Eleonora de Fonseca Pimentel, ricordandoti

Carlo I d'Asburgo e l'affare 'Sisto'

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Premessa

Carlo I d’Asburgo, beatificato da Giovanni Paolo II, è stato presentato da certuni quale un modello di “sovrano cristiano”. L’apologetica di questo monarca ha voluto dipingerlo quale un convinto sostenitore della necessità di porre termine al primo conflitto mondiale tramite trattative diplomatiche. In realtà, l’operato del kaiser Carlo fu la causa decisiva del fallimento dei tentativi di giungere diplomaticamente e con un accordo condiviso alla pace.

La vicenda è assai intricata poiché si attorciglia inestricabilmente alle lunghe e complesse trattative diplomatiche che si svolsero nel 1917 e sino agli inizi del 1918 nello sforzo dei principali contendenti bellici d’ambo le parti (Regno Unito, Francia, Italia ed Usa da una parte, Germania ed impero d’Austria dall’altra) di trovare una soluzione negoziale al durissimo conflitto mondiale. È impossibile in questa sede riassumere esaustivamente tutto questo insieme di accadimenti, per cui ci si limiterà a fornire una sintesi delle decisioni salienti prese da Carlo d’Asburgo.

Lo storico tedesco Gerhard Ritter, nel terzo volume della sua monumentale opera I militari e la politica nella Germania moderna [Gerhard Ritter, I militari e la politica nella Germania moderna. Il sopravvento del militarismo e il crollo dell’impero. 1917-1918, vol. III, Torino 1973] ha descritto analiticamente i marchiani errori politici dell’ultimo imperatore asburgico e la sua mancanza di sincerità e lealtà, che fecero naufragare i complessi negoziati, in corso già nel 1917, per giungere alla fine del conflitto.

 

 

Il rifiuto del programma di Freiburg

Anzitutto, Carlo respinse il cosiddetto “programma di Freiburg” del 1917. Esso viene così presentato dal Ritter: «Prospettive apparentemente allettanti per l’Austria! Questo programma di Freiburg è l’unica, concreta offerta di pace che sia mai stata comunicata alle potenze centrali. Esso esigeva maggiori sacrifici dalla Germania […] che non dall’Austria-Ungheria».[Ritter, cit. p. 45] Infatti, tale proposta lanciava l'idea di far rinascere la Polonia nei confini del 1772, ma sotto un sovrano della casa d’Asburgo, di fatto inglobandola all’interno d’una federazione danubiana che sarebbe dovuta sorgere dalla metamorfosi della Duplice Monarchia, tramite la concessione ai vari popoli d’ampia autonomia. Mediante una loro nota formale, Francia e Regno Unito assicurarono che avrebbero accolto positivamente tale federazione e che si sarebbero alleate ad essa per promuoverne lo sviluppo economico. Serbia e Romania sarebbero rinate, ma all’interno dei confini d’anteguerra.

La proposta di pace consentiva quindi di fatto addirittura un’espansione dei territori controllati dalla casa d’Asburgo, poiché molti territori polacchi sotto il dominio del II Reich sarebbero invece passati a far parte della nuova Polonia asburgica. Ancora, le potenze dell’Intesa erano disposte anche a concedere rettifiche territoriali a vantaggio dell’impero asburgico sul confine del Montenegro ed ad appoggiare l’impero a riacquistare influenza sugli stati della Germania meridionale.

Non era prevista nessuna cessione territoriale dell’impero a favore di Russia, Romania o Serbia. L’unica perdita consisteva nel passaggio all’Italia del Trentino e della Venezia Giulia, sino alla frontiera linguistica.

Nonostante queste condizioni eccezionalmente favorevoli, tanto più per uno stato sempre più lacerato all’interno dalle volontà indipendentiste dei suoi vari popoli ed in stato di progressivo strangolamento economico, la risposta delle autorità imperiali fu sostanzialmente negativa. La controproposta avanzata da Czernin per conto dell’imperatore Carlo non concedeva quasi nulla: rettifiche  di confine in Alsazia a favore della Francia, a patto di ricevere contropartite; rettifiche di confine a vantaggio dell’Austria al confine con Serbia e Montenegro; possibile liberazione del Belgio dal dominio militare tedesco; nessuna modifica territoriale a vantaggio dell’Italia. Commenta il Ritter: «Credette sul  serio Czernin di poter trattare con qualche speranza di successo […] sulla base di tali proposte? […] Il punto più sorprendente delle sue proposte era il rigido rifiuto di qualsiasi concessione all’Italia, quantunque il programma francese stabilisse soltanto la cessione del Trentino meridionale fino alla frontiera linguistica. Tale rifiuto rispecchiava l’irrigidimento dell’imperatore Carlo».[Ritter, cit. p. 46]

L’ultimo monarchia della dinastia asburgica respinse quindi un’offerta di pace assai generosa, principalmente perché egli non intendeva assolutamente concedere nulla all’Italia, neppure il Trentino.

