Eleonora de Fonseca Pimentel, ricordandoti

Nuovo Monitore Napoletano. La memoria sorride ai patiboli

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Scrivere di storia non è certo facile. Rigore scientifico ed onestà intellettuale dovrebbero essere elementi indispensabili ed imprescindibili per una verosimile ricostruzione di avvenimenti cronologicamente appartenenti ad epoche lontane.

Ogni lavoro dovrebbe basarsi su una comprovata bibliografia, integrata da una coscienziosa quanto fruttuosa ricerca documentaria.

Manipolazioni, alterazioni, anacronismi, falsi ideologici e tutto ciò che esula da una seria ricerca della verità, invalidano qualsivoglia ricostruzione, producendo mostruose quanto immorali costruzioni che, con il pretesto di “revisionare”, mirano esclusivamente a raggirare ed imbottire di fandonie impreparati interlocutori, usati come ricettori di malsane chiacchiere da bar dello sport.

La storia allora rimpalla di bocca in bocca, assumendo connotazioni ridicole, impastoiate di aberrazioni concettuali laide e profondamente offensive nella loro artificiosa distorsione del vero.

E così facendo si uccide la memoria storica, si svilisce il sacrificio, la passione, quell’amor di Patria per il quale la nostra Italia si è intrisa di sangue.

 

La conquista della democrazia, i valori più profondi della nostra Repubblica, finiscono calpestati impietosamente da ridicole e stomachevoli schermaglie, grovigli calcistici, abbuffate brigantesche, fiumi di menzogne travestite da un sedicente «orgoglio identitario». Ma l’identità di chi? Di quale popolo?

Libelli saccenti di pseudo storia spuntano come funghi costruiti ad arte per mano di serpeggianti lestofanti avidi di ruoli e popolarità, ad onta della dignità vera di un popolo onesto che aborrisce la sudditanza e non dimentica secoli di sofferto asservimento monarchico, forche, mannaie, miserie e analfabetismo. Altro che primati di ricchezza e ingannevole politica dell’immagine!

Risvegliare la coscienza di un popolo attraverso somministrazioni di cumuli di fandonie  non può che generare asini raglianti e indegni di considerazione.

La coscienza deve prendere coscienza del suo passato, quello vero, quello per il quale ha languito nell’infernale paradiso dei despoti!

Napoli ha una sua storia vera, fatta di lacrime, sangue, menti geniali e travolgenti passioni.

Napoli ride e soffre tra uno schiaffo e l’altro, stringe i denti,  si asciuga le lacrime e sospira. Napoli tira a campare e pazientemente aspetta il trascorrere di una notte che dura da secoli, e nell’attesa s’inventa qualcosa per aggrapparsi alla vita, intesse leggende, sospiri, palpiti, moti dell’anima.

E’ ferita, sanguina, geme e con mille e più artifizi cerca di sedare il dolore, raggomitolandosi su ricordi consumati dal tempo. Ma ha dei ricordi veri, memorie che nessun libello potrà mai contraffare. La sofferenza non passa, resta nell’anima. Indelebile immagine di miseria e nobiltà, povera gente ricoperta di stracci strisciante all’ombra di palazzi intarsiati.

Ridiamo voce al mare, a quei palazzi tristemente austeri, a quei vicoli chiassosi, colorati, eternamente animati negli anfratti più bui. Quanta gente avrebbe ancora voglia di gridare “Viva o re”, e quanti sarebbero ancora disposti a morire per la libertà ora che, viva Dio, i despoti hanno fatto il loro tempo e la democrazia, per quanto possa essere difficile, ci ha riconosciuto il diritto di esistere?

Pezzi di vita, pezzi di cuore, Napoli mia, terra di chi l’ha amata, vissuta, calpestata e graffiata. Terra di anime nate libere e che libere tornano per amore del vero.

E il Nuovo Monitore Napoletano a loro si inchina e con infinita modestia si fa barlume in un vergognoso oscurantismo della storia vera.

La memoria non muore, non teme i patiboli. I nostri alberi della libertà non sfioriranno mai.

"Forsan et haec olim meminisse iuvabit".

 

 

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