuni considerevoli risultati dell’economia, come per esempio, la maggiore industria metalmeccanica e navalmeccanica e la prima flotta mercantile, seconda in Europa soltanto a quella inglese.

Per i primi due settori basterebbero citare Pietrarsa, piccola località tra Portici e San Giorgio a Cremano, dove nel 1840 era stato costruito il Real Opificio Meccanico e Pirotecnico, l’unica azienda in Italia in grado di costruire motrici navali e ad avere la tecnologia per realizzare binari ferroviari, Castellammare di Stabia, dove dal 1783 era sorto il primo cantiere navale d’Italia per grandezza con i suoi 1800 operai e Torre Annunziata dove dal 1758 fu istituita la Real Fabbrica d’armi voluta da Carlo di Borbone.

A Pietrarsa si consumò il primo eccidio proletario dello Stato Unitario, il 6 agosto 1863, quando quattro operai pagarono con la vita la difesa del posto di lavoro. Il più importante stabilimento borbonico era stato dismesso e venduto per pochi soldi allo speculatore Jacopo Bozza, che nel volgere di un solo anno aveva portato i dipendenti da 1050 a 458, a loro volta minacciati di nuovi e più pesanti licenziamenti.

La situazione precipitò nel pomeriggio di quel fatidico 6 agosto con gli operai in sciopero per il mancato pagamento del salario e la minaccia di ulteriori licenziamenti. Arrivarono i gendarmi, ci fu la carica, si sparò, si uccise.

Il fatto fu derubricato come una delle tante provocazioni filoborboniche, ancora forti in diverse parti del Mezzogiorno e i poveri operai non conobbero mai giustizia. Due mesi dopo seguirono altri 262 licenziamenti, ma stavolta non ci furono proteste.

Tra i pochi territori economicamente sviluppati dell’ex Regno di Napoli, l’area torrese stabiese rivestiva una particolare importanza con il suo piccolo triangolo industriale rappresentato da Castellammare di Stabia, Torre Annunziata e Gragnano, dov’erano concentrati i più antichi opifici metalmeccanici, siderurgici e dell’Arte Bianca, la cui tradizione risaliva al XVIII secolo, ai primordi della casa borbonica. Tra queste, Castellammare di Stabia era la più importante, sia dal punto di vista demografico, sia per la concentrazione d’attività produttive e non a caso riconosciuta capoluogo di Distretto e sede della Sottintendenza fin dal 1808.1

Il privilegio andò perduto soltanto nel 1926, quando il fascismo sciolse le sottoprefetture sostituendole con l’Alto Commissario per la Provincia di Napoli. Vanto cittadino era ed è sicuramente il Regio Cantiere, fondato nel 1783, da sempre il più importante del mediterraneo e la Regia Corderia, allora come oggi, unica in Italia, a sua volta fondata nel 1796.

Non meno importanti le presenze della storica stazione ferroviaria inaugurata il 31 luglio 1842, soltanto tre anni dopo la Napoli - Portici del 1839, e dello Stabilimento dei bagni ed acque termali, com’erano originariamente chiamate le Antiche Terme, sorte nel 1833, per distinguerle dalle Nuove Terme del Solaro, inaugurate nel luglio 1964.2

Facevano da corona altri cantieri navali minori, fondati prima del 1850, per costruire navi di legno di piccolo cabotaggio, una fitta rete di concerie, tintorie e tessiture risalenti al periodo francese, nel primo decennio dell’Ottocento e il Gasometro costituito nel 1865.

Di rilievo era l’Industria Conciaria di M. Bonnet, di Giuseppe Cascone sorta nel 1850, arrivando a superare il secolo di vita prima di chiudere definitivamente nel 1954, di Giuseppe Arienzo, nata nel 1903 e la Fabbrica di tessuti di Giacomo Maresca, fondata nel 1820 e i cui battenti furono chiusi nel 1938. Chiudiamo questa veloce passerella con la fabbrica di tessuti di Alfonso Caccavale sorta nel 1913 e in grado di occupare fino a 300 operai.3

Dopo l’unificazione, su iniziativa del francese Charles Finet, nel 1870, sorse l’Impresa Industriale Italiana di Costruzioni, affidata alla direzione dell’ingegnere Alfredo Cottrau (1839 – 1898).

Rilevata da Michelangelo Cattori nel marzo 1899, in seguito fu acquistata dalla Società Anonima Acciaierie e Ferriere Lombarde di Giorgio Falck (1866 – 1947), che trasformò l’antico stabilimento stabiese in Cantieri Metallurgici Italiani (CMI).

Nel 1893 fu fondato l’Opificio Meccanico e Fonderia Catello Coppola fu Antonio, ma le cui origini risalgono, in realtà, intorno al 1881, quando i Coppola avviarono una modesta fonderia di ghisa e bronzo. L'azienda, dopo varie e successive trasformazioni, assunse il nome tuttora conservato di AVIS.

Nel 1884, Francesco Cirio (1836 – 1900) aprì nella città stabiese, dopo difficoltose trattative con l’amministrazione comunale, il primo stabilimento meridionale delle sue famose conserve alimentari.

Lo stesso Francesco, tra il 1890 e il 1892, ebbe in gestione lo stabilimento delle Terme pagando un canone annuo di 50mila lire.

Di rilievo era la Segheria a vapore Domenico Rosa Rosa, attività iniziata come piccolo deposito di legnami sul porto verso la fine dell’Ottocento, arrivando poi a occupare oltre cinquanta dipendenti all’inizio del nuovo secolo, più di cento nei decenni successivi, fino a quando non si trasferì a Napoli negli anni Sessanta. L’azienda cessò definitivamente la sua attività nel 1986, travolta dalla crisi che colpì il settore del legno all’indomani del terremoto del 23 novembre 1980.

Nei primi decenni del Novecento seguirono i Magazzini Generali, sorti intorno al 1910, il Saponificio Filosa nel 1913, il Lavatorio Lanario Meridionale, meglio conosciuto come Lanificio Brancaccio, fondato nel 1920, primo nel Meridione e unico in Italia per lo speciale sistema di macchinario brevettato per attuare la sgrossatura mantenendo la completa conservazione del vello delle lane dei materassi, la Cartiera Pasquale e Alessandro Cascone nel 1928 occupando fino a 125 dipendenti e la Calce e Cementi di Segni nel 1935.

Non mancavano diversi molini e pastifici la cui occupazione complessiva si aggirava intorno alle 600 unità, varie industrie di legnami, oleifici e altre fabbriche minori.4

L’importanza della Città delle Acque era confermata dalla presenza di rappresentanze consolari di grandi stati europei e di oltre oceano – Austria, Danimarca, Francia, Gran Bretagna, Grecia, Portogallo, Russia, Spagna, Turchia, Paraguay e Stati Uniti -  a Castellammare dai primi decenni dell’Ottocento e rimasti fino alla vigilia della seconda guerra mondiale e di una filiale della Banca d’Italia la cui permanenza ha attraversato settant’anni di storia del glorioso istituto, dall’ultimo decennio dell’800 all’inizio degli anni sessanta.

Un’importanza, questa, che fu suggellata dal soggiorno di personaggi di fama nazionale e internazionale, poeti, scrittori, artisti, re, principi, nobili e uomini politici di prima grandezza, da Wolfang Goethe a Walter Scott, da Herman Melville ad Alessandro Dumas, fino a Gustave Flaubert.

E tra i personaggi celebri italiani, che spesso e volentieri soggiornarono a Castellammare, ricordiamo Matilde Serao, Edoardo Scarfoglio, Vittoria Aganoor, Alfredo Panzini, che a Castellammare insegnò, ancora giovanissimo, intorno al 1886, il conterraneo Michele Prisco e Gabriele D’Annunzio.

Prime lotte operaie e fondazione sezione della I Internazionale nel 1869       

Bisogna attendere il 1864 per il primo congresso delle Società di Mutuo Soccorso a sud di Roma che si celebrò a Napoli dal 25 al 27 ottobre con la partecipazione di cinquantasette associazioni, di cui solo dodici erano del napoletano.

Un mese prima, il 28 settembre, a Londra era nata una nuova associazione destinata ben presto a scalzare quella del mutuo soccorso per la sua carica dirompente e capacità di rappresentanza del movimento operaio, la I Internazionale.5

Intanto non si aspettavano organizzazioni di sorta perché si facesse sentire la necessità di incrociare le braccia per difendere i propri diritti.

A Castellammare di Stabia le prime lotte operaie iniziarono all’indomani dell’unificazione italiana, con il crollo delle barriere doganali e la fine del protezionismo, eretto dall’ex Regno di Napoli a difesa del giovane e ancora fragile apparato industriale.

Tutto cominciò all’indomani dell’Unità d’Italia, quando negli ultimi giorni di dicembre del 1860 ci furono violenti tumulti nella città stabiese, a Torre Annunziata e a Torre del Greco per l’improvviso aumento dei beni di prima necessità, a gennaio fu chiuso momentaneamente il cantiere navale, provocando nuove proteste e in febbraio arrivarono i primi 400 licenziamenti, causati dall’eccesso di manodopera impegnata dai Borboni per la costruzione delle navi.

Per settimane le strade si riempirono di una folla inferocita, provocando gravi disordini e tenendo duramente impegnate le forze dell’ordine. La sommossa iniziata il 20 febbraio si esaurì con l’arresto di 250 operai accusati di complottare contro la politica unitaria del nuovo sovrano.

Nel 1862 nasceva il primo tentativo di difesa tramite la costituzione di una Società di Mutuo Soccorso, detta delle Maestranze del Real Cantiere. Ma contro la crisi incombente poco si poteva e anno nero si rivelò il 1865, quando altri 541 operai persero il posto di lavoro, tra aprile e luglio, senza provocare particolari incidenti, grazie all’abilità del sottoprefetto Achille Serpieri (1828 – 1887), un efficiente funzionario originario di Rimini, in grado di attutire il colpo con la sistemazione degli esuberi nelle diverse imprese della zona impegnate in lavori pubblici.6

I continui licenziamenti portarono gli arsenalotti stabiesi a stringere un patto d’alleanza con i loro compagni dell’Arsenale di Napoli, da tempo in fibrillazione a seguito della notizia del pericolo di chiusura di entrambi gli stabilimenti, a favore della realizzazione di un nuovo arsenale a Taranto.

Questo primo tentativo d’associazione operaia, sorto nel gennaio 1867, non brillò di luce particolare, ma l’esperienza vissuta e il pericolo scampato servì due anni più tardi, quando, nel gennaio 1869, sotto l’influenza anarchica del rivoluzionario russo, Michele Bakunin (1814 – 1876), sorse, a Napoli, la prima sezione meridionale dell’Internazionale.

Castellammare la seguì alcuni mesi dopo, su iniziativa degli arsenalotti del Regio Cantiere, inaugurando la sua sezione nei primi giorni di novembre con oltre 500 iscritti grazie al coraggio del capomastro Luigi Maresca, noto rivoluzionario e pochi altri come Vincenzo Carrese, padre di Pietro, futuro rivoluzionario e sindaco della città, Gaetano Pesante e Gioacchino Citarella (1849 – 1896), secondo un rapporto del 9 novembre 1869 redatto da Alessandro Righetti, Sottoprefetto del Circondario di Castellammare dal 1867 al 1874.7

La sezione stabiese della Prima Internazionale non ebbe vita facile. Privata del suo capo più importante, trasferito forzatamente e senza indugi a Venezia, su richiesta delle autorità di polizia, sottoposta a continui controlli dalla sottoprefettura, immediatamente resasi conto della pericolosità di questa nuova associazione, alla fine fu travolta dagli eventi e dalla repressione, portandola a chiudere nel febbraio 1870 con la sezione partenopea.

Quella napoletana riaprì alcuni mesi dopo, grazie allo sforzo organizzativo di Carlo Cafiero (1846 – 1892), il maggiore esponente dell’Internazionale in Italia, mentre la sezione stabiese non trovò più la forza per ricominciare, ma l’esperienza vissuta non morì.

Non a caso, ancora negli anni successivi, Castellammare era considerata dalla polizia politica un centro nevralgico degli anarchici.8

Questi erano impegnati, a livello nazionale, in un utopistico, tentativo insurrezionale, progettato per i primi giorni d’agosto del 1874. Il piano fallì prima ancora di essere messo in atto, con l’arresto di tutti i suoi capi, tra cui il rivoluzionario romagnolo, Andrea Costa (1851 – 1910), il primo socialista eletto in parlamento nel 1882.  

Bisognò attendere il 1890 per vedere in parlamento il primo socialista meridionale, nella persona di Pietro Casilli (1848 – 1913), eletto nel collegio della Vicaria.

Imprenditore ambiguo ma a suo modo generoso, molto popolare, fu rieletto nel 1892 e nelle elezioni suppletive del 1895.

Ci provò ancora negli anni successivi senza molta fortuna. Secondo alcuni il primo, vero deputato socialista è da ritenersi il salernitano Enrico De Marinis (1863 – 1919), eletto per la prima volta nelle elezioni politiche del 26 maggio 1895, perché iscritto al Partito, mentre Casilli, inizialmente repubblicano e radical socialista aderì formalmente al Psi soltanto in seguito alla sua rielezione nelle suppletive tenutesi nel luglio del 1896.

In realtà entrambi erano socialisti anomali e poco propensi alla disciplina del Partito, non a caso De Marinis, avvocato, professore di Filosofia del Diritto, massone dal 1888, non esitò ad accettare l’incarico di Ministro della Pubblica Istruzione nel 1906, nel secondo Governo dell’ex garibaldino di Forlì, poi acceso monarchico, Alessandro Fortis (1841 – 1909).

Altri scioperi nella Città delle Acque risalgono al 1881, quando un gruppo di panettieri incrociò le braccia chiedendo un aumento salariale e protestando contro le sedici ore di lavoro cui erano obbligati.

Due mesi dopo, nell’afa d’agosto, furono ottanta pastai a scioperare, senza ottenere nulla.

Ancora una lunga pausa, durata cinque anni, quando nel 1886, toccò a cinquanta panettieri protestare contro le troppe ore di lavoro e di chiedere, senza averlo, un aumento della paga.

Un’associazione di ventidue macellai nel 1891 abbassò le saracinesche dei propri negozi chiedendo all’amministrazione comunale la modifica della tariffa daziaria, ritenuta troppo elevata rispetto ai loro scarsi guadagni.

In questo caso non fu una  protesta di lavoratori dipendenti, ma la serrata, non rara a quei tempi, di bottegai, piccoli negozianti dallo scarso guadagno oppressi da tasse comunali, spesso troppo onerose.

Nell’insieme furono piccoli focolai fini a se stessi, senza nessuna strategia, nessun respiro rivoluzionario, solo corporativismi da difendere ma che non destarono preoccupazione per le autorità costituite.