 

La rottura delle trattative con Wilson

Anche dopo il rifiuto dell’imperatore d’accogliere proposte davvero propizie per il suo stato, i tentativi dell’Intesa di giungere ad una pace negoziata proseguirono. Il presidente americano Wilson tentò per lungo tempo di fare da paciere ed ebbe modo di sperimentare di persona la debolezza ed assieme la doppiezza dell’ultimo sovrano asburgico. Wilson era personalmente tutt’altro che ostile alla Duplice Monarchia, tanto che quando gli Usa entrarono in guerra nel 1917 inizialmente la dichiararono solo alla Germania e non all’impero, con cui entrarono in conflitto soltanto nel dicembre dello stesso anno e dopo molte insistenze degli alleati. Anche dopo comunque il contributo americano allo sforzo bellico contro l’impero fu davvero minimo, poiché quasi tutte le forze armate mobilitate furono spedite sul fronte francese, mentre alla battaglia di Vittorio Veneto si trovava un solo reggimento degli Usa.

Le trattative fra Washington e Vienna si intensificarono dopo la famosa dichiarazione del presidente americano sui “14 punti”,  avvenuta nel gennaio del 1918, che fu integrata dal discorso presidenziale dell’11 febbraio. I due capi di stato si servirono quali intermediari del pastore Herron, per Wilson, e del professore Lammasch, per  Carlo I. L’imperatore fece sapere per il tramite del re di Spagna che egli era d’accordo con la proposta del presidente, mentre attraverso il canale diplomatico regolare trasmetteva un’altra risposta a Wilson.

Ritter scrive: «L’insicurezza politica e la slealtà di Carlo nei confronti del suo ministro» degli Esteri Czernin «è ben caratterizzata dal fatto che Wilson ricevette contemporaneamente due offerte del sovrano di tendenza del tutto diversa, anzi opposta.» [RITTER, cit. p. 283] Infatti, mentre una prospettava un’eventuale futura trasformazione dell’Austria-Ungheria in una federazione di stati, che mettesse fine all’egemonia ungherese (ma non a quella austriaca), l’altra invece respingeva ogni proposta del genere. [RITTER, cit., p. 282] Peggio ancora, il ministro degli Esteri Czernin non era stato informato dal suo sovrano dell’esistenza d’un altro canale diplomatico, parallelo al suo ed ad egli nascosto, cosicché il presidente americano Wilson, impegnato a trovare una soluzione alla guerra, si vide presentare a nome della stessa persona, Carlo I d’Asburgo, due messaggi dal contenuto opposto.

Inoltre, le missive imperiali spiegavano che Vienna non era disposta a concedere praticamente nulla. In primo luogo, non si faceva cenno alcuno alle frontiere orientali degli imperi centrali. Questo era perfino contraddittorio con l’idea, teoricamente accolta dalle autorità asburgiche, d’una «pace senza annessioni né conquiste». In secondo luogo, l’Austria rifiutava a priori ogni idea di cessione all’Italia del Trentino, in contrasto coi principi wilsoniani secondo cui i confini dovevano rispettare le linee divisorie fra nazionalità.

Nonostante Carlo non offrisse quasi nulla ed addirittura si contraddicesse con due lettere dai contenuti opposti fra loro, il presidente americano Wilson decise a marzo di fare un ulteriore tentativo, scrivendo all’imperatore austriaco per chiedergli «indicazioni precise sulla sistemazione della pace».[RITTER, cit., pp. 285-286] La risposta imperiale fu netta: era impossibile discutere sulla cessione dell’Alsazia-Lorena alla Francia e del Trentino all’Italia. Davanti a questa replica, Wilson smise di scrivere: «A questo punto la corrispondenza si interruppe».[RITTER, cit., p. 286]. Questo avveniva nel marzo del 1918: era già il  secondo tentativo di pace che finiva abortito per responsabilità diretta dell’ultimo imperatore asburgico.

