Carlo Sellitto, il primo caravaggista napoletano
Il primo caravaggista napoletano, secondo la tradizione, fu Carlo Sellitto, al secolo Carlo Infantino, nato a Napoli nel 1581 da genitori di origini montemurrresi. Figlio del pittore e indoratore Sebastiano e della napoletana Lucente de Senna, anche Carlo, come suo padre, scelse di prendere in arte il cognome della nonna Margherita Sellitto. Secondogenito di sette fratelli, fin da giovanissimo rivelò le sue ottime peculiarità pittoriche, soprattutto nel campo della ritrattistica, tanto che in poco tempo divenne uno degli artisti più apprezzati dall’aristocrazia. La sua unica opera firmata, la Madonna del Suffragio, risale al 1606 e si trova nella Chiesa di S. Luigi Gonzaga ad Aliano in provincia di Matera. Primo tra i pittori napoletani che tributarono al Caravaggio l’accoglienza più entusiastica, il Sellitto nelle sue opere attinse non più al repertorio classico, ma a quello del vissuto, ritraendo personaggi tratti dalla realtà quotidiana, privi di quel “decoro” tassativo per gli assertori della Controriforma. Il contatto con la pittura di Caravaggio avvenne tra il 1608 e il 1612, esprimendosi nel “ciclo di S. Pietro” da lui eseguito nella cappella Cortone in S. Anna dei Lombardi a Napoli. Qui ebbe l’occasione di lavorare al fianco del Merisi attivo nella cappella Fenaroli. La formazione in ambito post-manierista era avvenuta presso il pittore fiammingo Loise Croys, uno stimato artista operante a Napoli che, tramite il padre Sebastiano, lo aveva assunto come apprendista nella propria bottega. Fu allora che si fidanzò con Claudia, una delle figlie del Croys, ma folgorato da una nuova passione amorosa, infranse presto la promessa di matrimonio, suscitando non poco scalpore, tanto che il padre, sopraffatto dalla vergogna, se ne tornò con tutta la famiglia a Montemurro. Al fidanzamento con Claudia Croys, il giovane e passionale artista, nonostante il conflitto con la famiglia, preferì la convivenza con una donna sposata, Porzia Pirrone. Non appena quest’ultima rimase vedova, “per togliersi dal peccato” (parole testuali usate dal Sellitto nel processetto matrimoniale), i due convolarono a nozze nel 1613, pur senza il consenso dei fratelli di lui. Dai documenti matrimoniali il Sellitto, si firmava con il suo cognome d’arte e veniva dichiarato di mestiere “pittore”, persona facoltosa ed abitante a Monteoliveto. Il matrimonio con la Pirrone non ebbe però lunga durata, così come la vita dell’artista che, per cause a noi sconosciute, finì appena un anno dopo. Morì a 33 anni, non riuscendo ad eseguire un’opera commissionatagli nel 1613 dai governatori del Pio Monte della Misericordia, segno tangibile del prestigio raggiunto dal pittore, il San Pietro liberato dal carcere, affidata poi a Battistello Caracciolo. La Pirrone si ritrovò nuovamente vedova e tagliata "quasi" fuori dal testamento nel quale l’artista, i cui fratelli furono nominati maggiori eredi, ricordò la sua cospicua produzione purtroppo oggi in larga parte dispersa. L’ Adorazione dei pastori, nella Chiesa di S. Maria del Popolo negli Incurabili, la Madonna della Vallicella, nella Chiesa dei Girolamini, il S. Carlo Borromeo, e la Santa Cecilia, nel museo di Capodimonte, sono tra le sue più famose opere sopravvissute.
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