Vincenzo Pisa, protagonista del Risorgimento italiano ed europeo
Cavaliere errante della liberta’, della costituzione, della fratellanza dei popoli, Vincenzo Pisa nacque a Formicola, provincia di Terra di Lavoro, secondo Mariano D’Ayala verso il 1784, secondo uno scritto dello storico locale Gaetano Fusco, il 25 novembre 1779 dal dott. Angelo e Francesca Vanni. Le due fonti si differenziano anche per la data di morte, nel 1837 per il primo, precisamente il 12 luglio, verso il 1840-1841 per il secondo. La sensibile cittadina natale gli ha dedicato giustamente la sua scuola, una strada e si spera un monumento. Vincenzo Pisa ebbe una solida formazione umanistica e scientifica. Avendo scelto la carriera militare, raggiunse il grado di maggiore nel reggimento di cavalleria di stanza a Foggia, e si fece apprezzare anche per le doti di oratore e di fervido sostenitore di una trasformazione della monarchia assoluta e clericale borbonica in un moderno Stato liberale e costituzionale, come nel programma fondamentale della Carboneria, la famosa società segreta, alla quale Pisa aveva aderito, non essendovi allora libertà di associazione politica e di parola.
Appena scoppiò a Nola (allora Terra di Lavoro) il 2 luglio 1820 il moto liberale e costituzionale (nell’onda di quello di Spagna del 1 gennaio), promosso dai colleghi militari Michele Morelli e Giuseppe Silvati (che pagarono poi con la vita questo loro coraggioso atto, impiccati dai Borbone nel 1822), al quale aderì poi la figura militare di più alto prestigio della monarchia borbonica, Guglielmo Pepe, Vincenzo Pisa aderì con entusiasmo, come il suo conterraneo Decio Coletti di Cisterna di Castel di Sasso, divenuto anche uno degli otto deputati per Terra di Lavoro del Parlamento Napoletano, e divenne uno dei principali sostenitori e amici del citato Pepe, condividendo con lui da allora in poi, quasi fino alla morte, le complesse e travagliate vicende che li portarono poi in Spagna, in Inghilterra, in particolare a Londra, in Grecia. Gabriele Pepe, divenuto personalità fondamentale del nuovo governo costituzionale e liberale meridionale, inviò Vincenzo Pisa al Nord per coordinarsi con i liberali e i costituzionali del Regno di Sardegna, i patrioti della Lombardia, in modo da rafforzarsi contro i tentativi di restaurazione e di repressione che sicuramente sarebbero venuti (e che vennero con il comportamento fedifrago del noto sanguinario sovrano borbonico Ferdinando IV, che rinnegò, su pressione austriaca, la Costituzione concessa) dall’eterna nemica (fino alla Prima Guerra Mondiale) dell’Italia, l’Austria. Guglielmo Pepe nelle sue memorie pubblicate a Parigi nel 1847 ricorda come con lui Vincenzo Pisa, divenuto colonnello, si battè valorosamente contro gli Austriaci a Rieti ed Antrodoco, ma, di fronte alle forze preponderanti, fu costretto con Pepe all’esilio. Raggiunsero la Spagna ancora libera e in armi contro l’intervento delle forze monarchiche clericali reazionarie d’Europa e Vincenzo Pisa combattè eroicamente a sua difesa, collegato sempre con Pepe, che si era spostato a Londra, e in rapporti con liberali europei, come il famoso La Fayette, generale, militare e politico francese con cittadinanza statunitense, protagonista sia della Rivoluzione americana prima, sia della Rivoluzione francese poi e delle lotte per la libertà dei Popoli. Vincenzo Pisa fu fatto prigioniero e rinchiuso nelle carceri di Madrid e ne uscì solo dopo due anni, per pressioni e iniziative di Pepe, potendo raggiungerlo così a Londra. Nella capitale londinese con Pepe Vincenzo Pisa conobbe anche Ugo Foscolo, lì esule. Per la sua notorietà internazionale, per la sua fede nella Libertà e nella Fratellanza dei Popoli, il governo borbonico nel 1823 lo condannò a morte in contumacia, dichiarandolo pubblico nemico Pepe e Pisa collegati con gli esuli di altre Patrie occupate mantennero vive nella ospitale capitale inglese le aspirazioni alla Libertà e all’Indipendenza dei Popoli d’Europa. Pepe fondò la Società dei Fratelli Costituzionali Europei. Dice lo storico Aldo Romano in un saggio del 1933 «L'amico che si occupava con lui della società era un patriota del