Eleonora de Fonseca Pimentel, ricordandoti

S.Giorgio a Cremano: quando i Borbone prevaricano tutto il resto

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Carlo di Borbone ha conquistato lo slargo principale di San Giorgio a Cremano, sottraendolo  a Vittorio Emanuele II.

Secondo le motivazioni ufficiali si stratta di un doveroso riconoscimento al monarca illuminato per le innumerevoli opere realizzate nel Meridione e in particolare a Napoli e nell’area Vesuviana.

La recente notizia è stata diffusa dal sindaco Giorgio Zinno con fiero orgoglio “identitario”, preannunciando una solenne cerimonia che si terrà nei prossimi giorni per ufficializzare il cambio della toponomastica.

Si tratta, dunque, di un grande successo per  tutti coloro che si sono impegnati in questa “crociata” finalizzata al riscatto di una gloriosa memoria storica fin troppo offuscata dai Savoia colonizzatori del Sud. «E’ un doveroso riconoscimento a Carlo di Borbone che, in questo modo, va oltre i libri di storia e diventa così un gesto concreto», ha dichiarato il primo cittadino di San Giorgio.

L’approvazione è stata data dalla Prefettura, dalla Soprintendenza Archeologica per l’area metropolitana ed anche dalla Società Napoletana di Storia Patria. Fino a prova contraria questa è la versione ufficiale.

Ma dalla Società Napoletana di Storia Patria arriva la smentita.

 

La richiesta inoltrata dal sindaco di San Giorgio comprendeva vari punti, tra cui nuovi toponimi e la modifica del nome della piazza. La Società si era espressa favorevolmente solo per i nuovi toponimi e non per la piazza. Si è provveduto pertanto ad inviare alla Prefettura la precisazione e l’integrazione della risposta originaria precisando che la Società stessa  non è favorevole alla modifica richiesta dal Comune.

Intanto a Napoli, nella Chiesa del Carmine dove sono sepolti ventidue martiri dell'ecatombe borbonica del 1799, è stata danneggiata la lastra in loro memoria, apposta dal Comune e dall'Istituto Italiano per gli Studi Filosofici appena tre anni fa.

A questo punto viene da chiedersi un po’ di cose. Innanzitutto se questa “involuzione” etichettata come “identitaria” sia mai stata considerata oltre gli  scopi reconditi dei suoi fautori, e quanto questa possa giovare al riscatto di un popolo che ha alle sue spalle secoli di storia greca, romana, sveva,  angioina e aragonese opportunamente “dimenticata”.

E’ innegabile che Carlo di Borbone sia stato il meno peggio della sua dinastia, conferendo a Napoli un ruolo di Capitale da lungo tempo sofferto, ma è anche notorio che la sua opera riformatrice fu  offuscata dalla politica reazionaria dei suoi discendenti.

Se fossero stati “illuminati” tanto quanto Carlo, probabilmente la tanto decantata “colonizzazione” da parte dei Savoia non si sarebbe verificata. Ma la storia ha avuto un corso diverso e, indipendentemente dalle cause e dai colpevoli e dalle trattazioni controverse, ne abbiamo tutti subito le conseguenze.

Ora, andare a cercare la propria “identità” in casa Borbone, se da una parte rallegra i nostalgici e gli scaltri approfittatori che la commercializzano con libercoli e oggetti vari, dall’altra trova il dissenso di chi non condivide questa “identità” imposta e magari la ricerca in altri periodi storici o personaggi la cui fama ha arricchito Napoli diversamente.

Per dare spazio ai monarchi si accantonano i filosofi, i letterati, gli artisti. Giusto a titolo di esempio prendiamo il caso di Luca Giordano (Napoli 1634-1705).

Chi ama l’arte non può non conoscere questo grande artista napoletano, autore di opere pregiatissime presenti sia in Italia che a Madrid. La risonante fama del nostro pittore gli valse commesse presso le più importanti corti, chiese e palazzi nobiliari.

Probabilmente al sindaco di San Giorgio a Cremano, Giorgio Zinno, che tanto dimostra di amare  la memoria storica e tanto si è prodigato per la causa borbonica, deve essergli sfuggito, o non sa, che proprio nella sua cittadina al Miglio d’Oro, e precisamente in viale Bernabò, c’era una villa splendida dove visse e operò Luca Giordano.

Da allora la zona prese la vaga denominazione ancora attuale del “Pittore”, e così è chiamata la piazzetta alla fine del viale Bernabò, antistante la cappella gentilizia della “Madonna del Carmelo” che lo stesso artista fece costruire in occasione della nomina del figlio Lorenzo a Gran Giudice della Vicaria.

Dopo i Giordano la villa fu acquistata dai nobili Marulli e l’ultimo discendente, il conte Giuseppe, qui istituì e diresse dagli anni trenta del Novecento una casa di cura per ragazzi ritenuti “subnormali”, la meglio nota "Villa Anna".

I degenti erano ricoverati in due padiglioni edificati intorno alla struttura originaria dove lo stesso conte Marulli visse fino a tarda età, preservando in qualche modo gli affreschi lasciati da Luca Giordano e la struttura originaria della dimora settecentesca.

Con il varo della legge Basaglia del 1978 e la morte del conte, la villa finì abbandonata alle “cure” dell’amministrazione comunale, divenendo da allora, e per oltre quaranta anni, rifugio di circa ventuno famiglie disagiate che, dopo un lunghissimo periodo di indifferenza da parte delle amministrazioni locali che si sono susseguite, solo da pochi mesi hanno ottenuto lo sgombero.

E la villa di Luca Giordano? Cosa resta del grande affresco che raffigurava la Madonna ed alcuni santi  davanti all'ingresso della tenuta? E delle due palme settecentesche?

Poco o niente. Su tutto è calato un velo pietoso e omertoso. Oramai la splendida dimora è stata ridotta a un rudere con una discarica attigua a cielo aperto. Il signor sindaco Zinno e i suoi assessori filo borbonici sono troppo occupati a recuperare l'orgoglio "identitario delle Due Sicilie", e già sono orientati a ridare lustro alla villa del Tanucci, oltre che a modificare ulteriormente la toponomastica in favore dei Borbone, preparando solenni celebrazioni. Sono orbi di fronte a questo vergognoso scempio e fanno spallucce alla impietosa distruzione della nostra “identità artistica”. E così i funzionari della Soprintendenza e tutti gli altri adepti della conventicola.

E’ ovvio, Luca Giordano (ma è stato citato lui giusto a titolo di esempio), non produce caffè, libercoli o mutande stemmate, il “pittore” non attiva commerci o interessi economici, bensì richiede un investimento di somme ingenti che finirebbero "sprecate". E purtroppo si sa, i finanziamenti, se e quando arrivano, trovano sempre il modo per essere dirottati altrove. Meglio allora investire sulle "Due Sicilie". Ora più che mai l'affare "identitario" è molto redditizio.

 

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