Alessandro Scarlatti e le grazie della sorella

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E' noto che il marchese del Carpio Gaspare de Haro fu viceré di Napoli dal 1683 al 1687 e fu amato dal popolo per aver estirpato il banditismo dal Regno e per aver fatto della moralizzazione dei costumi il punto di forza della sua politica.

Tuttavia, pur saggio e avveduto, don Gaspare non si avvide d’essere circondato da persone che non condividevano la  sua politica, in particolare il segretario di giustizia don Giovanni de Leone, il suo maggiordomo don Emanuele, e un paggio di cui non si conosce il nome.

Costoro non mostravano alcuna ritrosia a distribuire titoli onorifici, cariche prestigiose a chi fosse in grado di fornire una contropartita in relazione ai lori venali interessi e a quelli delle loro amanti.

In quegli anni, precisamente dal 1680 il musicista palermitano Alessandro Scarlatti viveva a Roma e, benché giovanissimo, godeva di buona fama, avendo già scritto tre opere teatrali di buon livello artistico, apprezzate soprattutto per la ricchezza d'ispirazione, per la perfezione tecnica e per i tipici sentimenti dell'Arcadia, di cui  era un assiduo frequentatore.

La sorella di Alessandro Scarlatti frequentava la Corte di Napoli, dove, grazie al suo fascino, oltre che al talento e una buona dose di scaltrezza, era considerata una grande artista di teatro e una cortigiana di alto livello.

 

All’età di ventitré anni, nel 1683, Alessandro Scarlatti si trasferì a Napoli, attratto dai fasti e dallo splendore della Corte, con l’intento di non procedere gradualmente nella sua carriera di musicista, ma di ambire in brevissimo tempo a quella che era la carica di Maestro di Cappella di Palazzo, una posizione di prestigio, a cui però miravano anche concorrenti di più consolidata esperienza.

Consapevole delle relazioni intime che la sorella e le sue compagne di scena tenevano con don Giovanni de Leone, don Emanuele e il paggio, Alessandro chiese alla sorella di intercedere presso di loro per l’ambito posto di Maestro di Cappella di Palazzo, cosa che ottenne in un breve lasso di tempo.

Tuttavia, poco dopo il viceré, nel firmare le più richieste cariche del Regno, prese atto delle richieste che le cortigiane avevano fatto ai loro amanti. Sentendosi offeso nella sua ferrea moralità, destituì i colpevoli e le loro compagne, allontanandoli da Napoli.

La sorella di Alessandro Scarlatti e le amiche chiesero e ottennero di essere rinchiuse nel monastero di Sant’Antoniello nei pressi della Vicaria, confidando che in breve tempo il viceré avrebbe riconsiderato la sua decisione. E cosi fu.

Come scrive Camillo Albanese “ sul finire del 1684 il buon viceré concesse un generale perdono, in virtù del quale le graziose donzelle riacquistarono libertà I tre gaudenti nobiluomini furono reintegrati nei loro originari incarichi, con somma contentezza di Alessandro Scarlatti.

 

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