quale spesso ricorrono tracce nel carteggio (Pepe – Lafayette), Vincenzo Pisa. E questi fu il compagno di tutte le disgrazie e di tutte le avventure del Pepe in terra spagnola, come in Italia era stato il compagno di tutti i sogni e di tutte le cospirazioni. Quando il generale, verso la metà di agosto, si recò in Inghilterra a diramare le fila della società segreta, egli lo segui. Fu su terra inglese, narra lo stesso Pepe, che per mezzo della signorina Fanny Write egli entrò in relazione col Lafayette, gli inviò lo statuto della società; ed egli l'approvò e volle esserne socio. L'adesione del compagno d'armi di Giorgio Washington galvanizzò gli sforzi e rinfrancò le speranze del Pepe e del suo compagno». Si decise poi in particolare di portare un aiuto alla Grecia, che si era ribellata al dominio secolare dell’Impero assolutista e clericale ottomano. Si aggiungeva il mito della Grecia antica, che spinse tanti volontari di vari paesi (inglesi, come il famoso poeta Byron, che vi lasciò la vita, francesi, polacchi, tedeschi, italiani, come il patriota risorgimentale piemontese Santorre di Santarosa, che vi lasciò la vita anche lui) a partire. La Grecia era vista giustamente anche come la madre della civiltà occidentale dal punto di vista letterario, artistico, filosofico, scientifico: la grande, nobile, famosa patria di Omero, di Esiodo, di Talete, di Pitagora, di Socrate, di Platone, di Aristotele, di Archimede, di Saffo, di Alceo, di Eschilo, di Sofocle, di Euripide, di Aristofane, di Pericle, di Demostene, di Leonida, del Partenone, di Fidia, delle Olimpiadi (base del calendario greco antico). Si costituì un ‘Comitato Filellenico’. Vincenzo Pisa fu uno dei più importanti volontari (partì il 6 giugno 1826 da Gravesend, nell’estuario del Tamigi), data la sua lunga esperienza militare e politica, tanto che l’epicentro dell’indipendenza greca di allora (prima capitale della Grecia libera), la citta di Nauplia (oggi di 34 mila abitanti circa, con un territorio grande di 380 kmq), nel Peloponneso (la grande penisola meridionale, staccata artificialmente dal resto della Grecia dal canale di Corinto), gli concesse la cittadinanza onoraria, unico compenso che egli accettò, e divenne il sovrintendente militare e politico della città e delle aree libere vicine (essendo Atene e le altre regioni ancora sotto il dominio ottomano). Dice lo storico Ruggero Moscati in un saggio del 1933 (nel quale dà anche le date di nascita e morte) «...di napoletani in Grecia ve n'erano parecchi (insieme a piemontesi e lombardi)...Dopo la morte di Rossaroll in Egina, capo riconosciuto degli esuli meridionali in Argos era il colonnello Vincenzo Pisa. Egli, che era stato già comandante della fortezza di Napoli di Romania (altra denominazione di Nauplia), era stato nominato proprio in quei giorni, Generale delle truppe insorte, e destinato a comandare». Diceva un canto tra i combattenti greci del 1828 «Fratelli siamo, fratelli tutti…Popoli unisce l'audace ispirazione/ solo la Libertà è vita....Cancellata sia da buona spada/la schiavitù dalla Terra». Ma egli pensava sempre anche all’Italia, tanto che pensava di poter far sbarcare dalla Grecia gruppi armate sulle coste meridionali. Sposò una giovane greca e ne ebbe una figlia Vincenza, che con la madre si trasferì a Napoli, dove sposò un mercante partenopeo ed ebbe una rendita dall’Italia una e libera nel ricordo e nella gratitudine dell’eroico Padre Vincenzo. Quando fu inaugurato a Nauplia dalla Grecia libera e indipendente il monumento ai volontari europei venuti a combattere e a morire anche per la patria di Omero, in esso fu segnato anche il nome di Vincenzo Pisa.
Fonti bibliografiche: Mariano D’Ayala, Notizie biografiche manoscritte su Vincenzo Pisa, Società Napoletana di Storia Patria, stese intorno al 1871. Gaetano Fusco, Un obliato protagonista del Risorgimento. Vincenzo Pisa, Napoli, 1951, pp. 37. Carmine Aurilio, Albo di Famiglia, a cura del Comune di Formicola, 1985, pp.161-163. Ruggero Moscati, La questione greca e il governo napoletano, in Rassegna Storica del Risorgimento, Roma, 1933, n.1. |
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