Eleonora de Fonseca Pimentel, ricordandoti

Viotti autore della Marsigliese

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Il grande musicista Giovanni Battista Viotti ha avuto un destino singolare ed ingiusto. Nato da una modestissima famiglia il 12 maggio del 1755 a Fontanetto Po, piccolo paese del Piemonte posto nei pressi di Vercelli, egli conquistò in Europa una fama tranquillamente paragonabile a quella di Mozart negli stessi anni in cui “Il Divino” era vivente.

Autore di concerti per violino (in cui rientra fra i grandi della tradizione violinistica italiana assieme ad Arcangelo Corelli, Antonio Vivaldi, Pietro Antonio Locatelli, Giuseppe Tartini e Niccolò Paganini), e di musica da camera, il Viotti ha condizionato in profondità i musicisti francesi dell’epoca ed in generale ha contribuito al porre le basi di quella che sarebbe poi divenuta la “musica romantica”.

Sebbene la sua fama sia stata altissima durante la sua attività, come si è detto almeno pari a quella del contemporaneo Mozart, essa non è stata duratura per ragioni indipendenti dal valore musicale in senso stretto.

Traversie politiche (dovette scappare dalla Francia rivoluzionaria perché sospettato d’essere monarchico, e dall’Inghilterra perché ritenuto giacobino …), l’impossibilità di poter esercitare l’attività di compositore o concertista per lunghi periodi della sua vita (dovette improvvisarsi commerciante per vivere), un carattere schivo e solitario hanno sfavorito la conservazione del suo nome.

 

Il cambiamento di gusto musicale portato da Paganini nel genere violinistico ha inoltre condotto il grande pubblico al sostanziale oblio dei grandi violinisti anteriori, persino di un Corelli che rimane un esempio ineguagliato di perfezione stilistica nel suo genere.

La riscoperta di Viotti è avvenuta negli ultimi decenni e, fatto emblematico, più all’estero che non in Italia. Oggigiorno in Inghilterra questo grande compositore è molto conosciuto ed apprezzato, laddove nella sua terra d’origine permane quasi ignoto al grosso della popolazione. L’accresciuta attenzione nei confronti di questo musicista ha portato ad una scoperta sorprendente.

Il violinista, maestro d’orchestra e musicologo Guido Rimonda è uno dei più importanti studiosi di questo compositore, di cui ha curato anche l’incisione dell’opera omnia. Egli ha ritrovato uno spartito del Viotti, intitolato «Tema e variazioni in do maggiore per violino e orchestra», la cui parte iniziale corrisponde quasi perfettamente alle note de «La Marsigliese».

L’origine dello spartito di quello che sarebbe divenuto l’inno nazionale francese è sempre stato oggetto di controversie. La sua paternità era stata rivendicata da Claude Joseph Rouget  “de Lisle”, oscuro compositore e poeta, di cui non si serberebbe memoria se non fosse per «La Marsigliese»..

Egli nel 1792 era ufficiale del genio nell’armata del Reno, dopo l’inizio della guerra tra Francia ed impero d’Asburgo, quando il sindaco di Strasburgo gli chiese di scrivere un canto marziale per le truppe. Avendo avuto successo fra i soldati ed essendosi diffuso rapidamente, quello che era conosciuto inizialmente come «Chante de guerre pour l'armée du Rhin» fu adottato dalla repubblica francese quale suo inno ufficiale nel 1795.

Napoleone Buonaparte divenuto capo di stato lo abrogò e sostituì, cosicché «La Marsigliese»ritornò ad essere inno ufficiale soltanto sotto  la terza repubblica.

Forti dubbi sulla paternità dello spartito musicale sorsero quasi subito. Rouget era un musicista pressoché sconosciuto e riferì due versioni diverse della sua stesura, in una raccontando d’aver composto la musica di getto durante una sola notte (scena romanzesca, anche se possibile), nell’altra ammettendo di aver tratto qualche ispirazione da uno spettacolo musicale a cui aveva assistito.

Il «Chante de guerre pour l'armée du Rhin» fu da egli consegnato senza firma, a differenza delle altre sue composizioni e quasi a voler ammettere implicitamente che egli non era il vero autore. Inoltre furono notate ben presto alcune somiglianze fra «La Marsigliese». e testi musicali anteriori. Rouget era anche una persona di dubbia credibilità: basti dire che egli cercò di spacciarsi per un nobile facendosi chiamare “de Lisle”, senza che a quanto pare fosse di origine aristocratica.