In questi anni di fine Ottocento, tutto sommato, la vita sociale sembrava scorrere tranquilla, tra associazioni di Mutuo Soccorso, in gran parte gestite dagli stessi imprenditori come forma di controllo politico – il mutualismo borghese – come lo definisce Stefano Merli nella sua documentata storia sul Proletariato di fabbrica e circoli repubblicani, il cui massimo impegno rivoluzionario era di commemorare gli anniversari dell’eroe dei Due Mondi e di Giuseppe Mazzini (1805 – 1872), uscendo in corteo per le strade cittadine, sventolando qualche bandiera, intonando inni risorgimentali e chiudendo la giornata in qualche osteria.

Nella vicina Torre Annunziata, invece, era presente dall’inizio degli anni Novanta un nutrito e agguerrito gruppo socialista capace di aprire il primo circolo socialista del circondario nel 1894, forte di oltre sessanta iscritti e di esprimere un candidato, con il molisano Luigi Alfani (1866 – 1942), nelle elezioni politiche del 26 maggio 1895, l’avvocato Angelo D’Ambrosio nel marzo 1897 e Giovanni Bergamasco (1863 – 1943) nel 1900, di formare prime Leghe di Resistenza di pastai e panettieri, arrivando a sfidare le forze dell’ordine con prime manifestazioni e scioperi, ad eleggere un consigliere comunale nel 1900, fino a fondare, il 1° marzo 1901, la seconda Camera del Lavoro della Campania, dopo quella del capoluogo regionale, sorta il 6 gennaio 1894.9

La forza della nascente organizzazione sindacale si espresse da subito con una serie di scioperi generali proclamati dai mugnai e pastai, portando la Camera del Lavoro torrese ad essere riconosciuta come una delle più forti del Mezzogiorno e tra le più ammirate in Italia per la combattività delle sue leghe, la capacità di resistenza e le conquiste ottenute.

Non a caso le vicende della Camera del Lavoro di Torre Annunziata trovarono, fin dai suoi inizi, ampio spazio sulla stampa regionale e sul quotidiano nazionale dei socialisti, l'Avanti!

A Castellammare, purtroppo, prima del nuovo secolo, se si esclude un Circolo di studi sociali sorto nel 1897, dietro cui si nascondeva un primo tentativo d’organizzazione socialista, nonostante l’antica tradizione internazionalista e anarchica, non erano ancora maturi i tempi per la nascita né di un’organizzazione politica, né sindacale.10

Eppure nel 1891 non mancò, da parte dei pochi socialisti presenti nella Città delle Acque, un tentativo di sensibilizzare la classe operaia stabiese a partecipare alla neonata festa del primo maggio, una manifestazione nata a Parigi il 20 luglio 1889 nel corso del Congresso tenuto dalla Seconda Internazionale come giornata di lotta a sostegno della richiesta di ridurre la giornata lavorativa ad otto ore.

La prima manifestazione di questa nuova Festa dei lavoratori si tenne in tutto il mondo nel 1890, con larga partecipazione dei lavoratori, provocando cariche della polizia, arresti, feriti e morti. Napoli fece la sua parte e numerosi furono gli arresti tra operai e studenti.11

 

Il primo tentativo di costituire una Camera del Lavoro nel 1903

Dal 1887 operava a Castellammare un Circolo della Gioventù Democratica intitolato a Mauro Macchi, un patriota risorgimentale inizialmente seguace di Mazzini, poi allontanatosi dalle sue idee perché ritenute troppo estremiste.

Il circolo si rivelò una fucina di giovani liberali di sinistra, poi in gran parte traslati nel Circolo repubblicano Aurelio Saffi, sorto per iniziativa di Rodolfo Rispoli.

Figlio di un sottoprefetto, Rispoli era nato a Campagna, in provincia di Salerno, il 2 novembre del 1863 e con la famiglia si era trasferito a Castellammare di Stabia nel 1876.

Studente in giurisprudenza a Napoli, aveva qui aderito al Partito Repubblicano fin dal 1883, arrivando ad essere uno dei promotori del circolo Giordano Bruno nel 1886.

A Castellammare fu quindi, all’inizio degli anni Novanta, uno dei fondatori del circolo repubblicano, trascinando con sé il nucleo della gioventù democratica, dove era emerso Catello Langella (1871 – 1947), universitario, figlio di un operaio del Regio Cantiere.

Con lui Nicola Scognamiglio, Luigi Fusco (1877 - ?), Vincenzo De Rosa (1874 - ?), Vincenzo Castello Crescenzo (1870 - ?) e meno giovani come Salvatore Formicola (1855 – 1915), Raffaele Gaeta (1861 - ?) e pochi altri.12

Tra loro, alcuni cominciarono a provare il brivido dello scontro politico candidandosi alle amministrative in una lista composta da liberali democratici guidata da Catello Fusco (1839 - 1904), non avendo la forza di scendere in campo sotto le proprie insegne repubblicane.

Intanto maturavano idee sempre più rivoluzionarie fino a decidersi di fare il grande passo promuovendo un Circolo di Studi Sociali, assumendo una serie di iniziative tese a propagandare le idee marxiste.

Dall’ottobre 1897, Langella divenne corrispondente dell’Avanti! ufficializzando in questo modo il suo definitivo passaggio al socialismo.

Il 5 luglio 1896 vi erano state le elezioni amministrative, tra le liste partecipanti vi fu quella dell’Associazione Operaia Liberale capitanata da Catello Fusco e dai suoi nipoti Ernesto e Nicola, figli di suo fratello Casimiro già sindaco della città nel 1877, che avevano visto la clamorosa elezione di Nicola Scognamiglio, candidato in una lista liberale, ma ora di fatto, il primo consigliere comunale socialista eletto a Castellammare di Stabia.

L’amministrazione non ebbe vita lunga, ma le successive elezioni del 21 novembre 1897 riconfermarono il consigliere, ora socialista, con 483 preferenze, seppure all’opposizione per la sconfitta della sua lista.

Ex monarchico, poi repubblicano, infine socialista, Nicola Scognamiglio, giovane professore di lettere in una scuola tecnica privata, si pentì ben presto della sua breve milizia nel partito di Turati. Coinvolto nei moti popolari del maggio 1898, fu condannato a sei mesi di carcere, uscendone fisicamente e moralmente distrutto.14

Con lui furono condannati, quali istigatori dei disordini del 1° maggio, Catello Langella ad un anno di carcere, mentre Luigi Fusco, Vincenzo De Rosa e Salvatore Formicola, nativo di Resina, l’odierna Ercolano, ma residente nella città stabiese, se la cavarono con sei mesi di detenzione da scontare nel carcere di Pozzuoli.15

Pesantemente segnato da questa esperienza, Scognamiglio si allontanò dal socialismo rinnegando la sua militanza.

Aveva fondato nel 1894 un periodico, Il Corriere di Stabia, uscito a fasi alterne fino al 1907, accusato negli ultimi anni di fare da cassa di risonanza degli interessi politici di Alfonso Fusco e istituito nel 1901, con Michele D’Auria, la Scuola Tecnica Stabiese, poi trasformata in Scuola Tecnica Pareggiata Giuseppe Bonito. Morì il 23 febbraio 1908, a soli quarantadue anni.

Forgiatosi nel fuoco di quelle prime lotte, pagate a caro prezzo, il nucleo socialista raccolto intorno al Circolo di Studi Sociali, partecipò alla costituzione di un Comitato di partiti popolari formato da democratici liberali, repubblicani e socialisti, preparandosi a partecipare alle elezioni politiche del 3 giugno 1900, candidando alla Camera dei deputati il repubblicano stabiese Rodolfo Rispoli contro il concittadino Alfonso Fusco (1853 – 1916), un imprenditore appartenente ad una famiglia dominante la scena politica locale da oltre un ventennio, eleggendo sindaci e deputati. Continuò a farlo, pur con sempre maggiore difficoltà, fino alla vigilia della prima guerra mondiale.

Alfonso Fusco vinse lo scontro contro il repubblicano, ma l’impegno profuso dai socialisti e il consenso ricevuto, fece loro maturare la volontà di costituire ufficialmente la prima sezione socialista, inaugurandola il 19 luglio di quello stesso anno.16

Era l’inizio di una nuova era.

Nel collegio di Castellammare per la prima volta si era presentato un candidato delle forze popolari e socialiste.

Prima di Rispoli gli stabiesi avevano votato, nelle prime elezioni all’indomani dell’Unità d’Italia, il 27 gennaio 1861, per il medico di Meta di Sorrento, il massone Mariano Ruggiero, in quelle successive per il Capo di Stato maggiore nel dipartimento marittimo dell’Adriatico, ex capitano di vascello di 2° classe, il napoletano, diventato cittadino onorario di Castellammare, Edoardo D’’Amico, eletto il 22 ottobre 1865 e confermato in quelle del 10 marzo 1867.

Poi la lunga sequela con l’avvocato Tommaso Sorrentino (Gragnano 1830 – Roma 1900) eletto dall’XI alla XVIII legislatura, tra il 1870 e il 1892, fino alla sconfitta subita ad opera dello stabiese Alfonso Fusco, il 10 giugno 1895.        

Nel loro lungo cammino i socialisti conobbero brutali amarezze e brucianti sconfitte, sogni di gloria infranti, tradimenti e grandi passioni ma, intanto, all’alba di quel secolo breve, nell’agosto 1902, furono nelle condizioni di mettersi alla guida della prima Lega operaia della città, costituita da ottanta operai falegnami dell’impresa metallurgica di Michelangelo Cattori, un capitano di marina trasformatosi in imprenditore rilevando nel 1899 l’ex Impresa Industriale del defunto ingegner Cottrau.

La Lega fu guidata da Raffaele Gaeta e Vincenzo De Rosa, due avvocati alla prima esperienza in campo sindacale.

Il primo sciopero, contro il tentativo di imporre un cottimo, durò cinque giorni e si chiuse con una bruciante sconfitta, portando allo scioglimento la stessa nascente organizzazione.

Ci riprovarono un anno dopo, agguerriti più che mai, ma stavolta si affidarono alle mani più esperte della già potente organizzazione camerale di Torre Annunziata, aderendo alla lega metalmeccanica di quella città, guidata dall’esperto Michele Manzo.

Michelangelo Cattori, seguendo lo schema dei capitalisti d’ogni tempo e luogo, si mostrava filantropo come cittadino, uomo duro e spietato nella conduzione degli affari e nei confronti dei suoi sottoposti.17

Abituato al comando gli era insopportabile l’idea di essere contraddetto. Quando venne a sapere dell'adesione alla Fiom di 150 suoi operai, iscrittosi alla Lega di Torre Annunziata nei primi giorni di giugno del 1903, la sua reazione fu immediata, licenziando i quattro organizzatori.

Altrettanto rapida fu la risposta operaia, con la partecipazione allo sciopero di 308 lavoratori sui 369 in organico. Costretto a riassumere i quattro operai, ne licenziò subito dopo altri sette, colpevoli di essere stati eletti nel direttivo della nuova, nascente Lega stabiese, primo nucleo di una Camera del Lavoro sostenuta dal deputato repubblicano, Rodolfo Rispoli.18

Alfonso Fusco aveva vinto le elezioni politiche del 1900, ma la Giunta per le elezioni lo aveva fatto decadere per incompatibilità perché come imprenditore aveva la concessione del gasometro in appalto con l’amministrazione comunale di Torre Annunziata.

Quelli erano tempi in cui il conflitto d’interesse era applicato rigorosamente. Le suppletive del 1901 videro la vittoria del vice ammiraglio Giuseppe Palumbo ma, incredibile a dirsi, si rivelò a sua volta ineleggibile perché la quota dei dipendenti pubblici in parlamento era già satura.

Nuove elezioni parziali furono indette per il 15 giugno 1902 e stavolta ci fu la vittoria a sorpresa dell’avvocato Rispoli con 1209 preferenze contro le 992 raccolte da Fusco.

Lo sciopero degli operai di Michelangelo Cattori fu straordinario e memorabile, durò dal 4 luglio fino a metà agosto. Lottarono contro i crumiri e contro la polizia scesa a difesa del padronato con minacce e intimidazioni.

L’inevitabile tensione, maturata nei lunghi giorni dell’occupazione della fabbrica, portò all’arresto di quattro scioperanti. Intervennero le diverse istituzioni per mediare contro la caparbietà di un imprenditore indisponibile a riconoscere le ragioni e i diritti dei suoi dipendenti, rifiutando qualsiasi tipo di trattativa.

Cominciò una guerra di nervi, fino a quando Cattori fece affiggere un manifesto in cui minacciava la definitiva chiusura dello stabilimento se gli operai non avessero ripreso immediatamente il lavoro. Si disse disponibile a ritirare i licenziamenti purché fosse sciolta la lega, facendo inasprire ancor di più gli animi.19

La sezione socialista, la Lega guidata da Giuseppe Spalletta (1879 – 1942) e la nascente Camera del Lavoro sapevano di giocarsi tutto in quel estenuante braccio di ferro e quindi sostennero come più non si poteva lo sciopero ad oltranza.20

L’occupazione della fabbrica durava ormai da un mese e per sostenerne la lotta fu lanciata una grande sottoscrizione dal giornale dei socialisti stabiesi, il quindicinale Lotta Civile la Camera del Lavoro di Torre Annunziata fece altrettanto con il suo settimanale, Verità.21

Il 9 agosto la Lega stilò un memoriale con le condizioni chieste dai lavoratori, per tentare un ultimo onorevole accordo attraverso la mediazione del sindaco, Alfonso Fusco. Si riaprì una trattativa e alla fine Cattori fu costretto a cedere.

Gli operai avevano vinto, ma fu una vittoria di Pirro: la lunga estenuante vertenza aveva consumato la pur commovente resistenza operaia; tutti rientrarono al lavoro ma la lega, e con essa la fragile Camera del Lavoro, non sopravvisse più di tanto, sciogliendosi non molto tempo dopo.

Ci siamo soffermati particolarmente su questo episodio perché in qualche modo rappresenta il primo tentativo embrionale di costruzione della Camera del Lavoro. L'esperienza vissuta servì a far maturare nei socialisti la convinzione della necessità di radicare tra la gente e tra i lavoratori – spettatori indifferenti alle lotte e alla sorte dei compagni della Cattori – la loro presenza.

