Eleonora de Fonseca Pimentel, ricordandoti

Quando Mussolini soppresse Terra di Lavoro

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Terra di lavoroPer motivi di ordine pubblico, politico ed economico, una grande provincia, quella di Terra di Lavoro, fu soppressa con il  decreto del 2 gennaio 1927 dal Consiglio dei Ministri. Se da una parte il Duce aveva rivelato la necessità di promuovere ben 17 centri a Provincia, riconsiderando la situazione in rapporto al numero di abitanti che aveva raggiunto la cifra di 42 milioni, nel contempo si mostrava determinato a smembrare la Provincia di Terra di Lavoro.

Dopo aver proclamato l’istituzione di diciassette nuove provincie (Aosta, Bolzano, Brindisi, Castrogiovanni, Frosinone, Gorizia, Matera, Nuoro, Pescara, Pistoia, Ragusa, Rieti, Savona, Terni, Varese, Vercelli, Viterbo), annunciò la soppressione di Terra di Lavoro, che fino all’anno precedente era stata la più vasta della Campania ed una delle più estese d’Italia: Il territorio si estendeva da Sora a Napoli per una superficie di oltre 5200 chilometri quadrati, praticamente per un terzo dell’intera Campania; si trattava di una vera e propria subregione che conteneva città come Cassino, Gaeta, Capua, Caserta, Aversa, Pozzuoli e Sorrento.
I motivi primari addotti dal Duce furono innanzitutto quelli di ordine pubblico, a cui seguirono quelli di carattere prettamente politico . In merito al primo, nel famoso discorso dell’Ascensione del 27 maggio 1927, Mussolini si esprimeva testualmente:

 

“I Mazzoni sono una piaga che sta tra la Provincia di Roma e quella di Napoli,  terreno paludoso, stepposo, malarico, abitato da una popolazione che fin dai tempi dei Romani aveva una pessima reputazione, ed era chiamata popolazione di “ latrones”. Vi do un’idea della delinquenza di questa plaga: nei cinque anni che vanno dal “22 al “ 26 furono commessi i seguenti delitti principali, trascurando i minori: oltraggi alla forza pubblica, 171; incendi, 378; omicidi, 169; lesioni, 918; furti e rapine, 2082; danneggiamenti, 404. Questa è una parte di quella plaga; veniamo all’altra parte, quella dell’Aversano […] Ho mandato un maggiore dei carabinieri con questa consegna: liberatemi da questa delinquenza col ferro e col fuoco! Questo maggiore ci si è messo sul serio. Difatti, dal dicembre ad oggi, sono stati arrestati nella zona dei mazzoni 1.699 affiliati alla mala vita e nella zona di Aversa 1.268. I podestà ed i combattenti di quella regione sono esultanti. Io ho qui un plico di telegrammi, lettere, ordini del giorno, documenti, con i quali la parte sana di quella popolazione ringrazia le autorità per l’opera necessaria d’igiene”.

Quindi lo smembramento e la soppressione, secondo il Duce, si erano resi necessari per motivi di sicurezza interna: riducendo l’estensione del territorio  le forze dell’Ordine e i Prefetti avrebbero potuto operare in maniera più agevole.

Il secondo motivo si rivelava poi di ordine politico, per  la volontà più volte annunciata di ampliare la provincia di Napoli, estendendone l’influenza e l’importanza con l’intento di valorizzarla affinché diventasse per il Fascismo “ la regina del Mediterraneo”.

Quando Mussolini incontrò i fascisti di Napoli nel gennaio del 1927 emanò il seguente comunicato: “Il Duce ha ricordato tutto l’affetto che egli serba per la metropoli napoletana che, per sua iniziativa, deve effettivamente divenire la Regina del Mediterraneo”.
Nel contempo si intendeva ridare lo spazio giusto a Roma capitale e far nascere la provincia di Frosinone.
“Caserta ha capito che si deve rassegnare ad essere un quartiere di Napoli”. L’affermazione di Mussolini  non faceva mistero nelle sue intenzioni di dare delle forti spinte espansionistiche a Roma, Napoli e Frosinone.
In relazione alla città di Roma è noto che il capo del fascismo  voleva rinnovare i fasti di Città Eterna.
Il Giornale d’Italia riportava: “Così incredibilmente e senza volerlo si è giunti alla ripartizione consacrata dall’Imperatore Augusto pochi anni prima dell’Era Cristiana.
Con la nuova provincia di Frosinone che allaccia Napoli e Salerno a Roma, riappare la prima delle undici regioni auguste: Latium et Campania.La riforma Mussolini ha come perno Roma, la cui sfera d’attrazione va crescendo col tempo. Il Mezzogiorno guarda al Tevere. L’aver inteso questo fenomeno dell’Italia Romana è merito esclusivo del Fascismo”
Rispondendo ai gerarchi casertani che cercarono di ostacolare lo smembramento e la soppressione di Terra di Lavoro, Mussolini apertamente dichiarò: “Mi è stato detto che il provvedimento preso per Caserta non vi ha lasciati indifferenti, ma è un provvedimento che ha radici profonde: la costituzione delle regioni romane al tempo dell’Imperatore Augusto. Ho così ricostruito il grande Lazio e dato respiro a Roma, restituendo al vecchio Sannio, almeno in parte, le terre che aveva perdute nella contesa con i Romani. Ho costituito la Provincia della Ciociaria, col centro storico di Frosinone, che verrà espanso in piano. Ho dato a Napoli il suo retroterra, e Caserta sarà la sua Versailles”
Con successivo decreto del 6 maggio 1928 n° 1177 Mussolini diede il contentino a Caserta, non più provincia, ma a cui furono aggregati i comuni di Casagiove, San Nicola La Strada, San Marco Evangelista e San Leucio.

C’erano, comunque, anche motivazioni di ordine economico, in quanto con la soppressione di Terra di Lavoro, i debiti accumulati andavano divisi tra le nuove cinque province che avrebbero inglobato l’esteso territorio di Terra di Lavoro.

Così Terra di Lavoro il 2 gennaio 1927 fu soppressa, smembrata e divisa tra cinque diverse province: ben 102 comuni, con 512 mila abitanti, furono aggregati alla provincia di Napoli; 51 comuni, con 212.761 abitanti alla provincia di Frosinone; 15 comuni con 84040 abitanti alla provincia di Roma e successivamente di Latina, 16 comuni, con 39.639 abitanti a Benevento e 7 comuni con 10.012 abitanti a Campobasso.
Grandi centri furono aggregati alle altre province: Nola a Napoli, Sora e Cassino a Frosinone, Gaeta a Roma, Piedimonte d’Alife a Benevento e Venafro a Campobasso.

Il decreto legge fu pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale l’11 gennaio 1927. Solo l’11 luglio 1945 Caserta diventò di nuovo capoluogo con una ricostituita provincia di Caserta dalla circoscrizione diversa e alquanto ridotta rispetto a quella precedente di Terra di Lavoro.

 

 

Bibliografia:

Giuseppe Capobianco- Una nuova questione meridionale- Scritti scelti- 1979-1992- Edizioni Spartaco- 2004
Stefano De Simone- Caserta Kaputt in Giuseppe Capobianco- op.cit.
Il Giornale d’Italia del 10 dicembre 1926
Paolo Mesolella- Corrado Graziadei- Il Mezzogiorno- 2009 cap. “I Latrones e la Terra di Lavoro”

 

 

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