Il “Decennio francese” (1806-1815) in Terra di Lavoro

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Categoria: Storia del Risorgimento
Creato Giovedì, 15 Dicembre 2016 17:56
Ultima modifica il Giovedì, 15 Dicembre 2016 18:28
Pubblicato Giovedì, 15 Dicembre 2016 17:56
Scritto da Angelo Martino
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Gioacchino MuratE’ noto che il decennio francese nel Mezzogiorno d’Italia fu un periodo di sostanziale modernizzazione politico-istituzionale e socio-economica. Giuseppe Bonaparte conquistò il trono di  Napoli  il 14 gennaio 1806, e rimase in carica fino al 15 luglio 1808, quando fu incoronato  re di Spagna. Gli successe Gioacchino Murat che rimase al governo fino al marzo 1815.

Durante il decennio francese fu avviato un poderoso processo di modernizzazione in ogni campo della vita istituzionale dello Stato, del territorio, dell’economia e delle finanze, dell’istruzione, della laicizzazione dello Stato, della laicizzazione dello stato civile, raggiungendo i risultati migliori maggiormente in campo istituzionale e amministrativo piuttosto che i quelle più propriamente economici.

Pur imperfetta, i francesi avviarono, soprattutto nel Mezzogiorno, una grande stagione di riforme, a cui contribuirono i patrioti esuli del Regno che erano sfuggiti all’ecatombe del 1799.

La provincia di Terra di Lavoro, così come era stata designata dagli Aragonesi, estendeva i suoi confini ben oltre l’attuale provincia di Caserta e comprendeva vasti domini territoriali dell’attuale Lazio, Molise e della stessa Campania, prima di essere soppressa durante il regime fascista. I documenti conservati presso l’Archivio di Stato di Caserta, istituito proprio durante il decennio francese, nell’anno 1812, hanno permesso  di delineare le principali riforme degli intendenti della provincia di Terra di Lavoro.

 

L’otto agosto del 1806 fu emanata una legge sulla divisione e l’amministrazione delle province del Regno, che conteneva la divisione del territorio, l’istituzione delle amministrazioni provinciali con i consigli generali della provincia, la creazione dei distretti con i relativi consigli distrettuali, l’istituzione degli Intendenti, che erano a capo delle province.

La figura dell’Intendente fu nuova non solo nel nome; rappresentava un esecutore delle disposizioni impartitegli principalmente dal ministero dell’Interno, dirigeva l’amministrazione locale, controllava i comuni, faceva conoscere leggi e decreti, curava l’applicazione, diramando circolari e tenendo un fitto carteggio con i sottintendenti, i sindaci e le altre autorità. Era affiancato da un consiglio d’intendenza composto da tre membri nominati dal re e un segretario generale.

Capoluogo di Terra di Lavoro diventò Santa Maria di Capua, e dato che la scelta del capoluogo si basava su criteri quali la centralità del sito, l’estensione territoriale, la storia, i meriti politici, la salubrità dell’aria e l’esistenza dei locali ad ospitare l’amministrazione, gli Intendenti preferirono optare per la scelta della residenza Aversa, che ritenevano più adatta per tale ruolo. Il primo Intendente di Terra di Lavoro fu Lello Parisi, seguito in successione da Giulio Marsilli, Luigi Macedonio e Michele Bassi

Se nell’estesa Terra di Lavoro erano stati soppressi solo 117 monasteri su un totale di 1332 in tutto il Regno, bisogna pur dire che ne beneficiarono i luoghi destinati ad uso pubblico. In effetti la finalità delle riforme era mirata ad una priorità di beni destinati a case municipali, prigioni, luoghi di giustizia di pace, gendarmeria reale, caserme e scuole primarie, come accadde per i soppressi monasteri del Monastero degli Agostiniani Calzi di Santa Maria, dei Crociferi di Aversa, degli Antoniani di Aversa, dei conventuali di Caiazzo, dei Verginiani di Formicola, dei Paolotti di Caserta, degli Alcantarini di Marcianise e dei Conventuali di Maddaloni.

In relazione all’istruzione pubblica, già il 15 agosto 1806 con un decreto si stabilì che tutte le città, terre, ville, ed ogni altro luogo abitato del regno fossero obbligati a mantenere il maestro per insegnare i primi rudimenti e la dottrina cristiana ai fanciulli e fossero tenuti a stabilire una maestra per l’alfabetizzazione delle donne. Lo stipendio era a carico del bilancio comunale.

Nonostante ostacoli e difficoltà diverse, nel 1808 in tutta la provincia di Terra di Lavoro si riuscì per la prima volta ad “aprire” ben 176 scuole primarie non gestite più dagli ordini religiosi.

I graduali ed ulteriori provvedimenti nel campo dell’istruzione portarono nel 1811 alla creazione di un Direttore generale per il controllo delle attività didattiche, e per Terra di Lavoro fu Francesco Perrini a svolgerne il  ruolo, e pertanto si poté procedere all’apertura dei collegi e dei licei provinciali, tra cui il collegio di Maddaloni e il collegio femminile Real Casa di Aversa.

Dalla documentazione del fondo Ponti e Strade dell’Archivio di Stato di Caserta si evince l’interesse, durante il decennio francese in Terra di Lavoro, per un inventario del perimetro stradale dell’intera provincia, dalle vaste zone paludose del bacino del Volturno e dei sottobacini dei Lagni e dell’Agnena alle altitudini del Matese, passando per la zona aurunca, i massicci di Roccamonfina, quelli del Massico e Monte Maggiore.