E la caparbietà, con la quale decisero di proseguire con fermezza nel loro cammino, portò ben presto risultati insperati, tra cui la vittoria alle elezioni amministrative del 22 luglio 1906.22

Ben cinque socialisti furono eletti nella coalizione del Comitato popolare, portando in giunta l’assessore Raffaele Gaeta e Alfonso De Martino, a sua volta eletto assessore supplente.23

Dalle notizie in nostro possesso, l’accordo tra i socialisti e i democratici liberali stabiesi per la nascita dell’anomala e storica Giunta, rappresentò, se non la prima realizzazione di un governo locale di Centro sinistra, sicuramente una delle poche Giunte progressiste di quel decennio, confermando fin da allora Castellammare, un vero e proprio laboratorio politico di valenza nazionale.24

L’esperimento non durò molto: lo scandalo provocato dalla presenza di un socialista al governo della città scatenò la reazione violenta delle forze, allora definite, clerico moderate, della stampa governativa, in prima fila, Il Mattino, di Eduardo Scarfoglio, La Propaganda, L’uomo di fango, e delle stesse istituzioni chiamate al rispetto delle leggi borghesi, come lo stesso Gaeta lucidamente denunciò in consiglio comunale annunciando le sue dimissioni il 28 giugno 1907.25

Le successive elezioni amministrative del 1° marzo 1908 decretarono la pesante sconfitta del blocco, riportando in consiglio comunale un unico socialista, il notaio Alfonso De Martino a fronte dei cinque eletti in precedenza.

Nella sezione socialista la resa dei conti fu inevitabile, aggravata dalle stesse divisioni interne al Partito a livello nazionale, dove i più autorevoli leader erano in perenne lotta, divisi tra posizioni inconciliabili tra loro.

In quel primo decennio del Novecento il PSI era lacerato tra il sindacalismo rivoluzionario di Arturo Labriola (1873 – 1959), la sinistra di Enrico Ferri (1856 – 1929), l’ala riformista di Ivanoe Bonomi (1873 – 1951), e gli integralisti di Oddino Morgari (1865 – 1944), provocando confusione e sconcerto nella base, a sua volta divisa nelle stesse, sterili, fratricide contrapposizioni

 

 La prima Camera del Lavoro del 1907 e quella Confederale del 1919

Se da un lato si assisteva al fallimento del primo esperimento politico nato a Castellammare, di apertura alle forze della sinistra socialista da parte delle forze democratiche liberali, dall’altro stavano maturando le condizioni per la rinascita della Camera del Lavoro attraverso la costituzione di alcune leghe, dall’Unione di miglioramento dei muratori e affini, a quella dei pittori, dei falegnami, dei metallurgici, dei gasisti, degli insegnanti e impiegati, tutte poi confluite nella più complessa organizzazione camerale.26

Fu inaugurata il 13 ottobre 1907  con la proclamazione di Segretario Generale il primo dei socialisti stabiesi, il professor Catello Langella, mentre nell’esecutivo furono eletti C. Battaglia e R. De Rosa per la Lega dei pittori, A. Olivieri per la Lega metallurgica, Vito Lucatorto per la Lega impiegati e insegnanti, R. Scarico per la Lega dei gassisti e F. Mazzoni per quella dei falegnami.27

Non si era quindi ancora esaurita l’eco delle paure borghesi e già si gridava di nuovo al pericolo rosso, alla discesa dei barbari.

A confermare le ancestrali paure dei benpensanti, ci furono una serie di scioperi dei lavoratori delle diverse industrie cittadine, alcune tra le più importanti: cominciarono da subito, il 3 novembre, 40 carrozzieri, su cinquantacinque dipendenti, impegnati nei quattro stabilimenti per la produzione delle carrozze, tra cui quelle dei famosi fratelli, Catello e Ignazio Scala, la cui fabbrica risaliva al 1840 ed era ubicata al vico Minicocchia, attuale vico del Carmine.

Seguirono, il venticinque di quello stesso mese, i falegnami della ditta statunitense, l’American Cav and Fondry Company, dove si esercitava il montaggio dei carri ferroviari. In quest’azienda vi lavoravano 360 operai, ma la loro permanenza al servizio dell’impresa statunitense non durò molto, infatti, pochi mesi dopo la vittoriosa chiusura della vertenza a favore dei lavoratori, nella primavera del 1908, per cause a noi sconosciute, gli americani abbandonarono improvvisamente lo stabilimento.

Due anni dopo la vasta proprietà fu rilevata da Catello Coppola facendovi costruire dei capannoni, impiantandovi nuove officine e ingrandendo in questo modo i suoi impianti industriali risalenti al 1881.

Da rilevare che un mese prima della definitiva chiusura, il 18 febbraio, vi era stato un tragico incidente costata la vita all’operaio ventenne, Giovanni Manfredonia, precipitato da una grossa tavola di legno mentre era intento al suo lavoro.

Tra le vertenze di rilievo portate avanti da Langella ci fu sicuramente quella dei trentasette gasisti della Compagnia del Gas, società presente a Castellammare fin dal 1865 con sede in via Gasometro, strada ancora esistente con uguale toponimo. Organizzati in Lega di Miglioramento, gli operai avevano chiesto a Catello Langella di preparare un memoriale in cui si rivendicavano gli stessi aumenti già riconosciuti ai gasisti di Napoli.

Quando il Consiglio d’Amministrazione rispose di essere disponibile a concedere soltanto la metà degli emolumenti concordati nel capoluogo campano, gli operai risposero proclamando l’astensione dal lavoro per la sera del 30 novembre a Castellammare e Gragnano. Se attuato questo sciopero avrebbe provocato enormi disagi sociali tra la popolazione lasciata al buio delle strade non illuminate, ed è per questo che il Sottoprefetto Vittorio Peri intervenne con piglio deciso e grande abilità. Con la sua mediazione si riuscì a chiudere una trattativa in grado di soddisfare entrambe le parti in causa.28

Gli stessi gasisti entrarono di nuovo in sciopero nel gennaio 1908, a sostegno della vertenza aperta dai loro colleghi di Napoli e provando a riportare su Castellammare le stesse richieste.

Ma stavolta non ci fu nessuna mediazione da parte delle autorità, decise a farla finita con l’eccessiva intraprendenza della Lega e della stessa Camera del Lavoro.

Mentre a Napoli la forza di contrattazione dei 490 dipendenti fu in grado di sconfiggere la resistenza della Compagnia del Gas, i trentasette operai stabiesi conobbero una bruciante sconfitta e l'umiliazione del licenziamento, seguita dalla successiva, immediata, riassunzione con la perdita di tutti i benefici acquisiti in precedenza.

Chiusero la serie di scioperi, in febbraio, i mugnai del molino e pastificio Ruocco, chiedendo un aumento del salario. Pochi giorni di lotta senza ottenere nessun risultato. 

Forse fu l’inaspettata sconfitta alle elezioni amministrative del 1° marzo 1908, forse furono le stesse aspre divisioni tra socialisti, combattuti a livello nazionale, con tutte le ricadute inevitabili tra i socialisti stabiesi, di certo tutto questo provocò nefaste conseguenze.

Divisi tra loro su tutto al punto da far brindare i militanti legati al sindacalismo rivoluzionario di Arturo Labriola, allo scioglimento del consiglio comunale retto dalla Giunta di centro sinistra, rappresentata da compagni dello stesso partito, ma legati al riformismo di Ivanoe Bonomi.

Soprattutto inevitabili furono le conseguenze sulla direzione della Camera del Lavoro entrata in crisi dopo poche settimane fino a decretarne lo scioglimento.

Per Langella lo sconvolgimento fu tale da farlo decidere a emigrare il 30 marzo 1908 per l’Australia, dove già viveva una delle sorelle, Carolina.

A sollecitarne la partenza fu la sua stessa famiglia, preoccupata dell’eccessivo coinvolgimento nella politica locale del loro congiunto, a trentasette anni ancora senza lavoro stabile nonostante la sua laurea in Lettere e filosofia. Uguale iniziativa la famiglia l’aveva assunta all’indomani dei moti di maggio del 1898, quando appena uscito dal carcere di Pozzuoli, dove aveva scontato la pena inflittagli, lo mandò a Roma presso un fratello sacerdote, a completare gli studi universitari.

Tra vittorie e sconfitte, tra gioie e amarezze, tra alti e bassi, la storia del movimento operaio di Castellammare sembrava non trovare una sua strada definitiva, ma l’importante era non arrendersi alle controversie e ancora una volta ci fu chi si rimboccò le maniche e riprese a ricostruire, mattone dopo mattone, l’edificio della riorganizzazione sindacale e socialista, tra questi i socialisti della prima ora come Raffaele Gaeta, Luigi Fusco, Vito Lucatorto (1880 – 1938) e Vincenzo De Rosa, gli ultimi due impegnati alla testa delle diverse leghe.

Questo duro e oscuro lavoro, fatto di pazienza e passione militante, portò alla rinascita della terza Camera del Lavoro passando attraverso la convocazione di un pubblico comizio il 17 luglio 1910, dove intervennero Gino Alfani, Segretario Generale della Camera del Lavoro di Torre Annunziata e Vincenzo De Rosa.

Si era alla vigilia delle amministrative parziali, da tenersi il 24 luglio, e i socialisti si presentavano a questa competizione, sicuri di una buona affermazione, in una lista popolare composta con i radicali, il cui circolo si era inaugurato pochi giorni prima, il 7 luglio.29

Ancora una volta la lista progressista fu sconfitta, seppure per pochi voti, ma per il sistema maggioritario furono soltanto due a essere eletti, i radicali Salvati e Scarselli, mentre nonostante i suoi 654 voti l’irriducibile Gaeta si dovette accontentare di essere il primo dei non eletti, segnando il suo lento ma definitivo allontanamento dalla politica, il cui testimone sarà lasciato nelle mani dei suoi tre terribili figli, Guido, Oscar e Nino.

«Tutti si diffusero nel dimostrare la necessità e l’utilità dell’organizzazione operaia, per conseguire vantaggi materiali e morali. Messa ai voti la proposta di costituzione della Camera del Lavoro, i presenti furono unanimi nell’approvarla, e nel designare quale segretario del nuovo sodalizio, il commesso del lotto pubblico Catello D’Auria di Luigi e Rosa Guerriero, di anni 20 (…)».30

Nel rapporto del Prefetto al Ministro dell’Interno, del 25 luglio 1910 è specificato che al comizio parteciparono oltre cento operai, un numero esiguo che non faceva presagire grandi sconquassi e, infatti, la direzione del giovane D’Auria non lasciò nessun segno tangibile della sua presenza, non a caso dopo circa un anno, nei primi giorni di settembre del 1911, fu sostituito da Alfonso D’Orsi ancor più giovane del suo predecessore, non avendo ancora compiuto diciannove anni.

Figlio di Alfredo, un operaio del Regio Cantiere e di Santa Imparato, Alfonso D’Orsi era stato uno studente di scarso profitto dell’Istituto Tecnico al punto da lasciare gli studi dopo essere stato bocciato alla fine del primo anno, maggiore impegno aveva assunto con la sua militanza nel circolo giovanile socialista mostrandosi molto attivo, fino a diventare corrispondente da Castellammare dell’organo dei socialisti campani, La Propaganda, pubblicando diversi articoli sull’attività svolta dalla sezione socialista della Città delle Acque.31

Discretamente sorvegliato, non fu mai ritenuto un elemento pericoloso dalla polizia politica

«(…) Non ha mai avuto idee chiare e sentite sul socialismo e, in complesso fin oggi più che un sovversivo si è dimostrato un moderato anticlericale. E’ individuo, quindi, pervenuto alla carica di segretario della Camera del Lavoro di Castellammare, solo perché fra i pochi iscritti non v’è di meglio. Avversato dai genitori in queste sue manifestazioni di oggi, finirà presto col lasciare quella carica che non gli frutta alcuna utilità.»32

Mai previsione fu più indovinata, infatti, non a caso, durò pochissimo la sua segreteria, soltanto pochi mesi, prima di scomparire dal movimento operaio. Probabilmente si tuffò nel nascente nazionalismo che aspirava alla quarta sponda, esaltandosi nel futurismo di Filippo Tommaso Marinetti (1876-1944) e nel suo fanatico slogan, «la guerra, sola igiene del mondo».

Di certo l’abbandono della Camera del lavoro da parte del giovane D’Orsi avvenne a seguito di un suo articolo sulla Propaganda, provocando l’immediata querela da parte del Vice Pretore e condannato il 28 novembre a otto mesi e dieci giorni di reclusione.

Tanto bastò per farlo scomparire dal movimento operaio. Da una nota della polizia, inserita nel suo fascicolo il 7 febbraio 1939, sappiamo della sua partecipazione al primo conflitto mondiale col grado di sottotenente di fanteria, che si sposò, ebbe due figli e fu assunto nel 1924 come impiegato comunale.

A seguito della sua adesione al fascismo ricoprì la carica di fiduciario comunale della Federazione Lavoratori dell’Agricoltura, forse memore della sua antica esperienza alla testa dell’organizzazione sindacale socialista. La nota, in ossequio alle nuove direttive antiebraiche volute dal regime, tenne a precisare: «E’ di razza ariana e professa la religione cattolica».33

Stanchi, sfiduciati, i pochi socialisti ancora iscritti alla Camera del lavoro si rifiutarono di continuare a pagare la quota a un’organizzazione ormai inesistente, portandola allo scioglimento nel maggio del 1912.34

E pensare che appena due anni prima, nel 1910, la sezione socialista sembrava essere in auge con tutte le sue intraprendenti iniziative, non ultima la costituzione della nuova organizzazione del lavoro che sembrò preoccupare non poco i benpensanti, il cui pensiero trovò eco sulla stampa locale, con il quindicinale clericale, L’Aurora, attraverso un articolo di un suo anonimo redattore lanciando il grido d’allarme contro l’affermarsi della Camera del Lavoro.

«(…) i socialisti stanno facendo immensi progressi fra noi, con la Camera del Lavoro e col circolo giovanile. Castellammare, che alcuni cattolici illusi credevano una rocca inespugnabile per la grande fede del suo popolo, ha visto sorgere in poco tempo la sezione radicale, un circolo repubblicano Giovanni Bovio, un circolo giovanile socialista, una sezione sportiva e un circolo di cultura anticlericale, una Camera del Lavoro, una sezione dell’associazione Giordano Bruno, un circolo del Libero Pensiero e, peggiore di tutti, la ricostituzione della loggia massonica –satanica, Pitagora (...).» 35

Tra gli scioperi di questo periodo si registra quello di cinquanta beccai. Gli esercenti avevano alzato il prezzo della carne a seguito di un aumento del dazio comunale, provocando numerose proteste tra la popolazione.

Una commissione di macellai fu allora convocata il 15 febbraio 1911 dal Sottoprefetto, Pietro Frigerio (1861 – 1927), con il Segretario della Camera del Lavoro e il sindaco Ernesto Fusco, fratello minore di Alfonso, per discutere sulla possibilità di modificare il dazio. Il mancato accordo provocò la reazione dell’associazione con la chiusura dei negozi per oltre venti giorni in segno di protesta.

