De Sanctis e Mancini nel bicentenario della loro nascita

Categoria principale: Storia
Categoria: Memorie alte e nobili di Napoli e del Sud Italia
Creato Domenica, 15 Ottobre 2017 15:11
Ultima modifica il Giovedì, 19 Ottobre 2017 14:56
Pubblicato Domenica, 15 Ottobre 2017 15:11
Scritto da Nicola Terracciano
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In questo 2017 ricorre il bicentenario della nascita di Francesco De Sanctis e Stanislao Mancini (1817)entrambi nativi dell’Irpinia in provincia di Avellino:  Francesco De Sanctis nacque a Morra e Pasquale Stanislao Mancini a Castel Baronia.

Molte lodevoli iniziative sono state tenute in questo anno per il bicentenario di entrambi, ma la più importante è il Convegno di Studi, nazionale ed internazionale, che si terrà a Napoli in massima parte nella sala della prestigiosa Società Napoletana di Storia Patria - Maschio Angioino - nei giorni mercoledì 25, giovedì 26, venerdì 27 ottobre 2017 a cura dell'Istituto per la Storia del Risorgimento Italiano (con sede al Vittoriano-Roma), Comitato di Napoli.

Francesco De Sanctis (Morra, Avellino, 28 marzo 1817 - Napoli, 29 dicembre 1883) fu irpino di nascita, ma napoletano di adozione, come tantissimi meridionali. Visse la sua vita avventurosa e dolorosa di docente universitario in Italia e in Svizzera, di critico letterario sommo, noto in tutto il mondo, di frontale oppositore antiborbonico ed antitirannico (subendo anni di duro carcere dal 1850 al 1853 a Castel dell'Ovo, e di esilio), di politico liberale progressista di prima linea, di governatore della provincia di Avellino nel 1861, di deputato per ben otto mandati, di ministro della Pubblica Istruzione dell'Italia una e libera per ben quattro volte a partire dal 1861 nel primo ministero unitario (per cui è il creatore dell'istruzione pubblica italiana in quasi tutti i suoi gradi), tra Napoli, Torino, Zurigo, Firenze, Roma.

 

Fu sempre legato alla sua provincia natìa avellinese, a Napoli, a Terra di Lavoro, dove fu eletto deputato per la prima volta nel 1861 nel Collegio di Sessa Aurunca.

Egli è uno dei grandi Padri e Maestri solenni della nostra Patria Italia (come il titolo del quotidiano da lui diretto dal 1863 al 1865) e la sua Storia della letteratura italiana è una delle opere classiche e fondamentali della cultura nazionale ed europea, della nostra identità nazionale.

 

Pasquale Stanislao Mancini (Castel Baronia, Avellino, 17 marzo 1817 - Napoli, 26 dicembre 1888), anche lui irpino di nascita, ma napoletano di adozione, è una delle figure più grandi del Risorgimento italiano, noto non solo in Italia, ma in Europa, nel mondo, allo stesso livello di un Cavour.

Egli infatti ha teorizzato ed indicato in modo chiaro il nuovo principio che sta alla base del diritto dei Popoli dall'Ottocento ad oggi, sintesi della storia moderna, quello di nazionalità, come base del loro diritto all'unità statale, a regimi liberali, laici e democratici, scardinando i millenari principi di legittimità dinastica, di origine divina del potere, che erano le basi degli ordinamenti degli stati precedenti.

Il principio di nazionalità come fondamento del diritto delle genti, solennemente additato da Mancini, è stato la base giustificatrice del Risorgimento italiano ed ha influenzato tutti i Risorgimenti d'Europa e del mondo tra Ottocento e Novecento.

Egli è stato uno dei più grandi docenti universitari d'Italia e d'Europa, la cui vasta intelligenza, il cui prestigio erano tali che il Regno di Sardegna di Cavour, liberale e costituzionale, istituì proprio per lui, con specifica legge, la cattedra di diritto internazionale nel 1851.