Il vezzo di arrivisti ed arrampicatori sociali francesi di nobilitarsi con modifiche arbitrarie del proprio cognome con l’adozione di un agnome gentilizio (con il “de”, che indicava in origine la titolarità di un feudo) fu apertamente deriso da Guy de Maupassant nel suo romanzo «Bel ami» e doveva esistere anche presso i repubblicani di fine ‘700. Per tutte queste ragioni ed altre ancora l’attribuzione a Rouget “de Lisle” della «Marseillaise» è stata più volte e da diverse parti contestata per tutto il secolo XIX ed oltre.

Il ritrovamento fortuito di un manoscritto autografo di Viotti dovrebbe aver risolto la questione in maniera umanamente definitiva. Il «Tema e variazioni in do maggiore per violino e orchestra» è sicuramente di Viotti, essendo una delle sue opere minori, ma la datazione potrebbe essere discussa, se non fosse che essa viene indicata con esattezza nell’autografo.

La sua composizione  risale difatti al 1781, esattamente 2 mars 1781, undici anni prima che Rouget “de Lisle” sostenesse d’aver avuto l’ispirazione notturna per il «Chante de guerre». Un musicologo esperto di Viotti, il canadese Warwick Lister, ha ammesso che la firma è del compositore italiano, ma ha messo in dubbio l’autenticità della data che a suo parere potrebbe essere opera di un falsario che l’avrebbe aggiunta ad inizio Ottocento. La sua argomentazione si fonda sul fatto che i tratti lasciati dalla penna sono più marcati e larghi che nel resto del testo, ma è assai debole.

Anzitutto, è  comune nei manoscritti a penna che vi siano discrepanze anche marcate fra le parti di un testo, a seconda della quantità d’inchiostro intinta. Inoltre, è incomprensibile la ragione per cui un ipotetico falsario avrebbe dovuto inserire questa data falsa in un autografo di Viotti, per poi lasciarlo celato: a che giova?

Se veramente un ignoto e misterioso personaggio (una specie di fantasma dell’Opera, è il caso di dirlo!) avesse aggiunto una data falsa all’autografo del musicista piemontese, successivamente avrebbe dovuto servirsene in qualche modo, rendendolo pubblico: ma questo non è avvenuto e lo spartito è rimasto obliato sino al XXI secolo.

In ogni caso, l’ipotesi di Lister è da respingersi per il semplice fatto che la data è inserita due volte in due spartiti diversi, ambedue originali. I dubbi del musicologo canadese concernevano il manoscritto del “complessivo”, che riporta lo spartito intero.

Esiste però un altro sparito del «Tema», realizzato in contemporanea, che è lo “staccato”, ossia la parte separata della  partitura del violino principale. Anch’esso ha la stessa data, la cui grafia è identica perfettamente al resto del testo, cosicché cade l’ipotesi di un misterioso “fantasma dell’Opera” che avrebbe manomesso lo scritto per ignoti motivi.

Inoltre, l’analisi chimica della carta filigranata e dell’inchiostro eseguiti in un laboratorio dal professor Filippo Perrucci hanno stabilito che entrambi risalgono al secolo XVIII. L’inchiostro poi è del tipo detto ferro gallico, impiegato proprio in Francia. Questo combacia perfettamente con le altre informazioni possedute.

Ancora, è inverosimile supporre che Viotti abbia compostoil «Tema e variazioni in do maggiore per violino e orchestra» dopo il 1792 e quasi copiando «La Marsigliese», poiché tre ragioni stringenti si sarebbero opposte.

In primo luogo, si sarebbe trattato di un plagio, vista la quasi identità dei due spartiti musicali, ciò che avrebbe nuociuto assai alla sua fama di illustre compositore. Rouget scopiazzò le note di Viotti, ma si badi bene che non firmò  il «Chante de guerre», garantendosi una “via di fuga” nell’evenienza di contestazioni.

D’altronde, quello che gli era stato richiesto era un inno marziale per i soldati durante una guerra ed egli non poteva immaginare che sarebbe divenuto in poco tempo famosissimo.Il musicista piemontese invece non avrebbe potuto ricopiare «La Marsigliese» senza esporsi inevitabilmente all’accusa di plagio, poiché ormai quell’inno era molto popolare e conosciuto.