L’11 agosto di quello stesso anno incrociarono le braccia 43 operai della ditta Cattori, mentre il diciotto furono i 94 tranvieri della Società Anonima delle tranvie sorrentine, a chiedere di migliorare la propria posizione.

La linea era stata inaugurata appena pochi anni prima, nel gennaio1906, e collegava la città stabiese con Sorrento, 19,500 km da percorrere in 50 minuti, compreso le diverse fermate.

Il 26 settembre fu la volta dei segantini e fabbricatori di casse della ditta Domenico Rosa Rosa che operava con un grande deposito sul porto di Castellammare con circa cinquanta dipendenti.

Lo sciopero, proclamato da tredici cassai, si concluse il 2 ottobre con la loro sconfitta. Un nuovo sciopero degli stessi tranvieri si registra nel maggio 1913, anche questo, come il primo, conclusosi vittoriosamente.

Una quarta Camera del Lavoro, non autonoma ma succursale di quella napoletana sarà riaperta alcuni mesi dopo, sotto la responsabilità dello stesso Segretario Generale del capoluogo campano, Oreste Gentile (1866 – 1932), un massone riformista, fautore dei blocchi elettorali delle forze di sinistra (socialisti, repubblicani e radicali) alleati con i democratici liberali.

Naturalmente il dirigente napoletano limitava la sua presenza sul territorio alle questioni più importanti, lasciando la guida effettiva al gruppo locale e in particolare a Beniamino Romano, un mugnaio di Torre Annunziata, già esperto capolega e organizzatore capace, inviato a Gragnano nel 1910 per rimettere in sesto la sua traballante Camera del Lavoro, in crisi dopo la partenza del suo primo Segretario, il ferroviere Luigi Perillo.

In questo periodo gran parte di quanti avevano dedicato la loro giovinezza al socialismo si era lentamente allontanato, ritirandosi da ogni attività politica, oppure presero altre strade: Luigi Fusco fu espulso dalla sezione socialista nel giugno 1912 «per aver aderito alla sottoscrizione a favore della flotta aerea».  

Non si occupò più di politica, trasferendosi a Napoli, dove s’impiegò come ispettore presso l’Istituto di assicurazioni contro gli infortuni; il suo compagno di gioventù, Vincenzo De Rosa, sua volta se n’era andato a Bologna nel 1914 occupando la carica di Direttore Generale del Sindacato Emiliano Infortuni e da ogni attività politica si era escluso anche Vito Lucatorto dopo il matrimonio celebrato nel marzo 1911 con Carmela Tolino e occupandosi del suo lavoro di bancario.

Tutti, qualcuno con sincero entusiasmo, aderirono al PNF dopo l’avvento del regime fascista. Catello Langella si era trasferito in Australia fin dal 1908 e quando aveva fatto ritorno, alla vigilia del primo conflitto mondiale, fondò il periodico, Il Risveglio di Stabia, abbracciando le idee nazionaliste.

Dalla politica si ritirò, stanco e deluso, anche Raffaele Gaeta, senza mai rinnegare la sua fede, trasferendola, anzi, ad almeno tre dei quattro figli maschi, come appresso vedremo.

La svolta decisiva sembrò aversi tra il 1912 e il 1913, quando sulla scena politica apparve una nuova generazione di socialisti, un gruppo di ragazzi o poco più, sensibili ai temi della sinistra rivoluzionaria portati avanti, nel napoletano, con foga e passione dal giovane nativo di Resina, l’odierna Ercolano, Amedeo Bordiga (1889 – 1970), originario di Portici e destinato a sconvolgere i precari equilibri del Psi di Filippo Turati.

Il futuro fondatore del PCd'I maturò le sue prime esperienze proprio su quest'area, seguendo e partecipando alle lotte dei metallurgici di Torre Annunziata.

Con lui un nucleo di giovani, alcuni dei quali destinati a fama nazionale, come Oreste Lizzadri, Ruggero Grieco, i fratelli Camillo, Pasquale e Antonio Cecchi e i figli di Raffaele Gaeta, Oscar, Guido e, successivamente, Nino (1903 – 1999).

Guido e Nino, valenti canottieri, guidarono alcuni episodi di resistenza al fascismo nel circolo nautico Stabia, poi, mentre il primo abbandonò completamente ogni attività politica, il giovane Nino divenne un protagonista della ricostruzione del PSI napoletano e campano nel secondo dopoguerra.

La vita, pur lunga e ricca di soddisfazioni professionali, non fu lieve con lui, trasferitosi definitivamente a Roma, un figlio perduto ancora infante, un altro perito in un incidente stradale, un terzo coinvolto nel terrorismo rosso degli anni Settanta.

Il gruppo, raccolto intorno al Circolo rivoluzionario intransigente Carlo Marx, fondato da Bordiga il 2 aprile 1912 e al quindicinale, La Voce organo stabiese della sinistra socialista, riorganizzarono il partito e la stessa Camera del Lavoro affidandola nel maggio 1914 a un giovanissimo Lizzadri, appena 18enne.36

Il futuro vice segretario nazionale della CGIL e deputato socialista nell’Italia repubblicana si era fatto le ossa nella natia Gragnano dove aveva partecipato alla costituzione della prima sezione del PSI nell’aprile 1913 e alle lotte della Camera del Lavoro del suo paese, fondata il 13 giugno del 1909 e diretta, in diverse riprese, da Luigi Perillo. Lizzardi era orfano di padre, un ferroviere militante socialista, morto prematuramente nel 1911 e per questo costretto, ancora ragazzo, a lavorare nel pastificio di Alfonso Garofalo per dare una mano alla famiglia.

Per il gruppo stabiese del Circolo, la prima grande occasione presentatasi per misurarsi in uno scontro politico, furono le elezioni politiche del 26 ottobre 1913, le prime a suffragio universale maschile.

Contro il rinnovato blocco elettorale messo in piedi da socialisti, repubblicani, radicali e democratici liberali, una coalizione considerata dagli intransigenti come la rappresentazione della corruzione politica e la svendita degli ideali socialisti alla borghesia, seppure progressista, Bordiga e i suoi giovani rivoluzionari contrapposero una candidatura alternativa nel collegio elettorale di Castellammare.

Così dal versante del blocco si misurò Rodolfo Rispoli, l’antico alfiere dei deboli, e oggi considerato dagli intransigenti, ‘l’incarnazione vivente del trasformismo italiano’, e dall’altro, in nome dei valori della Sinistra rivoluzionaria, Mario Bianchi, ‘l’uomo che riassumeva in sé il filone dell’intransigentismo socialista’, un milanese, viaggiatore di commercio, trasferitosi a Napoli nel 1911, tra i fondatori del Circolo Carlo Marx, insieme alla moglie, Ida Garbarini.

Fu proprio frequentando la casa di Mario Bianchi che Bordiga conobbe la sua futura moglie e compagna di lotte, Ortensia De Meo, (1883 – 1955), una ragazza nativa di Formia, maestra di scuola elementare, che sposò il 9 gennaio 1914.

La lotta tra i due candidati era impari e, infatti, l’antico repubblicano vinse con 4.867 voti contro i cinquantatré di Mario Bianchi, milanese trasferitosi da qualche anno a Napoli nel suo girovagare per l’Italia, mentre l’ex padrone politico di Castellammare, Alfonso Fusco, definitivamente defenestrato, riuscì a raccogliere 3.365 preferenze.

Non andarono meglio le elezioni provinciali del 26 luglio 1914, dove il gruppo degli irriducibili candidò il giovane professore di lettere, Catello Marano (1884 – 1971), mandandolo al massacro contro altri due mostri sacri della politica cittadina. L’ingegner Antonio Vanacore, vincitore senza problemi, come ormai faceva da oltre un decennio, quale candidato del blocco progressista e Nicola Fusco, l’ultimo rampollo di una famiglia dedita alla politica.37

Nella stessa giornata si tennero anche le elezioni comunali, dove Antonio Cecchi e compagni decisero di non scendere in lizza lasciando alla lista bloccarda la vittoria.

Ma mentre nella vicina Torre Annunziata, sotto la ferrea e carismatica guida di Gino Alfani, l’alleanza portò a eleggere quattordici consiglieri socialisti e in Giunta due assessori del PSI - sindaco era eletto il radicale Vittorio Fiore - a Castellammare, grazie alle divisioni nel Psi, nessun socialista si candidò. Sindaco fu eletto il democratico Catello Gaeta.

A Raffaele Gaeta, capo riconosciuto dei socialisti riformisti, seppure negli ultimi anni molto defilato dalla politica attiva, fu offerta la Vice presidenza del Comizio Agrario.

La giovinezza e l’ardore dei militanti del Circolo Carlo Marx non potevano certamente arrendersi alle prime difficoltà, come non si arresero a quelle successive.

E' di quel periodo, per esempio, un episodio ricordato molti anni dopo da Oreste Lizzadri (1896 – 1976).

In una calda estate, alla vigilia della prima guerra mondiale, il foggiano Ruggero Grieco (1893 – 1955), accompagnato dallo stesso Lizzadri, Oscar Gaeta (1895 – 1977) e Antonio Cecchi, tentò di tenere un comizio nella piazza di Santa Maria la Carità, contro l'approssimarsi del conflitto mondiale.

Il parroco, Agnello Iaccarino, aizzò contro di loro i contadini del luogo, senza però riuscire a impedire la conclusione del comizio.38

Non mancarono neanche le soddisfazioni: Amedeo Bordiga e Mario Bianchi riuscirono a partecipare al Congresso nazionale del PSI di Ancona, tenutosi dal 26 al 29 aprile 1914, un’assise importante dove si sarebbe sancito la vittoria della sinistra e la cacciata dei massoni dal Partito.

Qualche mese dopo, il 29 maggio, ci fu lo scioglimento del Circolo e il rientro nella sezione ufficiale del PSI.

In questo clima cresceva e si formava nelle sue convinzioni il nucleo stabile.

Oreste Lizzadri, dopo una breve esperienza nella Camera del Lavoro di Gragnano e dopo aver guidato uno sciopero drammatico ma vittorioso, degli operai della ditta Alfonso Garofalo, tenutosi dal 7 dicembre 1913 al 28 gennaio 1914, assunse la vice segreteria della struttura camerale di Castellammare, prima di essere chiamato alle armi per partecipare al conflitto mondiale.39

Antonio Cecchi maturava scrivendo su Avanguardia, organo nazionale della Fgsi, dove attaccò frontalmente il direttore dell’Avanti! e futuro leader delle camicie nere, Benito Mussolini, accusandolo di tradimento, all’indomani del suo celeberrimo articolo con il quale dichiarava di passare sul fronte degli interventisti alla vigilia dell’entrata in guerra dell’Italia.

Instancabile, il Cecchi, apriva Circoli socialisti in Valle di Pompei, partecipava al V Congresso regionale della Fgsi nel novembre 1915, e da questo eletto segretario. Infine, a seguito degli arresti di oltre i due terzi del gruppo dirigente della Fgsi,

verificatosi il 10 settembre 1916, a seguito della diffusione di un manifesto contro la guerra, fu chiamato a Roma, quale membro del Comitato Centrale ed eletto Segretario politico nazionale della Federazione Giovanile Socialista.

Soltanto pochi giorni, poi arrivarono le dimissioni, forse perché a sua volta, chiamato alle armi, come il fratello Pasquale.  In guerra andarono anche Oscar e Guido Gaeta, Antonio Esposito, Oreste Lizzadri e tanti altri ancora, facendosi onore.40

A Castellammare furono in 542 a non fare più ritorno.

Alcuni mesi prima che esplodesse la ‘grande guerra’, nel fervore antimilitaristico dei giovani della sinistra socialista, anche a Castellammare si era costituita il 20 settembre 1914 la Federazione Giovanile Socialista Campana, per opera di Antonio Cecchi, Francesco Cacace, Gabriele Celotto, Oscar Gaeta e altri.

In poco tempo essa ottenne l’adesione di quattordici circoli del napoletano, del casertano e del salernitano i cui soci complessivamente ammontavano a 340, mentre Oscar e Guido Gaeta con Umberto Paroli fondavano, tra l’altro, l’associazione antimilitarista.41

La fine del conflitto mondiale vide il ritorno dei combattenti, tra cui Antonio Cecchi, il quale, aiutato da Pietro Carrese e dagli altri compagni della sinistra socialista, ricostruirò la Camera Confederale del Lavoro, trovando la prima sede nei locali della Fiom ed eletto Segretario Generale il 25 aprile 1919.

Tra le prime Leghe aderenti troviamo quelle, naturalmente, dei metallurgici con 500 soci e degli arsenalotti, forti di ben 600 iscritti.

Seguivano la Lega della conserve alimentari, con altrettante adesioni, le Leghe degli operai colorifici con 150, i mugnai con 120, dei conciapelli, settanta degli oleifici, cinquanta e perfino una lega dei reduci di guerra con cinquanta aderenti.42

Sotto la guida di Cecchi, rivoluzionario intransigente, Castellammare fu travolta da un’ondata di scioperi e manifestazioni operaie senza precedenti.43

Siamo nel pieno del cosiddetto ‘biennio rosso’ e la città stabiese si guadagnò, in quei duri mesi di lotta e di passioni, il titolo di roccaforte della rivoluzione.

Nei mass media e nelle stesse istituzioni era consolidata la convinzione, di essere alla vigilia di un’insurrezione popolare e che l’Italia sarebbe stata il secondo paese, dopo la Russia zarista, a conoscere l’abbattimento violento del capitalismo e l’instaurazione dei Soviet.

Lo stesso Lenin del resto, in un suo famoso scritto, lo aveva pronosticato, ritenendo matura la grande crisi che avrebbe portato alla diffusione della rivoluzione su scala mondiale, Dall’Austria alla Germania e, appunto, all’Italia.44

Fu forse anche questo a convincere dubbiosi, scettici e opportunisti ad aprire, in tutto il Paese, la corsa per iscriversi al Partito Socialista e alla CGL.

Memorabile fu la manifestazione del 1° maggio 1919 in una Piazza Orologio gremita di lavoratori e di studenti ad ascoltare comizi di fuoco di Antonio Cecchi e Pietro Carrese, così come leggendario fu lo sciopero proclamato a giugno nei cantieri navali e protrattosi per lunghi, interminabili, trentaquattro giorni, rivendicando aumenti salariali e la sistemazione degli avventizi.

