La “virtù repubblicana” nello Statuto dei Figliuoli della Giovine Italia

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Categoria: Storia del Risorgimento
Creato Venerdì, 02 Febbraio 2018 15:02
Ultima modifica il Venerdì, 02 Febbraio 2018 17:25
Pubblicato Venerdì, 02 Febbraio 2018 15:02
Scritto da Angelo Martino
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Benedetto MusolinoLo Statuto dei Figliuoli della Giovine Italia di Benedetto Musolino considerava fondamentale il concetto di “virtù repubblicana”che prevedeva, oltre ad un programma federativo, una radicale affermazione della questione sociale con l’abolizione della proprietà privata e la condivisione dei beni.

Per il patriota di Pizzo Calabro, Benedetto Musolino, fondatore nel 1813 della Società dei Figliuoli della Giovine Italia, la questione della “virtù repubblicana” veniva considerata un asse portante delle idealità che bisognava contrapporre alle istituzioni dell’Antico Regime.

La centralità dell’etica repubblicana doveva costituire una premessa primaria in maniera che il concetto stesso di democrazia coincidesse, non solo con la tutela dei diritti individuali, ma mirasse al conseguimento di un nuovo  patto sociale”, attraverso il quale gli individui dovevano prodigarsi per il benessere dell’intera comunità.

Veniva proposta, quindi, una pedagogia della virtù repubblicana, intesa come liberazione dall’ignoranza, dalla sopraffazione, ma anche dall’avidità, prioritaria rispetto alla stessa battaglia politica finalizzata alla conquista delle Costituzione e delle garanzie costituzionali.

Il Musolino trattò ampiamente la questione  nel saggio Esame di un’opinione di Montesquieu.
«Perché le antiche Repubbliche sono scomparse? Perché scomparve la virtù […] Ma perché scomparve la virtù? Fu dunque questo l’effetto della distrutta democrazia e dell’introdotta tirannide, la quale, corrompendo gli animi a poco a poco distrusse ogni ombra di giustizia e umanità dei governi? Tutto l’opposto. La corruzione dei costumi fu la cagione delle monarchie, e non la monarchia la cagione della mancanza di virtù».

Il patriota sottolineava, dal suo punto di riflessione, quanto la corruzione morale rappresentasse la causa primaria  degli antichi regimi monarchici, e non i regimi monarchici la causa della mancanza della virtù nella società.

Nel prosieguo Musolino chiariva il suo pensiero, scrivendo che «le ricchezze acquistate per varie vie, o di commercio o di avidità o di conquiste, produssero un gran disquilibrio nella società. I ricchi, atti ad istruirsi, governarono i poveri condannati dalla loro stessa condizione ad essere ignoranti. Quindi gli uni superbi, avidi di dominio e di ricchezze[…] e gli altri estenuati dal travaglio, dalle avidità di ricchezze dei loro padroni, mancanti di tutto.[…] Di qui l’urto continuo da uomo a uomo nello stato di società.»

Pur non condivise parzialmente dai patrioti di orientamento liberale, le idee espresse dal Musolino e introdotte nello Statuto dei Figliuoli della Giovine Italiafecero emergere il considerevole e determinante valore della democrazia nella vita dei cittadini e la sua dimensione etica e spirituale.

La “virtù repubblicana”, dunque,  doveva essere finalizzata ad una  radicale riforma sociale, che superasse lo squilibrio economico e  politico”, e che, attraverso un nuovo patto sociale e una nuova Costituzione, fondasse un ordine sociale nuovo ispirato alla giustizia distributiva e all’uguaglianza.

Questa innovativa visione partecipativa della politica, che si contrapponeva al capitalismo del tempo, non fu una caratteristica delle idealità dei democratici repubblicani meridionali, ma si inserì in un organico progressivo sviluppo del pensiero repubblicano nell’Europa rivoluzionaria, che sarebbe sfociato nel 1848, anno delle rivoluzioni negli Stati Italiani e in quelli europei.

Il concetto di “virtù repubblicana” fu rilanciato da Luigi Settembrini nella Protesta del popolo delle Due Sicilie, negli anni in cui le idee del patriota napoletano acquisirono una forte impronta repubblicana e radicale.

Tale patrimonio ideale, anche intriso dell’ispirazione letteraria romantica, derivò dall’eredità rivoluzionaria della Repubblica Napoletana del 1799. Infatti, non a caso, tessendo l’elogio di Monsignor Michele Natale, martire della Repubblica Napoletana del 1799, Vincenzo Cuoco lo definì  «il virtuoso vescovo di Vico» e la virtù,nella Repubblica Napoletana, era considerata la qualità essenziale di una società repubblicana.