In quell’anno egli era esule napoletano a Torino, con una condanna a morte sul capo e la perdita di tutti i beni, per essere stato tra quelli del Parlamento Napoletano del 1848, come presidente di esso, che più decisamente si erano ribellati allo scioglimento, con memorabile protesta, firmata da tutti i deputati presenti,  con la forza da parte del fedifrago, tirannico, sanguinario Ferdinando II (nello stesso solco del padre e in particolare del nonno Ferdinando IV, poi I) il 15 maggio di quell'anno.

La casa Mancini a Torino fu animata anche dalla indimenticabile figura della moglie, la napoletana Laura Beatrice Oliva, la poetessa del Risorgimento Italiano, le cui origini e il cui svolgimento nazionali dalle origini è legato a personalità napoletane e meridionali, maschili e femminili, a partire dalla Repubblica Napoletana del 1799 e dai suoi Martiri, in primis l'altissima figura femminile di Eleonora de Fonseca Pimentel, senza mai dimenticare Luisa Sanfelice ed altre eroiche testimoni femminili napoletane, come è stato onestamente riconosciuto tutta la più seria e scientifica storiografia italiana ed europea, ad es. Benedetto Croce.

La casa dei Mancini fu il luogo di riunione e di dibattito ampio e libero per il presente ed il futuro del Sud, dell'Italia, dell'Europa, di tutto il molteplice mondo degli esuli napoletani e meridionali, quasi l'intero ceto intellettuale, politico, militare di Napoli e del Mezzogiorno. Fu essa una sorta di  parlamento meridionale in esilio, frequentata in primis dal De Sanctis, insegnante anche della primogenita dell'amico Mancini, Grazia, futura scrittrice e traduttrice nota in Italia e all'estero con vari riconoscimenti ufficiali, moglie del garibaldino, docente universitario, deputato e senatore Augusto Pierantoni.

Il prestigio di Mancini nel Regno di Sardegna liberale e costituzionale era tale che il re galantuomo Vittorio Emanuele II scelse proprio lui come istitutore principale del figlio, futuro re d'Italia, Umberto I, che lo onorò poi assegnandogli un appartamento alla Reggia di Capodimonte, dove morì.

Vi erano tante personalità settentrionali interne al Regno o esuli, ma fu un meridionale ad insegnare l'arte di governo al futuro re d'Italia, che secondo lo Statuto Albertino (divenuto poi Statuto del Regno d'Italia nel 1861 e fino al 1947) aveva importanti poteri.

Pasquale Stanislao Mancini fu deputato a Torino già durante l'esilio e poi, con la proclamazione dell'Italia una e libera, eletto per ben nove volte. Fu tre volte ministro: Ministro degli Esteri, di Grazia e Giustizia, della Pubblica Istruzione.

Mandò due giovani figli a combattere per le guerre di Indipendenza.

Si battè per l'abolizione della pena di morte, che fu poi ottenuta con il codice penale del 1889.

Fu il primo presidente dell'Istituto di diritto Internazionale, per dirimere le controversie tra gli stati (che ottenne poi il Premio Nobel nel 1904).

Scoprì opere inedite e fece recuperare alla memoria ed alla vita culturale e civile della nazione la immensa personalità di Pietro Giannone, il grande difensore meridionale dei diritti dello Stato contro i privilegi della chiesa.

De Sanctis e Mancini, questi due giganti meridionali intellettuali e politici, che hanno governato possentemente l'Italia, guidandola, come abili nocchieri, nei primi difficili anni del suo costituirsi come Stato unitario e liberale in una Europa che non si aspettava in così poco tempo la nascita di un grande Paese, apprezzati in tutto il mondo, sarebbero traditori e servi dei "piemontesi" secondo "i veri nemici del Sud", di quel Sud, al quale non hanno alcun diritto di appartenere, perchè tentano di sfregiarne il volto storico più nobile, da nani mentali e morali quali sono, servi essi di precisi, bassi interessi di potere e di egemonia antropologica massificante ed incolta.

 

Scarica il programma completo del Convegno (pdf)