Dalla zona mondragonese a quella casertana, la documentazione del fondo Affari Forestali consente di ricostruire la storia forestale prima e dopo la promulgazione della legge del 1811, con l’istituzione dell’Amministrazione generale delle acque e delle foreste, che cercò di porre un argine alla deforestazione selvaggia a scopo di coltivazione.

Relativamente alla questione assistenza e sanità pubblica, i governanti francesi assunsero una situazione di compromesso, in quanto compresero in poco tempo che non sarebbe stato possibile introdurre in questi settori una compiuta laicizzazione nel Meridione, considerata la lunga tradizione da parte delle istituzioni religiose.

Malgrado ciò, l’amministrazione e la tutela della beneficenza fu quasi completamente posta sotto il controllo statale.

Gioacchino Murat diede l’avvio al funzionamento di un Consiglio di amministrazione per tutti gli interessi degli ospizi, ospedali e altri stabilimenti preposti al sollievo dei poveri e degli ammalati. Pertanto, facendo seguito alle direttive del decreto del 16 ottobre 1809, il Consiglio generale degli ospizi in Terra di Lavoro fu presieduto dall’Intendente e composto dal vescovo, o da un ecclesiastico da lui delegato, da tre membri nominati dal re, su proposta dell’Intendente, tra benestanti distintisi per particolare beneficio dei poveri.

Le funzioni dei suddetti membri erano gratuite e il primo Consiglio generale di Terra di Lavoro si riunì il 16 novembre 1809 nel palazzo dell’intendenza di Capua.

Nella documentazione presente nell’Archivio di Stato di Caserta riguardante l’ospedale civile della stessa Caserta, sono presenti per lo più notizie di natura contabile, che hanno consentito conoscere il compenso dei vari addetti ai lavori: un chirurgo percepiva quattro ducati, un infermiere 4.60 ducati, un “ pratico chirurgo” sei ducati, un cuoco cinque, un cappellano 8.60 ducati  e un’addetta alle pazienti donne tre ducati.

Tuttavia il Decennio francese doveva segnare la fine nel Mezzogiorno dell’”ancien régime”, affrontando la questione feudale, che il riformismo settecentesco aveva solo parzialmente avviato.

L’abolizione della feudalità venne sancita dalla legge emanata il 2 agosto 1806 da Giuseppe Bonaparte.

I punti salienti consistevano nella reintegra al potere sovrano dello Stato di tutte le giurisdizioni feudali, nel riconoscimento della nobiltà ereditaria dei titoli, ma con contemporanea equiparazione dei nobili agli altri cittadini ai fini legali e fiscali, nel assoggettamento dei beni ex feudali ai comuni pesi tributari, nell’abolizione, senza indennizzo, di tutte le prestazioni personali, nell’abolizione di tutti i diritti proibitivi, nella dichiarazione di demanialità dei fiumi e delle acque correnti.

Quindi vi era nello spirito della legge un obiettivo sociale rilevante per quei tempi di anni del primo Ottocento, anche se si evidenzia da parte di molti studiosi l’aspetto negativo dell’ereditarietà del titolo nobiliare da parte dei baroni e il loro dominio diretto del territorio di cui sono in grado di esibire gli atti originali di acquisto.

Vi fu, comunque, un intento verso il contributo della trasformazione della società feudale in società borghese, di cui in Terra di Lavoro è possibile constatare alcuni aspetti relativi alle controversie, soprattutto sugli usi civici, tramite la documentazione di “Usi Civici e Atti demaniali” dell’Archivio di Stato.

Vi furono tanti casi che gli agenti demaniali e il commissario ripartitore dovettero affrontare.

Ad esempio, nei fascicoli di Capriati al Volturno sono presenti gli atti di una controversia tra l’ex feudatario duca di Laurenzana e il comune. Per Grazzanise, invece, sono conservati i documenti riguardanti le lamentele di cittadini che, avendo ricevuto le quote in terra, dichiaravano di non essere in grado di pagare il canone annuo dovuto.

L’importanza di tale documentazione è l’attestazione che, nell’abolire gli usi civici, la legislazione del Decennio francese non avesse contemplato provvedimenti atti a dotare i contadini dei mezzi necessari alla coltivazione delle terre che erano state quotizzate.

A Pietramelara, invece, alcuni cittadini furono accusati dal sindaco Pasquale Porfirio di aver usurpato delle terre nel tagliare gli alberi, danneggiando conseguentemente i terreni degli altri.

In tal caso l’Intendente giustificò l'azione dei cittadini che avevano agito spinti dalla situazione d’indigenza in cui si trovavano.

Ad Alvignano furono lo stesso sindaco, i decurioni e il parroco a battersi affinché fossero inseriti nell’elenco degli aventi diritto tutti i cittadini più poveri.

Il sindaco di Aversa voleva che i cittadini godessero della ripartizione demaniale anche nei vicini comuni casali di Casal di Principe, Gricignano, Succivo e Cesa, ma la sua richiesta fu respinta dall’Intendente in quanto quei paesi già da tempo erano diventati indipendenti.

L’intendenza di Terra di Lavoro, al fine di propagandare le riforme e le iniziative messe in atto nel corso del Decennio francese si servì di una pubblicazione “Il Giornale dell’Intendenza di Terra di Lavoro”, stampato a Capua da Giuseppe Sarzillo, stampatore dell’Intendenza, il cui primo numero reca la data del 21 maggio 1807.

 

 

Bibliografia

AAVV- Caserta ai tempi di Napoleone- Il decennio francese in terra di lavoro- Electa Napoli- 2006