In quei mesi terribili e nel corso del 1920 incrociarono le braccia i maestri elementari, i lavoratori dell’oleificio Franco Italiano, quelli dei Cantieri Meridionali, della Cirio, i settantaquattro operai del Molino e Pastificio Ruocco e La Capria e i quarantotto operai dei pastifici D’Apuzzo e Acanfora, gli edili delle imprese De Simone, Imparato e D’Amora e perfino i vetturini e i commessi dei barbieri.

Non mancò chi rispose con la serrata, come fece lo stabilimento Coppola, in quel infuocato luglio 1920, in risposta alle agitazioni dei suoi metallurgici.45

Lo stesso fece il Regio Cantiere, licenziando il personale straordinario, composto di circa 260 operai.46  

Non da meno furono i lavoratori di Torre Annunziata, Gragnano e Torre del Greco.

Un momento di crisi tra la Lega dei metallurgici e il Segretario Generale della Camera del Lavoro, si ebbe nei giorni successivi allo sciopero generale del 20 e 21 luglio 1919 perché non tutti gli operai concordavano sulla linea rivoluzionaria impostata da Antonio Cecchi, accontentandosi di occuparsi soltanto di questioni economiche e di scioperare per miglioramenti salariali, senza voler inseguire le idee politiche massimaliste della sinistra socialista di cui era fautore Amedeo Bordiga teso versa la nascita del futuro Partito comunista.

La crisi tra lega e Camera del Lavoro precipitò fino a uscire dalla Confederazione, decidendo addirittura di installarsi in un altro locale e chiedendo una convocazione urgente del Consiglio delle Leghe per decidere se Antonio Cecchi dovesse continuare a ricoprire la carica di Segretario.

A sua volta Cecchi si adoperò per riconciliare le diverse posizioni, riuscendo infine a ricucire lo strappo, ripianando le divergenze e ottenendo la riconferma a Segretario Generale.47

Sulla scia di lotte e manifestazioni senza fine, cresceva a dismisura la Camera del Lavoro di Castellammare: a giugno del 1920 contava ventiquattro leghe e 4500 aderenti, arrivando a contare, nel settembre 1920, trenta leghe e oltre settemila iscritti, ponendosi al terzo posto in Campania dopo Napoli e Salerno.

Nel febbraio 1920, la Camera del Lavoro arrivò ad aprire una sezione distaccata perfino nella quieta Sorrento con due leghe, una di ebanisti e l’altra di panettieri con complessivi 150 iscritti. 

E quando arrivò l’ordine di occupare le fabbriche, le guardie rosse stabiesi non si tirarono indietro, facendo sventolare la bandiera dei Soviet non soltanto sui capannoni delle fabbriche metalmeccaniche dell’AVIS e dei Cmi, ma anche su quelli della Cirio, mentre nella vicina Torre Annunziata si occupava la vecchia e gloriosa Ferriera del Vesuvio e a Gragnano si faceva sventolare la bandiera rossa sul mulino Nastro, aspettando una rivoluzione che non ci sarebbe stata.48

In questo dopoguerra, nei primi mesi del 1920, a Castellammare trovò spazio una seconda Camera del Lavoro da parte dell’Unione del Lavoro, la cui sede era in Via Alarico, 8, con sei Leghe e 635 aderenti.

Sostenne i diversi scioperi proclamati dai lavoratori dello Stato e dei vetturini, per il rincarato costo della crusca, quello dei postelegrafonici, dei commessi barbieri, per l’aumento del salario e la riduzione delle ore di lavoro, della Lega degli orfeonisti, per ottenere l’iscrizione alla Cassa di Previdenza e il caro viveri, già concesso agli impiegati municipali.49

In quei mesi, profugo da Vittorio Veneto e stabilitosi per puro caso a Castellammare di Stabia faceva il suo ingresso in politica un altro giovane destinato a incidere profondamente nella vita politica e sociale della città, Silvio Gava (1901 – 1999), chiamato a ricoprire la carica di segretario della locale sezione, a soli diciotto anni, del nascente Partito Popolare di don Luigi Sturzo.

Delegato dalla sezione a rappresentare le tesi di sinistra nel Congresso del Ppi tenutosi a Napoli nel novembre 1920, il giovane Silvio si vide proporre dal grande sacerdote di assumere la guida dell’Unione del Lavoro della provincia di Salerno, maturando un’esperienza sindacale che non mai più dimenticato.50

Intanto, Antonio Cecchi, lasciata verso la fine di aprile del 1920, la Camera del Lavoro di Castellammare per quella ben più importante di Napoli, era impegnato anche nel lavoro politico.

Assunse l’incarico di segretario particolare del deputato Francesco Misiano (1884 – 1936), eletto nelle elezioni politiche del 1919, partecipando al XVI Congresso Nazionale del PSI, tenutosi a Bologna dal 5 all’8 ottobre 1919, alla costituzione della Frazione Astensionista con un suo Comitato Centrale, primo embrione del futuro gruppo dirigente del PCd’I e alla nascita di un suo organo ufficiale, il settimanale, Soviet.

L’8 e 9 maggio 1920 partecipò al Convegno di Firenze e fu eletto nel Comitato Centrale, proiettandosi tra i quadri nazionali del Partito e tra quanti determinarono, il 21 gennaio 1921, la nascita della nuova formazione politica.

A Castellammare, dove la Camera del Lavoro era stata nel frattempo provvisoriamente affidata ad Andrea Vanacore, gli sforzi della sinistra, in questa seconda metà del 1920, furono tutti rivolti alle elezioni amministrative del 31 ottobre.

In tutta la penisola i socialisti trionfarono in 2.162 comuni e venticinque province, con forte preponderanza nel Centro nord del Paese, mentre in Campania si registrarono due sole vittorie socialiste, a Torre Annunziata, dove fu eletto  sindaco il segretario della Camera del Lavoro, Gino Alfani, già artefice della vittoria bloccarda del 1914 ed egli stesso vittorioso nelle elezioni provinciali di quell’anno e a Castellammare dove trionfava Pietro Carrese.

L’onda lunga della vittoria socialista consentì agli stabiesi di far eleggere alla Provincia, Rodolfo Serpi, mentre Torre Annunziata elesse l’avvocato di origine salernitana, Matteo Palumbo Schiavone, schedato dalla polizia politica fin dal 1898, quand’era ancora ventenne.  

Le lotte del biennio rosso a Castellammare avevano portato al successo il Psi, offrendogli per la prima volta nella sua storia il governo pieno della città, dopo la breve parentesi del 1906, quando si era creata la storica occasione di eleggere cinque consiglieri socialisti determinando il primo governo popolare con la presenza di un assessore socialista in Giunta.

Quella del 1906 non si poteva considerare un’amministrazione di sinistra, ma fu sicuramente l’antesignano del moderno Centro sinistra.51

Purtroppo le stupefacenti vittorie socialiste si rivelarono ben presto soltanto un’illusione e le sinistre avvisaglie si avvertirono molto presto, prima che altrove, proprio nella città stabiese.

Durò poco il sogno della novella e ingenua Giunta rossa di fare, ‘come in Russia’, appena sessantatré giorni, prima di essere travolta da una manifestazione proclamata dal Partito Democratico Liberale, dal Partito Popolare e dal Fascio di combattimento, costituito il 19 maggio 1919 dai tenenti Francesco Rega e Umberto Paroli, quest’ultimo nativo di Resina ma residente a Castellammare, e dal direttore del Risveglio di Stabia, Catello Langella, antico Segretario Generale della prima Camera del Lavoro, fondata nel lontano 1907.

Come il tenente Paroli, ex socialista antimilitarista, al punto di aver fondato nel 1914 con Antonio Cecchi e i fratelli Gaeta, Guido e Oscar, il comitato la Cassa del soldo al soldato, una raccolta di fondi per attivare la propaganda e l’agitazione tra i militari. Langella aveva ormai abiurato, fin dal suo ritorno dall’Australia nel 1914, le sue giovanili idee rivoluzionarie abbracciando quelle nazionaliste.

Accadde tutto quel giorno di giovedì 20 gennaio 1921, una tragica giornata passata alla storia come ‘la strage di Piazza Spartaco’ con sei morti e un centinaio di feriti.

Voleva essere una protesta della borghesia contro il Governo dei bolscevichi, si trasformò in massacro, con l’assalto fascista al municipio, la morte innocente di cinque inermi cittadini e di un maresciallo dei carabinieri.

Seguirono gli arresti di centinaia di militanti socialisti, tra questi il Vice sindaco, Pasquale Cecchi, gli assessori, Raffaele Guida e Antonio Esposito, il segretario di lega dei pastai e mugnai, Luigi Bello, il nuovo Segretario della Camera Confederale del Lavoro, Michelangelo Pappalardi, la cui carica aveva assunto a settembre, succedendo a Vanacore dopo appena cinque mesi.

Andrea Vanacore alla carriera di sindacalista aveva preferito quella politica candidandosi nelle elezioni amministrative del 31 ottobre, dove fu eletto con 2.409 preferenze, essendo uno dei più votati e per questo premiato assumendo la carica di assessore all’annona.

Fu uno tra i primi a essere arrestato il 20 gennaio, con la scissione rimase nel Partito Socialista, su posizioni di sinistra.  In carcere rimasero in quindici e a carico di questi si fece il processo iniziato il 7 febbraio 1922 e conclusosi il 6 aprile con l’assoluzione di tutti gli imputati.52

Furono questi gli stessi giorni in cui a Livorno nacque il Partito Comunista d’Italia, a cui parteciparono Antonio Cecchi e Oscar Gaeta.

A Napoli il 1° Congresso provinciale del neonato Partito si tenne a Ponticelli il 20 marzo, eleggendo nell’esecutivo i due stabiesi, già delegati al congresso nazionale. Cecchi fu riconfermato alla testa della Camera del Lavoro del capoluogo campano, con Francesco Misiano e Tommaso Borraccetti.

A Castellammare, nel febbraio di quel 1921, fu intanto eletto il successore di Michelangelo Pappalardi, ancora in carcere, Primo Galassi.

Nativo di Macerata, dov’era nato nel 1880, Galassi si era trasferito, giovanissimo a Milano, trovandovi lavoro come tappezziere. Agitatore politico, era stato segretario della Camera del Lavoro di Codogno, piccola cittadina della provincia milanese, prima di approdare nella Città delle Acque, dopo essersi dimesso dalla sua carica nel dicembre del 1920.

Troppo tardi era nato il Partito Comunista, troppo lacerati i rapporti con i socialisti, divisioni che indebolirono la stessa CGL, condannata fin dal 1907 a essere cinghia di trasmissione del Partito Socialista prima e del Partito Comunista poi.53

Troppo occupati a farsi la guerra tra loro per rendersi conto di quanto grande fosse il pericolo rappresentato dal Partito Nazionale Fascista.

Eppure i segnali non erano mancati in tutta Italia, così come nella provincia napoletana, iniziando dai fatti di Piazza Spartaco.

Nei mesi successivi i segnali divennero sempre più chiari e tragici, con le uccisioni di Diodato Bertone, il 26 febbraio, a Torre Annunziata e di Giordano Pellegrino, giovane operaio di una fabbrica di vetri a Torre del Greco, il 15 maggio.

Il delitto dell’operaio corallino maturò a compimento di una folle tragica giornata elettorale su iniziativa di una quindicina di fanatiche camicie nere in giro per le città della provincia, tra Ponticelli, San Giorgio a Cremano, Resina, Portici a bordo di tre camion, lasciandosi dietro una lunga scia di sangue.

Si spinsero fino a Torre Annunziata e Castellammare, senza riuscire a entrare nelle due città perché trovarono le forze dell’ordine ad attenderli.54

E anche le successive elezioni amministrative del 10 aprile furono chiare con la vittoria del blocco moderato contro il fronte socialcomunista, con l’elezione di solo tre consiglieri della sinistra: Antonio Esposito, Andrea Vanacore e Raffaele Guida, tutti ancora in carcere e per questo costretti, in seguito, a dimettersi.

E a riprova del nuovo clima politico, in concomitanza con il primo anniversario della marcia su Roma, il 28 ottobre 1923, la nuova Giunta di Francesco Monti deliberò la cittadinanza onoraria per Benito Mussolini, poi revocata il 13 settembre 1944.

Non meglio erano andate le elezioni politiche del 15 maggio perché nella circoscrizione napoletana non fu eletto nessun comunista – tra i candidati Pasquale Cecchi, Antonio Esposito e Michelangelo Pappalardi.

I socialisti riuscirono invece a eleggerne tre – Arnaldo Lucci, Bruno Buozzi e Giovanni Bovio – mentre a livello nazionale furono 122 contro i quindici del partito di Bordiga.

A Torre Annunziata gli scontri tra nazionalisti e militanti di sinistra non si contavano, il primo si era avuto il 4 novembre 1920, poco più di una scazzottata, ma poi gli episodi degenerarono nei mesi successivi nella violenza più brutale, fino all’assalto fascista al Municipio dell’11 luglio 1922 e nell’occupazione e distruzione della Camera del Lavoro del 13 dicembre, costringendo Gino Alfani a dimettersi da sindaco il giorno dopo.

A Castellammare, invece, dopo le dimissioni di Primo Galassi, chiamato a dirigere la Federazione Meridionale dell’Arte Bianca con sede a San Giovanni a Teduccio, la lotta, senza esclusioni di colpi, tra socialisti e comunisti, portò la Camera del Lavoro, nel frattempo trasferitosi in via Coppola 33, a essere diretta, per la prima volta, da un socialista, di cui purtroppo c’è stato tramandato soltanto il cognome, tale Falcone.

Probabilmente si tratta di Pasquale Falcone, lo stesso che fu coinvolto nei fatti di Piazza Spartaco e per questo tra i primi a essere arrestato nelle ore successive alla strage.55

Ormai, però, era la fine e inutilmente Antonio Cecchi scriveva sul Soviet «Per ogni istituzione operaia violata, cento palazzi borghesi grideranno il nostro odio e la nostra ferma vendetta».

Attentati e ferimenti, senza esclusioni di colpi, fra entrambe le parti, in una sorta di guerra civile non dichiarata, continuarono nei mesi successivi: così accadde a Torre Annunziata dove allo sciopero dei pastai il Fascio di combattimento locale rispondeva avviando al lavoro Camicie nere disoccupate.

Scioperanti, rimasti ignoti, contro la nuova forma di crumiraggio risposero con due attentati dinamitardi, utilizzando piccole bombe, del tipo usate dai pescatori, contro i pastifici dei fratelli Iennaco e di Alfonso Balestrieri, distanti due chilometri circa l’uno dall’altro, senza, peraltro, provocare nessun danno.56

Ci furono quindici fermi tra gli operai scioperanti, poi rilasciati. Intanto, pur tra mille difficoltà, lo sciopero continuava, ormai da venticinque giorni, quando ci fu un agguato contro il Segretario del Fascio, Ferdinando Ferrara, un tenente mutilato di guerra, fatto segno di numerosi colpi di pistola e ferito in diverse parti del corpo.