 In secondo luogo, il piemontese nel 1792 aveva dovuto scappare dalla Francia per evitare d’essere arrestato come sospetto controrivoluzionario, rifugiandosi in Inghilterra, dove però fu accusato d’essere un repubblicano.

Dopo essersi a lungo difeso, egli fu infine espulso nel 1798. Sarebbe credibile supporre che un compositore, costretto ad andare ramingo per un’Europa in fiamme e sospettato da ambo le parti di essere un “nemico”, decidesse di inserire in un suo componimento redatto in terra inglese l’inno nazionale francese, quando i due paesi erano separati da un conflitto ideologico insanabile?

Lo sfortunato artista era stato obbligato a fuggire dai rivoluzionari per la sua passata attività di musicista di corte di Luigi XVI e Maria Antonietta, cosicché era stato costretto a rifugiarsi presso i reazionari: li avrebbe sfidati e provocati omaggiando e citando la «Marseillaise», da loro aborrita?

È come se un esule dall’Urss, scappato in Usa durante gli anni del “maccartismo” e caduto sotto l’occhiuta sorveglianza della polizia quale sospetto comunista, decidesse di pubblicare un’ode a Stalin o far tenere uno spettacolo a Broadway sulle note della «Internazionale»: un modo sicuro per essere espulso od arrestato.

Come accade nelle guerre con una forte componente ideologica, in quegli anni era facile essere uccisi od incarcerato. Ad esempio, un altro grande compositore italiano, Domenico Cimarosa, nel 1799 aveva messo in musica una canzone repubblicana.

Alla caduta della repubblica napoletana, i lazzari trovarono il tempo per occuparsi alla loro maniera pure dell’illustre concittadino, che fu scaraventato da un balcone, incatenato e costretto ad ingoiare sterco. Egli fu salvato soltanto dall’intervento fortuito di ufficiali russi, che avevano apprezzato le sue musiche a san Pietroburgo e che lo sottrassero ai  lazzaroni.

In terzo luogo, Viotti non si occupò mai di politica, smentì nel suo memoriale «Precis de la vie de J.B. Viotti depuis son entree dans le monde jusqu’au 6 mars 1798» di averlo mai fatto e sarebbe stato un repubblicano piuttosto inattendibile, avendo trascorso la maggior parte della sua attività da musicista al servizio di principi ed avendo avuto l’amicizia personale di molti nobiluomini e gentildonne, fra cui quelle di Maria Antonietta, del conte di Provenza futuro Luigi XVIII, del principe del Galles. L’adozione di una musica che era divenuta subito carica di valenze politiche, così come possono essere «Giovinezza» o «Bella ciao» nell’Italia contemporanea, sarebbe equivalsa ad una dichiarazione d’appartenenza ad una parte in cui egli difficilmente poteva riconoscersi.

È pertanto inverosimile che Viotti possa aver trascrittola «Marsigliese» nel suo «Tema e variazioni in do maggiore per violino e orchestra» negli anni posteriori al 1792, sia per la macchia sulla sua reputazione di musicista per il plagio, sia per la pericolosità politica e personale di un simile gesto, ed anche per il suo disinteresse verso la politica o comunque l’estraneità verso gli ideali repubblicani.

In breve, è decisamente improbabile che Viotti possa avere voluto inserire in un suo componimento dopo il 1792 le note della«Marsigliese». Anche per questa ragione, il «Tema e variazioni in do maggiore per violino e orchestra» è da ritenersi anteriore al Rouget ed alla sua diffusione come inno ufficiale della repubblica francese.

La datazione dell’opera suddetta del compositore italiano al 1781 consente inoltre di meglio comprendere la genesi di due altri testi musicali.

Il primo è un’opera di Mozart, precisamente il «Concerto per pianoforte e orchestra n. 25», in Do maggiore K 503, nel suo secondo tema del primo movimento, datato  4 dicembre 1786. La similitudine è in questo caso assai meno pronunciata e si può parlare di libera rielaborazione.

Il secondo è l’«Oratorio d'Esther», di Jean-Baptiste Lucien Grisons. Pubblicato nel 1787, l’«Oratorio» è assai simile alla parte iniziale del «Tema» in una sua sezione, la «Marche d’Assuerus».

