Luigi Eichta, per l’Austria politicamente sospetto

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Categoria: Storia Contemporanea
Creato Mercoledì, 21 Settembre 2016 16:52
Ultima modifica il Mercoledì, 21 Settembre 2016 16:52
Pubblicato Mercoledì, 21 Settembre 2016 16:52
Scritto da Mario Eichta
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Il  regime militare instaurato in Trentino agli inizi del 1900, fece molte vittime tra coloro che erano giudicati, insidacalmente, spesso solo per soffiate o indizi superficiali, ”politische unverlässliche”, cioè politicamente sospetti, naturalmente di irredentismo, quindi inaffidabili.

Queste persone entravano così negli schedari della gendarmeria e nelle “liste di proscrizione”, e al momento opportuno finivano  processate e internato nel triste e famoso lager di Katzenau, periferia di Linz. Tra di essi ci furono dei Trentini illustri per professione e cultura, ma anche impiegati, artigiani, lavoratori, piccoli commercianti, maestri e professori.

A Merano ricordano una di queste persone, un Trentino, Luigi Eichta, dirigente delle  Ferrovie di Stato austriache, che finì a Katzenau, periferia di Linz.

La sua vicenda è indicativa di quell’epoca tormentata che vide i Trentini, allora sudditi dell’impero austroungarico, protagonisti, loro malgrado, di vicende tristi.

Nato il primo febbraio del 1872 a Trento da Giuseppe e Caterina Zatelli, entrambi di Trento, rimase orfano il 27 marzo 1890. Fu accolto dagli zii, Johann e Christine Telfner, originari di Ortisei, nella loro casa di Merano il 2 marzo 1890. Aveva 18 anni.

La sua permanenza a Merano però non recise i legami con la sua terra e la sua città, Trento, dove specialmente nell’Ordinariato Vescovile godeva della amicizia di molti  Sacerdoti, come quella  he lo legava alle organizzazioni sociali cattoliche che in quel periodo erano in pieno sviluppo.

A Trento vantava anche amicizie e conoscenze solide nel mondo del teatro ed era uno degli appassionati sostenitori della Compagnia Teatrale “Club Armonia”. Dopo un breve periodo di ambientamento a Merano, per vocazione,  carattere, predisposizione di mente e di cuore, cominciò a dedicare tutto il suo tempo  libero per aiutare come poteva la comunità di lingua italiana che era tra l’altro, in quel scorcio di tempo, non molto numerosa, composta   al 90% di Trentini, come operai, piccoli artigiani, piccoli commercianti, ferrovieri, impiegati.

Questa Comunità era isolata dal contesto sociale cittadino, dove la maggioranza era tirolese e viveva come un’oasi, quella della “bella epoque” , dei grandi alberghi, della nobiltà asburgica, in cerca di riposo e di svago. La Comunità di lingua italiana non aveva molte possibilità economiche, la sua vita di relazione era scarsa, la sua cultura non era alta.

Per  questi motivi Luigi Eichta decise di tentare di organizzare  questa  Comunità, cercando di tenerla unita. Fondò, così, la Società Operaia Cattolica, il 21 ottobre 1898 e ne divenne Presidente. Essa comprendeva quasi la totalità  dei lavoratori di lingua italiana di Merano ed era nata con l’autorizzazione delle  autorità competenti per territorio, tra le  quali la Luogotenenza di Innsbruck e l’Ordinariato Principesco Vescovile di Trento, allora competente anche su Merano. Intanto, nell’ottobre del 1895 si era sposato a Merano con Maria Fontanari di Trento.

Coerente con i suoi ideali  sociali fondò a Merano anche il Coro Parrocchiale della Chiesa di S. Maria Assunta e nel 1909 riuscì a convincere le autorità comunali di Merano, facendo costruire una  “Casa per lavoratori” per la Comunità di lingua italiana, da frequentare durante il tempo libero. Lavorando  presso le ferrovie statali austriache, allo scoppio della guerra contro la Serbia rimase in servizio.

Ma i suoi guai cominciarono il 26 maggio del 1915, tre giorni dopo  lo scoppio della guerra contro l’Italia,  quando improvvisamente e inaspettatamente fu arrestato come ”politische unverlässliche”(politicamente sospetto e quindi inaffidabile) e  spedito con scorta prima a Katzenau e poi confinato a Hollabrunn, località a nord di Vienna.

Le sue vicissitudini in quel lager  furono pari a quelle  degli altri Trentini internati e incisero non solo sul fisico, ma anche sul suo morale. Ne tornò ammalato, alla fine della guerra, nei primissimi  giorni del novembre del 1918. Arrivato a Merano, assistette alla tragica fine dell’Impero asburgico in una città affamata, delusa, frustrata, piena di sbandati che cercavano con tutti i mezzi, anche a volte illeciti, di procurarsi la possibilità di vivere e tornare alle proprie case. Riallacciò subito i legami con la Comunità italiana ed entrò a far parte  di un Comitato di Accoglienza della Truppe Italiane.

Il 17 novembre 1918  questo Comitato accolse a Merano presso la  stazione ferroviaria il Battaglione Alpino “Edolo” che poi proseguì per San Martino in Val Passiria.

Nei giorni seguenti fu chiamato come interprete e traduttore presso la Compagnia dei Carabinieri Reali che si era appena costituita in città. Continuò la sua  vita e la sua professione sino a quando, rimasto vedovo e senza figli, si risposò con Anna Bazzanella, pure di Trento, il 28 maggio 1934, dalla quale ebbe  due figli, Luigi e Mario.

Nel 1949 decise  di ritornare nella sua Trento e lì si spense qualche tempo dopo.

Generale B. Antonio Mautone