Due amici al seguito del segretario risposero al fuoco. Seguirono, ancora una volta, fermi e arresti tra gli scioperanti. In un primo momento le indagini si fermarono sul mugnaio Aniello Russo, in seguito su Carlo Di Martino, anch’egli mugnaio, consigliere comunale comunista, senza comunque riuscire a trovare prove utili al loro arresto.57

Alcuni mesi dopo, durante l’inaugurazione del Fascio di combattimento a Piano di Sorrento, per la presenza di Aurelio Padovani (1888 – 1926) e di Nicola Sansanelli (1891 – 1968), ci fu un’adunata di fascisti provenienti prevalentemente da Napoli e dalla vicina Castellammare.

Il tour dei due esponenti fascisti proseguì in serata a Sorrento, dove tennero un comizio in Piazza Tasso. Durante l’intervento di Padovani, da una traversa attigua, alle spalle del monumento, furono esplosi tre colpi di rivoltella senza provocare nessun ferimento. Immediatamente una squadra di fascisti invase il vicino Hotel Valle di Sorrento, frantumando alcuni vetri, ritenendo che i colpi esplosi fossero stati sparati da una finestra dell’albergo, continuarono i loro raid.

«Ristabilita la calma, Padovani parlò ricordando l’agguato compiuto pochi giorni prima contro le camicie nere da parte dei socialcomunisti sorrentini, ferendo al braccio un giovane impiegato reo di aver cantato Giovinezza in pubblico».58

Nel frattempo squadre fasciste si lanciarono alla ricerca degli attentatori, perquisendo locali notoriamente frequentati da antifascisti e fermando quanti sembravano loro sospetti. L’attenzione si fermò su tre uomini in particolare – trovati armati – e questi furono bastonati a sangue, prima di consegnarli ai carabinieri.

«Raggiunti, infine, le sedi dei circoli socialisti, comunisti e popolari furono devastate. Sedie, tavoli, emblemi sovversivi, ecc, tutto fu asportato, mentre le vetrate dei locali attaccate cadevano infrante dalle furibonde bastonate dei fascisti decisi a far pagare caro l’attentato ai sovversivi, inclusi anche i popolari (...)»59

 

Di certo non furono fortunati gli antifascisti sorrentini.

Qualche anno dopo, nel pomeriggio del 15 febbraio 1925, furono sorpresi in otto mentre stavano riuniti in una casa campestre, in una località isolata di Sorrento. Fermati per accertamenti, furono successivamente rilasciati, cavandosela a buon mercato, infatti, non risulta che qualcuno abbia pagato con il carcere, o, successivamente, con il confino. 

Non rimase immune dalla violenza fascista l’antica frazione di Scafati, Valle di Pompei, non ancora assurta a comune autonomo, dove nel febbraio del 1923 ci fu uno scontro a fuoco tra nazionalisti antifascisti e squadristi.

Un altro raid si registrò nel 1925 nella futura cittadina mariana durante il quale vennero aggrediti i militanti comunisti Sebastiano Strasso e Michele Nappi, e seguirono innumerevoli perquisizioni personali dei più noti sovversivi nelle case e nei luoghi di lavoro.60

Nato a Scafati nel 1893, Michele Nappi era un operaio meccanico dell’Ilva di Torre Annunziata. Segretario della sezione socialista di Scafati nel 1919, subì arresti ed aggressioni da parte dei fascisti, fino ad essere condannato al confino politico nel 1926.

All’indomani della Liberazione riprese il suo posto nelle fila del PCI, candidandosi nelle prime elezioni amministrative di Torre Annunziata del 15 giugno 1947. Rientrato nel Partito Socialista, continuò a candidarsi nelle successive amministrative, fino al 1956, senza mai riuscire a conquistare i necessari consensi per essere eletto.

Non meno interessante è la biografia di Sebastiano.

Nato a Scafati il 27 gennaio 1897, si iscrisse appena quattordicenne alla Fgsi, aderendo poi al Partito comunista, dove assunse la carica di segretario della locale sezione, carica conservata fino al 1926, quando fu confinato a Lipari.

Tra il 1919 e il 1924 fu segretario della Lega metallurgica e componente della Commissione Interna dei Cmi. Arrestato nel 1926 scontò alcuni giorni di carcere perché sospettato di aver scritto frasi sovversive in fabbrica.

Lo ritroviamo nuovamente, all'inizio del secondo conflitto mondiale, nel gruppo clandestino denominato Spartaco, con altri militanti di Napoli e della provincia, tra cui i fratelli Cecchi, Antonio e Camillo, Espedito Lambiase, Enrico Vicinanza e Luigi Balzano, cercando di

«compiere un lavoro concreto e coordinato per mettere le masse operaie nella possibilità di reagire all'inutile politica di massacri e distruzioni che la guerra voluta ed imposta dal fascismo, rivelava, nonostante la retorica di Mussolini e le menzogne dei giornali».61

Sull'Unità del 1 ottobre 1970 Sebastiano scrisse una sua testimonianza sull'occupazione delle fabbriche del 1920, alla quale partecipò in prima persona ai Cantieri metallurgici italiani, assumendo il compito di capitano delle ‘guardie rosse’ a difesa dello stabilimento.

Anche un fratello di Sebastiano, Pasquale, ritenuto un pericoloso sovversivo, fu un militante comunista e assegnato al confino politico a Lipari nel 1927 e nel 1941 internato nel campo di concentramento di Ariano Irpino.

Altri omicidi di militanti di sinistra avvennero nella vicina Gragnano, dove a seguito di brutali aggressioni morì Francesco Buondonno, altri rischiarono lunghi anni di carcere per salvare la gloriosa bandiera della Camera del Lavoro, nascondendola per tutto il ventennio in un materasso, per farla poi riemergere all’indomani della Liberazione.

Nella piccola città dell'arte bianca resisteva, fin dai primissimi anni del novecento un  forte nucleo di elementi di sinistra, qui ricordiamo Fortunato Mariconda, segretario della Lega impiegati privati, Mario Vicinanza, il mugnaio Domenico Sacristano (1885 - 1969), autore dello Statuto della Camera del Lavoro locale e segretario della stessa nel 1920, il pastaio Baldassarre Scarfato, tra i partecipanti alla costituzione della Camera del Lavoro nel 1909,  il ferroviere Enrico Vicinanza e, naturalmente, il più famoso, Oreste Lizzadri, protagonista nell'aprile 1913 della costituzione della prima sezione socialista della storia di Gragnano. 

Nella città stabiese i fascisti, non si limitarono ad uccidere inermi cittadini, come l'operaio Liberato Capasso, colpevole di essersi rifiutato di gridare ‘viva il duce’, e per questo ammazzato da un capraio ubriaco, come racconta Antonio Barone nel suo libro su Piazza Spartaco, ma arrivarono anche ad uccidersi tra loro

Accadde poco prima della mezzanotte del 13 novembre 1924, quando l’ex onorevole, Alfonso Imperati, uccise il consigliere comunale ed appaltatore edile, Andrea Cosenza, entrambi fascisti della prima ora, dopo un’accesa discussione politica tra i due.

L’avvocato Alfonso Imperati era figlio di facoltosi commercianti, aveva partecipato alle elezioni politiche del 1921 nel collegio di Castellammare, riuscendo primo tra i non eletti. A vincere, nella lista del Fascio, fu il medico e professore universitario romano, Raffaele Paolucci (1892 – 1958), ma

«optò per un collegio abruzzese, lasciando ad Imperati, che lungamente lottò per la convalida e avendo così il piacere di sedere in parlamento. Per queste elezioni egli aveva speso ben 150 mila lire, dando fondo alla parte che il padre gli aveva assegnato sulla futura eredità nel momento in cui prese moglie (...)»62

Eccessivamente impulsivo e di carattere violento, si era ben presto inimicato con tutti, fino ad essere ripudiato dal suo stesso partito.

Per uscire dall’isolamento si era candidato nelle elezioni del 1924 nella lista del Cavallo Sfrenato, senza riuscire ad essere eletto.

Dopo una lunga latitanza fu arrestato il 14 gennaio 1929, in Francia, dov’era scappato alcuni anni prima, nascondendosi sotto falso nome.63

Intanto la Camera del Lavoro si era improvvisamente svuotata dei suoi iscritti, isolata, rassegnata, priva dei suoi capi storici, all’indomani del golpe delle camicie nere, ormai padroni del Paese e pronti a cambiare le sorti dell’Italia intera Così traspare dal racconto di un famoso squadrista locale, Piero Girace:

«Davanti alla Camera del Lavoro pochi sfaccendati sulla soglia. Volti stanchi, sfiduciati. Non avevano più l’aria provocatoria di un tempo (...) il vecchio custode della sede, un impiegato postale trasandato e beone (...). Molti degli organizzatori rossi erano scomparsi misteriosamente. Quel tale professore che dalla Cassa Armonica aveva dettato sarcastico e tracotante, fra l’entusiasmo della folla, l’epitaffio per la borghesia, “Qui giace la buffa e stomachevole borghesia”, si era dato alla fuga.»64

 

Chiusa la Camera del Lavoro, sostituita da organizzazioni locali della Confederazione Nazionale delle Corporazioni Sindacali, legata al fascismo, abolita la libertà di stampa, a Castellammare, come nel resto d’Italia, era possibile trovare nelle edicole soltanto giornali inneggianti al nuovo regime.

Il più famoso era sicuramente Il Risveglio di Stabia in edicola da gennaio 1916, quindicinale fondato da Catello Langella, d’ispirazione nazionalista.

Seguivano il Popolo Tirreno fondato su iniziativa del tenente Rega e dello stesso Langella, in edicola dal 20 febbraio 1921. Per lungo tempo fu l’unica rivista fascista del Mezzogiorno, almeno secondo il resoconto fatto da Giacomo de Antonellis nel suo Napoli sotto il regime.

Il terzo periodico fascista fu La Scure, organo settimanale delle camicie nere di Castellammare di Stabia, come recitava il sottotitolo, pubblicato dal 4 novembre 1924 e stampato presso la tipografia De Martino.

E quando ancora era possibile trovare nelle edicole giornali dell’opposizione, venderli diventava quasi impossibile perché si rischiava l’aggressione fisica da parte delle camicie nere. Accadde al povero Pasquale Ferrone, edicolante di Sorrento, malmenato a più riprese perché colpevole di aver venduto anche copie del giornale comunista, l’Unità, in edicola dal 12 febbraio 1924, poi diventato clandestino dal gennaio 1927.

«(…) La bravata si è ripetuta sere or sono al Teatro Estivo, ad opera di un milite della benemerita e di un milite nazionale. I quali hanno condotto il Ferrone alla caserma dei CC. RR. Togliendogli tutte le copie dell’Unità, diffidandolo di vendere per l’avvenire il nostro giornale e aggiungendo per l’occasione le solite minacce.»65

Così per non rischiare aggressioni, fermi ed arresti, i militanti cominciarono a scrivere sull’Unità utilizzando pseudonimi del tipo L’occhio di Mosca nello stabilimento Coppola, come si firmava un operaio dello stabilimento Catello Coppola, una dei più importanti di Castellammare con i suoi 400 dipendenti, nell’invitare i compagni della gloriosa fabbrica metalmeccanica, sulle cui mura appena, qualche anno prima, sventolava la bandiera rossa dell’occupazione di fabbrica nell'indimenticabile biennio rosso, quando si pensava fosse prossima la rivoluzione proletaria, a svegliarsi dall’inerzia nella quale erano precipitati, a riprendere il loro posto di avanguardia del movimento operaio stabiese riorganizzandosi in sindacati.66

Così come non erano più pubblicati i nomi dei dirigenti politici che assumevano la guida delle sezioni ancora attive.

Con l’avvento del regime si aprirono nuove sedi sindacali e a dirigerle fu chiamato Paolo De Fusco nominato Segretario Generale.

Salvatore Fatta (1870 – 1940), l’antico repubblicano combattente volontario a fianco degli irredentisti greci nel 1897 agli ordini di Ricciotti Garibaldi (1847 – 1924), assunse l’incarico di Segretario amministrativo.

Alfonso D’Orsi si ricordò del suo pur breve passato di sindacalista, assumendo il ruolo di fiduciario comunale della Federazione Lavoratori dell’Agricoltura.

In politica, tra i segretari della sezione locale del Partito Nazionale Fascista (PNF), spesso commissariata, ricordiamo l’avvocato Alfonso Imperati, l’illustre professore Raffaele Calvanico, Gaetano D’Auria, Gioacchino Longobardi, Giovanni Vollono, un commerciante in grano, il dottore in lettere, Arnaldo Fusco, il ragioniere Pasquale Amato, uno squadrista della marcia su Roma e il notaio Giuseppe D’Alessandro, mentre alla testa del Fascio femminile, costituito nell’agosto 1925, ricordiamo la professoressa della Scuola complementare pareggiata, Franceschina Vanacore.67

Nel 1923 con decreto legge fu abolita la festa del Primo Maggio e sostituita dalla Festa del lavoro del 21 aprile, coincidente con il Natale di Roma.

Il 4 gennaio 1927 Ludovico D’Aragona, Segretario generale della CGL e l’intero gruppo dirigente dell’organizzazione decise l’autoscioglimento della gloriosa confederazione, salvo ricostituirla in febbraio a Parigi su iniziativa del socialista Bruno Buozzi, mentre i comunisti ne rifondarono un’altra a Milano, provocando un dualismo di cui non si avvertiva la necessità.

Nel 1926 furono cancellati i consigli comunali e abolita la figura del sindaco sostituita dal Podestà.

Il primo della serie fu Francesco Monti, già sindaco dopo la caduta di Pietro Carrese nel 1921.

Si sognò la Grande Castellammare e il Podestà, con deliberazione dell’11 ottobre 1927, inviò un voto al Governo del Re per aggregare il comune di Sant’Antonio Abate alla Città delle Acque. Naturalmente nessuno ne tenne conto.

La lunga notte del fascismo era ormai iniziata, e da questa si uscì soltanto all’indomani del 25 luglio 1943, non senza passare per le forche caudine dell’occupazione tedesca, con le rappresaglie, le deportazioni, le ultime angherie dei fascisti, i morti innocenti lasciati dai nazisti in fuga, la lotta partigiana, o, come altri preferiscono, la guerra civile fra opposte fazioni, prima e dopo il 25 aprile 1945.

 

 

 Note

1. Castellammare di Stabia contava oltre novemila abitanti nel 1748, 15mila nel 1814, toccando i ventimila negli anni ’20 dell’Ottocento. Il primo censimento post unitario del 1861 fisserà in 21.973 la sua popolazione.  Con l’Unità d’Italia i Distretti saranno denominati Circondari e i sottintendenti diventeranno sottoprefetti.