La somiglianza fra questa marcia e la posteriore «Marsigliese» era stata notata già nel 1886, quando Arthur Loth pubblicò «Le Chant de la Marseillaise et son véritable auteur», con cui ipotizzava che Rouget avesse imitato l’«Oratorio», ipotesi di per sé plausibile ignorando l’esistenza anteriore della composizione di Viotti e la sua ancora maggiore somiglianza con il testo spacciato da “de Lisle”.

Ambedue questi brani troverebbero spiegazione da una ispirazione e ripresa del «Tema e variazioni» del maestro italiano, musicista di corte a Parigi ed apprezzato dal Salisburghese, quindi potenzialmente conosciuto sia da Grisons sia da Mozart.

Vi sono altri indizi ulteriori nel contesto dell’epoca che Viotti sia stato l’autore di questo spartito nel 1781. Si deve ricordare l’esistenza d’una serie di «Six Quatuors d’airs connus dialogués et variés» (Quartetti d’archi) pubblicati a suo nome e contenenti delle variazioni sul tema noto come «Marsigliese».

Il maestro negò di averle composte, ma si trovava in quel momento in Inghilterra ed aveva interesse a smentire per le ragioni politiche sopra riportate. È stato tramandato anche, seppure da una fonte tarda e dubbia, l’aneddoto secondo cui la celebre pianista Hélène de Montgeroult, amica ed interprete anche di musiche del nostro, fosse riuscita a suonare la «Marsigliese», in una versione leggermente differente da quella di Rouget, sebbene non potesse in teoria conoscerla essendo stata incarcerata prima che fosse suonata pubblicamente. Se l’episodio fosse vero, allora la versione eseguita dalla pianista potrebbe essere stata quella di Viotti.

Concludendo, l’unico modo per respingere la teoria della paternità del Viotti dell’aria nota quale «la Marseillaise» sarebbe dimostrare che i due spartiti ritrovati da Rimonda siano entrambi falsi o falsificati, senza sapere da chi e soprattutto perché, stante il fatto che sono rimasti dimenticati per un paio di secoli e non sfruttati in qualche modo dall’ipotetico falsario.

L’ipotesi di un “fantasma dell’Opera” enigmatico creatore di falsi è quindi sia indimostrata (ragion sufficiente per respingerla: affirmanti incumbit probatio), sia debole a priori giacché non si capisce quale obiettivo avrebbe avuto a confezionarli senza utilizzarli.

L’analisi della filigrana e dell’inchiostro prova inoltre che essi sono stati scritti con carta del secolo XVIII e con inchiostro in uso in Francia in quel periodo. Ancora, il riconoscimento della paternità del violinista e compositore vercellese della musica suddetta si incastrerebbe alla perfezione nel contesto ed ai molti indizi rintracciabili che convergono nell’indicare un testo musicale, una sorta di Urtext, fonte di ispirazione per successive rielaborazioni di Mozart e Grisons (forse anche de Montgeroult) ed il vero  plagio di Rouget.

Se questo è lo stato dell’arte, l’unico punto d’arrivo possibile è che l’autore della cosiddetta «Marsigliese» sia stato Giovanni Battista Viotti.

 

 

Bibliografia

La bibliografia su quanto sopra riportato è naturalmente assai ampia. Accanto ai testi già citati nel testo, si possono consultare per una prima lettura i seguenti:

K. Fischer, G. B. Viotti e das Streichquartett des späten 18. Jahrheelts, in: Trasmissione e recezione delle forme di cultura musicale: atti del XIV Congresso della Società Internazionale di Musicologia, a cura di A. Pompilio, D. Restani, L. Bianconi A. Gallo, Torino 1990

R. Moffa, «Vo triste tacito». Le peregrinazioni di Giovanni Battista Viotti, Lucca 2005

W. Lister, The Life of Giovanni Battista Viotti, New York 2009

H. Luxardo, Histoire de la "Marseillaise". Paris 1989

B. Schwarz, Problems of Chronology in the Works of G.B. Viotti, in International Musicological Society: Report of the Eleventh Congress, Copenaghen 1972

D. Yim, Viotti and the Chinnerys. A relationship charted through letters, Ashgate, 2004

P. Pickering, K. Bowan, Sounds of liberty: Music, radicalism and reform in the Anglophone world, 1790-1914, Manchester 2017

Giovanni Battista Viotti: «professione musicista». Sguardo sull'opera, lo stile, le fonti, a cura di a cura di M. T. Dellaborra, edizione digitale 2018 a cura della Società Editrice di Musicologia

 

 

 

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