Re Ferrante e l’annessione di Calvi a Capua
L’episodio risale al 14 agosto del 1460 “stante la fedeltà della città di Capua, ed acciò alli bisogni suoi possa avere vicino chi l’ajuti”, unisce ed incorpora ad essa la citta di Calvi ” cum ominibus suis viris, oppidis et casalibus, et habitantibus”. L’annessione trova conferma in una pergamena del 1460, pubblicata da Iole Mazzoleni in “Le Pergamene di Capua”. La decisone di Ferrante d’Aragona di punire Calvi ed assegnarla in “perpetuum” a Capua, fu perentoria, mentre ancora infuriava il terribile conflitto tra il sovrano e i baroni ribelli, iniziato l’anno precedente. Si trattò di una guerra intestina sanguinosa che terminò con la sconfitta e la punizione dei baroni. Mons. Zurlo nel suo ‘Ragguaglio istorico’ sottolineava il notevole vantaggio ottenuto da Capua nell’annessione del Demanio di Calvi: “Molte sono le rendite che la nostra Calvi ritrae, la più considerabile però è quella che dal suo Bosco o sia Demanio riscuote”. Inoltre riportava il contenzioso che vi era fra Capua e Calvi, in relazione ad alcune zone dello stesso Demanio, che già la regina Giovanna II aveva concesso a Capua, “dichiarando che tutto il territorio di Ciccositto sia nel tenimento di Capua, e che il tenimento di Capua si estenda fino al rio corrente di Calvi, i quali territori sono divisi per certe colonne postevi per terminarli”.
Capua era stata sempre fedele fin dall’inizio al re aragonese, mentre Calvi si era mostrata più oscillante ed inaffidabile. La sua resa ai baroni ribelli era stata quasi incoraggiata e il re Ferrante d’Aragona non aveva dimenticato che il suo capitano prediletto “per il suo valore e il suo cuore”, Camillo Caracciolo, era stato ucciso proprio sotto le mura di Calvi. Fu il rancore a spingere il sovrano alla decisione del 4 agosto 1460, e tutti gli storici sono concordi nel ritenere la decisione fu un premio concesso a Capua e una punizione severa inflitta a Calvi. Pertanto il re decreta” […] et nos[…] ispam civitatem Calvi et eius districtum et pertinentias[…] congregamus, unimus atque incorporamus ipsi civitati Capuae in perpetuum descernimus et esse volumus cum omnibus suis ivillis, oppidis et casalibus et habitantibus in esi…nec non cum terris cultis et incultis, pratis, pascuisque vineis, olivetis, trapetis, montanis, iardenis, silvis, molendinis, momoribus, aquis, aquarumque decursibus[…] et integro statu ipsius civitatis Calvi e de demanio ipsius intus et extram ipsam civitatem et eius territorio, petinentis et districtu comprehenduntur et includuntur ad utilitatem et comodum[…] universitatis corporis dicte civitatis Capuae”. Dalla traduzione del contenuto della pergamena del 4 agosto 1460, si evidenzia la determinazione di Ferrante d’Aragona nel voler punire la città di Calvi e “riunire, congiungere, incorporare Calvi e il suo territorio, inclusi fattorie, borghi e casali, come le terre coltivate ed incolte, prati e vigne, uliveti, giardini, boschi e frantoi, mulini e corsi d’acqua” alla città di Capua, sua fedele alleata nella lotta contro la sanguinosa rivolta dei baroni. Nel 1500 il castello di Calvi aveva una guarnigione composta da un francese e sei calabresi. Costoro erano soldati del re, ma messi al servizio del Governatore di Calvi che risiedeva nel castello ed era inviato ogni anno da Capua, conformemente alla decisione di Ferrante d’Aragona del 4 agosto 1460. La funzione del Governatoratore durò fino alla metà del 1700, secondo una procedura che prevedeva una nomina annuale, a rotazione tra la classe nobiliare e il ceto borghese. Tra i suoi compiti vi fu quello di riscuotere i tributi, svolgere funzioni di polizia e i primi gradi giurisdizionali, come anche di controllo sull’attività amministrativa esercitata dai Sindaci dei casali di Calvi, ossia quello di Sparanise, Petrulo e dalle cosiddette Masserie di Visciano e di Zuni.
Bibliografia Giuseppe Maria Capece Zurlo, Ragguaglio istorico della Città e Diocesi di Calvi, Tomo I, in Paolo Mesolella, Il demanio di Calvi, 2008 José Mazzoleni, Le pergamene di Capua, 1960 |
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