2. Fiore all’occhiello di una città che aspirava a diventare punto d’incontro del turismo nazionale e internazionale, le Terme furono inevitabilmente costrette ad una dimensione non idonea alle loro ambizioni, per la trascuratezza e l’insipienza di una classe politica locale, non adeguata alle loro esigenze e potenzialità. Per la sua affermazione si batterono, ma inutilmente, uomini coraggiosi come Pietro Castellino (1864 – 1933), Pasquale Muscogiuri (1860 – 1946) e Catello Langella (1871 – 1947).

3. M. Palumbo, Stabia e Castellammaredi Stabia, in «Antologia storica», Napoli, A. Flory Editore, 1972.

4. Di notevole importanza era il Molino e pastificio Ruocco. Un opificio unico nel suo genere per la modernizzazione degli impianti. A Castellammare era stato fondato da Raffaele Ruocco, il primo a costruire un molino, “uomo di singolare attività e di iniziative geniali”. Alla morte del genitore, il figlio, Francesco Paolo, trasformò il vecchio stabilimento in un molino a cilindro con pastificio e molitura di zolfo con tutti gli ordigni ed i sistemi suggeriti dall’industria moderna. Realizzato in uno stabilimento di tre piani e occupando un’area di 2500 mq, il pastificio lavorava a ciclo continuo, giorno e notte producendo oltre cento quintali di pasta il giorno e non aveva nulla da invidiare alle più rinomate industrie di Torre Annunziata e Gragnano. Il molino non era da meno con i suoi quindici cilindri in continua attività e in grado di produrre 500 quintali di farina il giorno. Il che – scriveva Il Mattino del 18 settembre 1913 – fa dello stabilimento Ruocco uno dei più produttivi che il nostro Mezzogiorno possa vantare.

Cfr. R. Scala, Catello Langella. Alle origini del socialismo e della Camera del Lavoro di Castellammare di Stabia, , in «Studi Stabiani in memoria di Catello Salvati», Nicola Longobardi Ed. 2002, pag. 155- 203. Di rilievo anche il molino e pastificio fondato da Giuseppe D’Apuzzo, la prima industria della pasta automatica a vapore d’Italia, consumata dal Re, premiata a Parigi con la medaglia d’oro e d’argento dal re d’Italia. Stando ad una testimonianza del pronipote, Fabio D’Apuzzo, quando la famosa Barilla era solo un piccolo laboratorio artigiano, lavorava producendo la pasta dei D’Apuzzo.

5. Sulla nascita delle Società di Mutuo Soccorso, i suoi congressi e sulle origini del movimento operaio italiano, sono indispensabili le letture di G. Manacorda, Il movimento operaio italiano, Editori Riuniti, 1963 e S. Merli, Proletariato di fabbrica e capitalismo industriale, La Nuova Italia, 1972.

Merita una nota particolare, per la sua composizione sociale, la nascita a Castellammare di una Lega fra gli insegnanti elementari, abbastanza forte da pubblicare un periodico dallo stesso nome, il cui primo numero uscì il 10 giugno 1893.

6. A Napoli e provincia su 273 Associazioni operaie esistenti al 1° luglio 1885, ben 249 avevano carattere liberale monarchico, 9 repubblicane, 12 clericali e 3 anarchiche. Alle prime erano iscritti 44.856 soci, alle seconde 2000, alle clericali 4940. Le repubblicane e le anarchiche hanno tutte sedi in Napoli, delle clericali se ne trovano in buon numero nei circondari particolarmente in quello di Castellammare. Cfr. G. De Rosa- A. Cestaro, Territorio e Società nella storia del Mezzogiorno, Guida Editore, pag. 522/23.

7.Cfr. A. Barone, Castellammare. Pagine di storia, Edizioni Godot, 1990, paggi. 73/74.

8. Il 6 giugno 1874 il Prefetto di Napoli scriveva al Questore: «Particolari informazioni mi farebbero credere che a Napoli e nel resto della provincia la propaganda dell’Internazionale sia assai attiva, essendo riuscita a far reclutare molta gente, in ispecie fra gli operai addetti alla marina mercantile, fra i lavoratori dei cantieri (…) Castellammare sarebbe il punto centrale delle operazioni dell’Internazionale nel napoletano».Un successivo rapporto della seconda metà di luglio confermava come nella città stabiese fossero ormai in via di formazione nuclei armati di repubblicani e socialisti pronti per l’insurrezione, attesa per i primi giorni d’agosto. Alle forze dell’ordine distribuite sul territorio si raccomandava di essere pronti a fronteggiare la situazione. Cfr. R. Scala, Catello Langella, alle origini del socialismo, cit. pag. 162.

9. Di questi primi socialisti si ricordano Edoardo Sola (1871 – 1931), pittore, scultore e fotografo, l’operaio Fedele Venturini (1874 -?), considerato uno dei più pericolosi socialisti locali, Segretario della Lega mugnai all’indomani della fondazione della prima Camera del Lavoro, Alcibiade Morano (1869 - ?) e Cataldo Vito Maldera che furono i  Segretari  nei primi anni di vita della gloriosa organizzazione camerale, creando le condizioni per la sua affermazione prima che ne prendesse le redini Gino Alfani nel marzo 1908. Figure minori furono Giuseppe Di Casola, Giuseppe De Simone (1880 -?), direttore del settimanale socialista, Verità, fondato nel luglio 1903, Cataldo D’Oria (1871 – 1929), tra i protagonisti della fondazione della Camera del Lavoro il 26 febbraio 1901, Vincenzo Precenzano (1872 -?), segretario del circolo socialista torrese nel 1897, arrestato a seguito dei moti di maggio del 1898, Luigi Tremonti, Arturo Giannelli (1869 - 1904), consigliere comunale nel 1900 e tanti altri ancora.

10. Per chi voglia avvicinarsi alla storia del movimento operaio napoletano si consiglia come prime letture, pur non esaustive, quelle di F. Barbagallo, Stato, Parlamento e lotte politico sociali nel Mezzogiorno (1900 – 1914),Guida Editori 1980; M. Marmo, Il proletariato industriale a Napoli in età liberale, Guida Editore 1978; M. Fatica, Origini del fascismo e del comunismo a Napoli (1911 – 1915), La Nuova Italia, 1971, A. Scirocco, Democrazia e socialismo a Napoli dopo l’Unità, Libreria Scientifica Editrice, 1973; A. Romano, Storia del movimento socialista in Italia, Editore Laterza, 1966.  

11. Sul tentativo del nucleo stabiese di incoraggiare la partecipazione alla manifestazione cfr. ACS, CPC, Francesco Giovanni Rodoero, busta 4369. Franco Rodoero (1875 – 1965) partecipò anche ai moti del pane del maggio 1998 e per questo costretto a scappare per evitare il carcere. Intenzionato a raggiungere la Francia si fermò a Genova dove decise di rimanervi per il resto della vita, partecipando da protagonista alla vita del movimento operaio genovese.

12. Nato a Castellammare di Stabia il 29 aprile 1861, si era avvicinato al socialismo relativamente tardi: giovane firmatario di un Comitato formatosi per favorire la costruzione di una lapide per commemorare Giuseppe Garibaldi all’indomani stesso della sua scomparsa nel giugno 1882, lo troviamo in seguito candidato nelle elezioni amministrative del 31 luglio 1892, nella Lista Unitaria Liberale, il cui capo riconosciuto era Catello Fusco e dove fu eletto con 431 voti. Probabilmente passò pure attraverso una breve esperienza repubblicana, forse nello stesso circolo, Aurelio Saffi, in cui aveva militato Catello Langella. Nei primi mesi di quell’anno, lo ritroviamo tra i protagonisti della pubblicazione curata dal nucleo repubblicano di un numero unico in occasione del 1° maggio con scritti dello stesso Gaeta, di Catello Langella e dell’avvocato di San Giuseppe Vesuviano, Angelo D’Ambrosio. Passato al socialismo, dopo il 1898, fu da quel momento protagonista d’ogni battaglia d’emancipazione, sempre presente in tutte le iniziative politiche e sindacali, almeno fino al 1912, quando passerà la mano ai suoi figli, Guido e Oscar. Fu corrispondente locale dell’Avanti! nei primi anni del nuovo secolo, Direttore nel 1903 del primo giornale socialista di Castellammare, il quindicinale Lotta Civile, assessore i una Giunta di “centrosinistra” nel 1906. Si trasferirà a Napoli nel luglio 1935 con Oscar e Nino e da allora non hanno più sue notizie, anche se risulterebbe ancora vivente nel 1945. Non si conosce la data della morte.

13. In una lista di minoranza, emanazione della stessa Associazione Operaia Liberale, messa in piedi alla vigilia delle elezioni per fronteggiarne altre due comparse anch’esse all’ultimo momento, patrocinata, l’una dalla Gazzetta del Popolo e l’altra sorta come Lista degli operai del cantiere, è candidato un altro socialista, l’avvocato Salvatore Formicola, a sua volta coinvolto nei fatti del maggio 1898. Vedi Il Mattino del 6 luglio 1896: Le elezioni amministrative a Castellammare.

14. Roma, 2 maggio 1898: I disordini pel rincaro del pane a Castellammare ed a Gragnano, di Nicola Ciardiello e numeri successivi anche de Il Mattino.

15. Roma, del 10 e 11 giugno 1898: Il processo dei socialisti di Castellammare.

16. Avanti! 26 luglio 1900. Sezione Socialista. L’articolo è firmato, Martelli, pseudonimo di Catello Langella. Cfr. anche La Propaganda, organo regionale socialista, anno II, n. 71 del 29 luglio, Notizie di Partito - Comunicazione. «Il gruppo socialista stabiese riunito in assemblea generale nella sede del comitato dei Partiti Popolari dichiara costituita la Sezione del Partito Socialista di Castellammare di Stabia, facendo adesione alla Federazione Socialista di Napoli (…)  Castellammare di Stabia, 19 luglio 1900».

17. Personaggio eclettico: rimase celibe per fedeltà alla amatissima fidanzata, morta giovanissima, per tubercolosi a soli 21 anni, Michelangelo Cattori era un capitano di corvetta, ingegnere, amante della musica e autore di diverse pubblicazioni sulla marina militare. Nel 1890 brevettò un sistema d’alimentazione elettrica a linea aerea e alimentazione in serie delle motrici sperimentato per la prima volta a Roma lungo il tratto di via Flaminia, da Piazza del Popolo a Ponte Milvio ed entrato in funzione il 12 luglio di quell’anno. Sull’argomento pubblicò nel 1892 due opuscoli. A Torre Annunziata realizzò, tra le foci del Sarno e le ferriere vesuviane, il Rione Operaio Cattori la cui prima pietra fu deposta il 18 novembre 1906. (Il rione) era formato da un gruppetto di palazzine e due palazzi grandi, costruiti quasi sulla spiaggia che si stendeva tra Torre Annunziata e Castellammare. Il vecchio Cattori proprietario della fonderia che sorgeva poco più lontana, cominciò a costruire questo rione per farlo abitare dai suoi operai. Il progetto comprendeva la costruzione di un ospedale, di un’infermeria, di uno spaccio cooperativo e di un albergo che doveva fornire alloggio a tutti quelli che non avevano famiglia. Ma la morte di Cattori mise fine al progetto. Cfr. il bellissimo romanzo scritto nel 1934 da C. Bernari, Tre operai, Oscar Mondadori, pag. 115. Per lo stesso Rione, Cattori progettò la chiesa di San Michele Arcangelo. La città di Oplonti gli ha dedicato un busto.

18. Rodolfo Rispoli, avvocato, era nato a Campagna (SA) il 2 novembre 1863, figlio e nipote di uomini politici, repubblicano fin dal 1882, membro della Lega anticlericale intitolato a Giordano Bruno dal 1886, consigliere comunale a Castellammare nel 1890, fu allievo prediletto di Giovanni Bovio. Candidato nel collegio di Castellammare nelle politiche del 1900, eletto nel 1903 e nel 1913, abbandonò le sue antiche idee repubblicane per avvicinarsi al nazionalismo imperante alla vigilia dell’avventura libica. Morì a Napoli il 1° agosto 1930.

19. Sullo sciopero dei metallurgici della Cattori vedi le corrispondenze della Propaganda firmate da xy ma molto probabilmente dal socialista Andrea Luise, del 2, 12, 23 e 26 luglio 1903.

20. Giuseppe Spalletta era nato a Napoli nel 1879. Trasferitosi a Castellammare di Stabia, probabilmente a seguito dell’assunzione presso la Cattori, fu l’organizzatore della lega e del successivo sciopero. Alcuni mesi dopo assunse la segreteria della sezione socialista stabiese, fino a quando, probabilmente a seguito del suo licenziamento, non rientrò a Napoli. Nel 1909 emigrò in Francia, vivendo tra Marsiglia e Nizza. Rientrato in Italia, non trovò pace, muovendosi fra Milano, Genova e Torino. Partecipò al primo conflitto mondiale e in seguito si trasferì definitivamente a Torino. La morte lo coglierà nel 1942, senza aver mai rinnegato la sua fede socialista.

21. Il 1° numero di Lotta Civile, primo quindicinale socialista di Castellammare, fu pubblicato il 12 aprile 1903 diretto da Raffaele Gaeta, mentre la redazione era composta dal notaio Alfonso de Martino, i professori di francese e matematica, Andrea Luise e Pietro Carrese, l’avvocato Vincenzo De Rosa e Vincenzo Varone che ne curava l’amministrazione. Cfr. La Propaganda n. 429 del 29 marzo 1903: Castellammare di Stabia.

22. Roma, 23 e 24 luglio 1906: La vittoria dell’opposizione e Elezioni comunali. La nuova vittoria dell’opposizione con i risultati dei candidati vincenti.

23. ASC: Elezione ad assessore del consigliere Raffaele Gaeta, seduta consiliare del 9 agosto 1906. I cinque socialisti eletti in consiglio comunale erano Alfonso De Martino Presidente del locale Comitato degli arsenalotti, Raffaele Gaeta, Pietro Carrese, Andrea Luise e il commerciante Agnello Amalfi. De Martino era già stato eletto nelle elezioni amministrative generali del primo febbraio 1903, unico socialista con il repubblicano Michele D’Auria nella coalizione dei partiti popolari, ma dovette sottoporsi alla prova delle elezioni parziali del 22 luglio 1906 come prevedeva la legge dell’epoca, con la decadenza di un terzo del consiglio eletto. La vittoria del 1906 si era completata con l’elezione nel consiglio provinciale dell’ingegnere democratico liberale Antonio Vanacore su Alfonso Fusco. Il padre di Vanacore, Catello, era stato un mazziniano iscritto alla carboneria ed aveva partecipato ai moti del 1848, pagando con il carcere le sue idee.

