Angelica Kauffmann, la pittrice dell'amore disperato

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Categoria: Storia e Letteratura - Miscellanea
Creato Domenica, 20 Agosto 2017 23:07
Ultima modifica il Domenica, 20 Agosto 2017 23:11
Pubblicato Domenica, 20 Agosto 2017 23:07
Scritto da Antonella Orefice
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Angelica Kauffmann«La scorsa notte mi sono sognata che Lei era tornato, La vedevo arrivare da lontano, Le correvo incontro fino all’uscio, afferravo le Sue mani e le portavo al petto stringendole con tale impeto da ridestarmi. L’idea di essermi abbreviata quel momento di felicità provato in sogno per la mia troppa foga, mi mise talmente in collera con me stessa ...» [Roma, 5 agosto del 1788]

Fu una speranza che non si avverò mai quella della pittrice Angelica Kauffmann per  Johann Wolfgang von Goethe. Lui rimase per sempre il suo grande e segreto amore  mai corrisposto.

Nel XVIII sec. Angelica Kauffcmann fu la pittrice più affermata ed apprezzata in tutta Europa; colta, intelligente e dalla personalità indipendente, superò i confini geografici e linguistici già ventenne, senza mai legarsi ad alcuna corte.

Di origini borghesi, nacque nel 1741 a Coira in Svizzera. Avviata alla pittura dal padre Joseph Johann, che da subito aveva percepito il talento artistico della sua unica figlia, viaggiò tanto in Europa e nelle città d’arte italiane.

In poco tempo divenne l’interlocutrice e la musa di artisti e intellettuali dell’epoca e fu invitata presso le corti dei potenti d’Europa come re Carlo III, l’imperatore Giuseppe II, Ferdinando IV delle Due Sicilie e Caterina II di Russia.

Dal luglio 1763 all’aprile 1764 soggiornò a Napoli, dove copiò le antichità delle collezioni reali, esercitando l’incisione ed affermandosi come ritrattista molto richiesta a corte.

 

Palazzo CellammareVi ritornò nel 1784, dimorando per breve tempo nel Palazzo Cellammare, noto anche come Palazzo Francavilla, che fin dalle sue origini ospitò tanti nomi illustri: Giacomo Casanova, Goethe e Torquato Tasso. Fu inoltre l’ultima dimora napoletana di Michelangelo Merisi da Caravaggio.

Dopo un fallimentare matrimonio con un “falso” conte svedese di cui si era perdutamente innamorata, che non solo l’abbandonò, ma le sottrasse anche ingenti somme di danaro per invalidare il matrimonio, nel 1781, Angelica Kauffmann passò in seconde nozze con il pittore veneziano, Antonio Zucchi, amico di famiglia.

Seppur etichettato come di convenienza, fu un legame che durò fino al 1795, quando Angelica rimase nuovamente vedova.

Nel 1782 con il marito si trasferì definitivamente a Roma, nel quartiere degli artisti a Piazza di Spagna, in una grande abitazione in Via Sistina 72, composta da quindici stanze, un giardino e un atelier, dove la pittrice diede vita al suo salotto di intellettuali e trascorse gli ultimi venticinque anni della sua vita.

Amica del Winckelmann e del Canova, la fama di Angelica come ritrattista crebbe sempre di più e i giovani artisti cercarono in lei protezione e appoggio.

L’incontro conJohann Wolfgang von Goethe Goethe avvenne durante quel periodo. Già nei suoi primi giorni a Roma, il giovane Goethe iniziò a frequentare il salotto in via Sistina. Tra il 1786 e il 1788 Angelica, di diversi anni più grande di lui,  divenne sua stretta amica, tanto da essere spesso citata nell’Italienische Reise (Viaggio in Italia), il diario del gran tour italiano compiuto dal poeta tedesco.

Si frequentarono assiduamente, ma  l’affinità elettiva non si trasformò per lui in un sentimento forte. Per Angelica, invece, fu un’irreparabile tempesta di amore e tormento che lentamente la portò alla tomba.

Anche il ritratto che  dipinse di lui, oggi custodito a Weimar, non fece breccia nel cuore del poeta, anzi, risultò deludente, tanto che lo commentò dicendo: «niente di più di un bel giovanotto, ma non rappresenta certamente me!».

Dalle lettere della Kauffmann palpitava la sofferenza di un amore non corrisposto. Troppo famosa e brava, tanto da apparire irraggiungibile, Angelica non coronò mai il suo sogno d’amore con un’anima gemella e per il grande drammaturgo sarebbe rimasta solo “una buona amica”.

Quando Goethe lasciò Roma, Angelica cadde in uno stato depressivo: «Il suo commiato – gli fece sapere – mi ha trafitto l’anima. Il giorno della sua partenza è stato tra i giorni più tristi della mia vita». Non ebbe mai risposta.

Ciononostante gli restò legata per sempre, gli scrisse ancora, sperò tanto in una visita: ma Goethe, troppo preso da se stesso e da amori più frivoli, non fece più ritorno.

La rabbia eA. Kauffmann, Arianna abbandonata da Teseo la malinconia immortalata nell’Arianna abbandonata da Teseo (1782 Pinacoteca di Dresda) divenne la sua.

La bella e addolorata Arianna, ritratta mentre scorge la nave del suo amato Teseo ormai lontana, mostra uno sguardo denso di rabbia e al contempo carico di disperazione: disillusa, sembra non voler accettare le volontà del suo destino.

Per tutto il resto della sua vita Angelica rimase a vivere a Roma; anzi, fu una dei pochi artisti stranieri che non fuggirono all'arrivo delle truppe francesi che invasero la capitale dello Stato Pontificio nel 1798, ed accettò anche di eseguire  il ritratto del generale Augustin de Lespinasse, da cui ottiene protezione.

Gli ultimi anni li visse tra ricordi ed un’infinita attesa. Dopo aver patito per molto tempo di un “dolore al petto”, morì il 5 novembre del 1807.