24. Meglio di Castellammare fece Benevento, dove i socialisti guidati dall’avvocato Luigi Basile (1869 – 1943) costituirono un blocco con i democratici di Leonardo Bianchi riuscendo a conquistare il Municipio nel 1904. Addirittura nel 1905 lo stesso Basile riuscì ad essere eletto sindaco, seppure rimanendo in carica soltanto per un breve periodo.

25. ASC: Adunata straordinaria del 27 agosto 1907, Dimissioni dalla carica di assessori dei signori Gaeta Raffaele e De Martino notar Alfonso.

26. In realtà da anni esisteva la Lega degli arsenalotti, forte di oltre 200 iscritti, quella dei gallettai, sorta nel 1904, mentre nel maggio 1906 si era assistito alla costituzione della lega di miglioramento fra i vetturini, così come annunciato dal periodico socialista napoletano, La Propaganda, del 2 giugno 1906. Vedi l’art. Nuova organizzazione.

27. La forza della sezione socialista e della stessa Camera del Lavoro si esprimeva anche attraverso la nascita di un nuovo periodico, la Voce del Popolo, battagliero settimanale il cui primo numero uscì nel gennaio 1907. Tra i suoi redattori ci furono Pietro Carrese e Vito Lucatorto. Sulla nascita della Camera del Lavoro cfr.  la stampa dell’epoca, l’Avanti dell’8 ottobre 1907, Costituzione di Camera del Lavoro e del 17 ottobre: La Camera del Lavoro a Castellammare di Stabia, entrambi gli articoli a firma Sezione Socialista e ACS BUL, vol. VII, n. 4, ottobre e vol. VIII, n. 5 novembre 1907 in cui si da conto della costituzione della Camera del Lavoro di Castellammare e della formazione delle sezioni aderenti.

28. Per maggiori informazioni sui vari scioperi cfr. R. Scala, Alle origini del socialismo, cit.

29. Per i Radicali si candidarono: Federico Apuzzo, appaltatore – Alfonso Castellano, disegnatore – Giuseppe Gaeta, comunale – Raffaele Luise, ingegnere – Michele Salvati, disegnatore – Giuseppe Scarselli, industriale. Per i socialisti Guglielmo Donnarumma, costruttore navale – Luigi Fusco, legale – Raffaele Gaeta, avvocato – Giosuè Penna, operaio – Vincenzo De Rosa, legale e Catello Marano, dottore in lettere.

30. ACS, MI, AA.FF.GG., busta 133: Comizio pubblico pro costituzione Camera del Lavoro.

31. La Propaganda, 1° ottobre 1910, Organizzazione e 6 maggio 1911, L’inaugurazione del vessillo, entrambi del giovane socialista stabiese Alfonso D’Orsi. Vedi anche l’Avanti! del 29 aprile e 3 maggio 1911, A Castellammare di Stabia, e 25 maggio, A Castellammare di Stabia. Il Comitato degli arsenalotti ha aderito alla Camera del lavoro.

 32. ACS CPC: Alfonso D’Orsi, busta 1855.

 33. Ibidem, nota della prefettura del 7 febbraio 1939 in cui si chiede la radiazione dal Casellario. 

34. Ibidem, “Camera del Lavoro di Castellammare di Stabia”, nota del Prefetto al Ministro dell’Interno del 20 maggio 1912.

35. L’Aurora, giornale politico amministrativo del circondario di Castellammare, anno IV, n° 16 del 4 dicembre 1910, La nuova tattica della massoneria stabile.

36. Il 1° numero del quindicinale La Voce, uscì il 13 ottobre 1912. La redazione era in Via Nuova, 10, proprietario e direttore del giornale era il 25enne Ignazio Esposito. Il periodico uscì, con alterna fortuna, fino alla vigilia del primo conflitto mondiale. Ci riprovò nell’immediato dopoguerra, il 24 agosto 1919, con sede al Corso V. Emanuele, 80.  Cessò definitivamente le pubblicazioni nell’aprile 1920. Ignazio Esposito era nato a Castellammare di Stabia il 26 aprile 1883. Di carattere violento e impulsivo fu l’anima di tutti i movimenti sovversivi che si verificarono nella città stabiese fino al 1917. Fin dal 1915 aveva intanto lasciato il PSI perché in disaccordo con i compagni del partito sulla linea da tenere sulla guerra. Ignazio era stato corrispondente del battagliero periodico napoletano, La Propaganda e dell’organo di partito, l’Avanti! Trasferitosi a Napoli, si impiegò presso l’ufficio di Assicurazioni e Riassicurazioni Marittime, abbandonando definitivamente ogni attività politica.Cfr. ASN, Schedario politico, sovversivi radiati, Ignazio Esposito, busta 60, fasc. 964. Figura di spicco del socialismo dell’area era anche la moglie; Enrichetta Giannelli, nata a Torre Annunziata il 2 settembre 1886, figlia di Arturo, un pioniere del primo socialismo torrese (1869 – 1904). Enrichetta fece parte del nucleo fondatore del Circolo rivoluzionario, Carlo Marx, militante della prima sezione femminile napoletana del PSI nel 1912 con Ortensia De Meo, Ida Garbarino (moglie di Mario Bianchi) e Adele Giannuzzi.

37. Capostipite della famiglia era Casimiro, sindaco di Castellammare di Stabia nel 1877. Suo fratello Catello (1839 – 1904), celebre medico, fu anch'egli diverse volte sindaco negli anni Novanta dell’Ottocento e parlamentare mancato. Uno dei figli di Casimiro, Ludovico, fu deputato di Avezzano e Popoli per cinque legislature, Alfonso fu consigliere provinciale, sindaco nel 1903 e deputato di Castellammare, il fratello Ernesto fu a sua volta sindaco nel 1908.

38. O. Lizzadri, Ruggero Grieco a Napoli alla vigilia della prima guerra mondiale, in «Cronache meridionali», Anno II, n. 12, 1955.

39.  BUL, vol. XXI, n° 4/5 aprile, maggio 1914, pag. 363.

40. R. Scala,  Storia di un rivoluzionario: Antonio Cecchi, in «Cultura e Società», n. 2, 2008.

41. Francesco Cacace, fu segretario della sezione giovanile antimilitarista nel 1914, ma scomparve prematuramente appena due anni dopo, il 3 aprile 1916, mentre Gabriele Celotto, che nella sezione giovanile assurse al ruolo di consigliere, scomparve il 7 febbraio 1935, a soli 39 anni essendo nato il 22 settembre 1896. Tra i promotori della Federazione campana ricordiamo Gerardo Turi di Calabritto (Avellino), valente braccio destro dello stesso Amedeo Bordiga, fino a quando non scomparve durante il primo conflitto mondiale, Amitrano e Giammarino di Torre Annunziata, mentre la funzione di Segretario fu assunta da Antonio Cecchi. Altri membri di Castellammare furono Federico Santacroce e Salvatore Buonocore con l’incarico di sviluppare la propaganda e trattare con il Comitato Centrale. Buonocore sarà poi chiamato alle armi e imbarcato come marinaio sulla Saint Bon. 

42. ACS, MI DGPS: Associazioni, La Camera del Lavoro di Castellammare di Stabia, busta 134.

43.  R. Scala, Storia di un rivoluzionario, cit.

44. V.I. Lenin, Sul movimento operaio italiano, pag. 112, « (…) tutti i sintomi indicano che l’Austria e l’Italia sono alla vigilia della rivoluzione…», dal discorso pronunziato alla seduta del Comitato esecutivo centrale, del 29 luglio 1918.

45. BUL, XXXIV, n° 3/5 settembre-novembre 1920, pag. 326.

46. Ibidem, n° 6, dicembre 1920, pag. 464.

47. ACS MI DGPS, Associazioni Camera del Lavoro di Castellammare di Stabia, busta 134.

48. Sull’occupazione di fabbrica dei Cmi del settembre 1920, s’invita a leggere l’interessante ricordo di Sebastiano Strasso,‘capitano delle guardie rosse’, nella lettera scritta all’Unità il 1° ottobre 1970 in una pagina dedicata al ricordo di quei giorni. Nella lettera cita due compagni di quella straordinaria avventura, il tecnico Guglielmo Monticello e il capo del Consiglio di Fabbrica, Francesco Meloti.

49. BUL, XXXIII, n° 2/3 febbraio-marzo 1920, pag. 431. In tutta la provincia di Napoli si ha notizia soltanto di due Camere del Lavoro aderenti alla Confederazione Italiana del Lavoro (CIL), una era a Napoli, forte, nell’ottobre 1920, di 16 leghe e 13.206 iscritti e l’altra era quella stabiese, arrivando a contare, nello stesso periodo, 9 Leghe e 784 iscritti. La Confederazione Italiana del Lavoro, più nota come Confederazione bianca, fondata da Giovanni Battista Valente, si era costituita a Roma nel marzo 1918, in contrapposizione a quella socialista e aveva organismi territoriali simili alle Camere del Lavoro della CGL, arrivò a contare oltre un milione d’aderenti. Si sciolse nel 1926.

50. S. Gava,  Il tempo della memoria, Avagliano Editore, 1999.

51, In realtà andrebbe conteggiata anche la vittoria del blocco elettorale ottenuta nelle amministrative del 1914, con l’effimera partecipazione dei socialisti ufficiali che vide eleggere sindaco il democratico, Catello Gaeta, una breve esperienza seguita da una lunga gestione commissariale fino alla vittoria socialista del 1920. 

52.Nonostante fosse ancora in carcere, Andrea Vanacore fu candidato anche nelle successive amministrative del10 aprile 1921, risultando uno tre dei consiglieri di minoranza eletti dalla sinistra, con Antonio Esposito e Raffaele Guida. Per l’impossibilità di partecipare alle riunioni furono tutti costretti a dimettersi. Cfr. A. Barone, Piazza Spartaco, Editori Riuniti, 1974.

53. La teoria della cinghia di trasmissione ebbe origine nel Congresso della II Internazionale tenuto a Stoccarda nel 1907 e liquidata ufficialmente, ma non concretamente, da Giuseppe Di Vittorio nell’VIII Congresso del PCI del 1956.

54. Il Mattino del 16 maggio 1921, La tragica giornata elettorale a Napoli.

55. Primo Galassi era nato a Macerata il 22 ottobre 1880. Qui si dimostrò inizialmente anarchico, avvicinandosi poi al socialismo. Trasferitosi nel 1905 a Milano, dove apprese il mestiere di tappezziere, continuò la sua assidua militanza di sovversivo, divenendo un influente dirigente della federazione del Psi e sottoposto a stretta sorveglianza dalla polizia politica. Neutralista convinto fu chiamato alle armi partecipando al conflitto mondiale. Nel 1920 divenne Segretario della Camera del Lavoro di Codogno, trasferendosi a Castellammare nel febbraio 1921. In seguito assunse la direzione della Federazione dell’Arte Bianca con sede a san Giovanni a Teduccio, abbandonando la politica dopo l’avvento del fascismo. Continuò a essere ritenuto pericoloso dal regime. Le ultime notizie risalgono al 1932 quando provò a espatriare in Argentina.  

56. Il Mattino del 22 maggio 1921, L’attentato di Torre Annunziata.

57. Il Mattino del 27 maggio 1921, L’agguato di Torre Annunziata e del 28 c.m., Le indagini per l’attentato di Torre Annunziata. Di Martino continuò ad essere sorvegliato dalla polizia politica in quanto sovversivo fino alla caduta del regime. Nel 1937 fu nuovamente arrestato con altri antifascisti perché sorpreso a commentare notizie di stampa sull'intervento fascista nella guerra civile spagnola, ritenendole non attendibili.

58. Il Mattino del 9 agosto 1921, I circoli comunista, socialista e popolare di Sorrento, distrutti dai fascisti napoletani.

59. Ibidem.

60. L’Unità del 30 ottobre 1925, Bastonature nel salernitano.

61.  Il Pensiero Marxista n. 4 del 10 giugno 1944, articolo di Antonio Cecchi che si firmava con lo pseudonimo di Anteo Roccia. Cfr anche A. Peregalli, L'altra resistenza. Il Pci e le opposizioni di sinistra 1943 – 1945, Ed. Graphos, 1991

62. Il Mattino del 14-15 novembre 1924,  L’ex On. Imperati ammazza un capo fascista a Castellammare di Stabia.  Per pura curiosità, ricordiamo che le 150mila lire spese dall’Imperati per sua campagna elettorale nel 1921 equivarrebbero in lire 2010 a oltre 251 milioni, quasi gli attuali 130mila euro.

63. In Italia Imperati era stato condannato a 21 anni di carcere, ma la Corte d’Appello di Lione diede parere sfavorevole alla sua estradizione, ritenendo il reato commesso un delitto politico e pertanto rimesso in libertà. Visse facendo diversi lavori fino a quando non fu assunto come bibliotecario presso il municipio di Lione nell’aprile 1930. Licenziato nell’ottobre 1937, nel 1938 riuscì a raggiungere gli Stati Uniti, stabilendosi a New York, dove già risiedeva il fratello Mario.  Più volte scrisse al Duce e al Re per ottenere la grazia e poter rientrare in patria, l’ultima di cui abbiamo notizia risale al 15 maggio 1940, vigilia dell’entrata in guerra dell’Italia, quando ormai aveva già 58 anni, essendo nato il 30 settembre 1882.

64. P. Girace, Diario di uno squadrista, Napoli, Ed. Rispoli, 1941. Il professore in questione è, naturalmente, Michelangelo Pappalardi. Su Pappalardi cfr. anche nota 68.

65. L’Unità del 23 agosto 1924, A Sorrento non si può vendere l’Unità.

66. L’Unità del 24 agosto 1924, Tra i metallurgici campani. Rientrare nelle organizzazioni.

67. Questo fascio femminile si rese promotore di inviare un omaggio, accompagnandolo con una lettera, nell’epifania del 1928, al piccolo Romano Mussolini, che aveva meno di quattro mesi (era nato il 26 settembre 1927): «Le Piccole e Giovani Italiane Stabiesi augurano salute al piccolo camerata Romano. E’ questa la prima Befana che allieterà la tua giovane vita, o cara piccola creatura d’amore…» firmarono la missiva Maria Giordano di Alessandro (falegname), Anna Perna di Alfonso (operaio), Teresa Fiorillo di Luigi (Ufficiale a riposo), Maria de Rosa di Tommaso (funzionario), Assunta Landolfi di Guglielmo (negoziante), Giuseppina Romualdi di Giuseppe (meccanico).      

 

 

 

 

        

 

 

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