 

L’“affare Sisto” e la slealtà dell’imperatore nei confronti di alleati, nemici e sudditi

Il definitivo tracollo delle residue possibilità di una soluzione negoziata del primo conflitto mondiale è però legato al famoso “affare Sisto”, in cui Carlo d’Asburgo mentì contemporaneamente all’alleato tedesco, alla Francia con cui era in trattative diplomatiche, al suo stesso governo imperiale ed in particolare al ministro degli Esteri, insomma praticamente a tutti gli attori coinvolti nel dramma. In questo modo egli apparve inaffidabile ad alleati e nemici, persino ai suoi sudditi stessi, facendo naufragare l’ultima occasione di un accordo.

La comprensione dell’accaduto, che dimostra la slealtà del kaiser austriaco, richiede un passo indietro nel tempo. Il principe Sisto di Borbone Parma era un ufficiale dell’esercito belga, che però risultava imparentato con Carlo d’Asburgo poiché  fratello dell’imperatrice Zita consorte del sovrano. Egli nel 1917 si propose quale intermediario, confidando nella sua particolare posizione personale, tra la Francia e l’Inghilterra da una parte e l’Austria dall’altra per cercare un accomodamento tra l’Intesa e gli imperi centrali.  

Come base per le trattative Carlo d’Asburgo cercava l’accordo con Parigi e Londra su di una serie di condizioni: il ripristino della sovranità del Belgio; il passaggio dell’Alsazia-Lorena dalla Germania alla Francia; la cessione di Costantinopoli dalla Turchia alla Russia; l’accorpamento della Serbia in un “regno di Jugoslavia” che sarebbe stato sottoposto all’autorità imperiale e che avrebbe rappresentato il terzo regno dell’impero assieme a quelli di Austria e di Ungheria.

Il fine ultimo dell’imperatore austriaco era giungere ad una pace separata con l’Intesa, abbandonando gli stati alleati di Germania e Turchia al loro destino: un classico giro di valzer nel bel mezzo di un conflitto. Il kaiser non soltanto cercava di addivenire ad una pace siffatta ma non esitava per ottenerla a promettere ai nemici territori tedeschi e turchi, ossia rispettivamente l’Alsazia-Lorena e Costantinopoli.

La trattativa si arenò perché non Carlo d’Asburgo non aveva voluto coinvolgere l’Italia e rifiutava ogni concessione a quest’ultima. Il presidente del consiglio francese dichiarò al parlamento, il 12 ottobre 1917, che la Francia non poteva accogliere un progetto “qui lassait volontairement de côté l’Italie”. Il ministro degli Esteri italiano Sidney Sonnino, debitamente informato dagli alleati, richiedeva infatti il rispetto del Patto di Londra, laddove Vienna intendeva escludere totalmente Roma sia dalle trattative sia dall’accordo stesso.

L’imperatore tentò di rimediare al grave errore diplomatico accusando ingiustamente l’Italia di aver cercato una pace separata con l’Austria, in modo da screditarla nei confronti dei suoi alleati. Questa calunnia fu riportata a nome di Carlo d’Asburgo dal principe Sisto ai rappresentanti francesi, quando in realtà il governo italiano non aveva intavolato trattative segrete con l’Austria. [La vicenda è stata ricostruita da Leo Valiani, Recenti pubblicazioni sulla prima guerra mondiale, in “Rivista Storica Italiana”,  Torino 1963, IV, p. 575 sgg.; Dello stesso autore e sempre sulla stessa rivista si possono segnalare altri articoli: Idem, Nuovi documenti sui tentativi di pace nel 1917, in Ibidem, p. 559 sgg.; Idem, Documenti tedeschi ed inglesi sui tentativi di pace fra l'Intesa e l'Austria-Ungheria, in Ibidem, 1968, III, p. 670 sgg.] Si può rimarcare che il kaiser cercava di diffamare lo stato italiano imputandogli ciò che invece egli stesso aveva fatto, poiché cercava una pace separata a discapito dei suoi alleati tedesco e turco.

Carlo d’Asburgo aveva inoltre commesso un altro errore ancora, anch’esso determinato dalla sua falsità, poiché aveva intenzionalmente evitato di informare il suo stesso ministro degli Esteri, il conte Czernin, delle trattative in corso per il tramite del  principe Sisto. Si trattava di vera e propria doppiezza, poiché il kaiser austriaco in questo modo praticava una politica diplomatica letteralmente doppia,  una ufficiale e l’altra segreta, senza che neppure il suo responsabile agli affari  esteri ne fosse informato.

Fu proprio questa volontaria esclusione del conte Czernin a determinare il definitivo fallimento delle faticose trattative, proseguite sino alla primavera del 1918. Il ministero degli Esteri austriaco, che non era stato informato dal suo imperatore dell’esistenza di una diplomazia parallela, nell’aprile del 1918 dichiarò pubblicamente ed in buona fede che non si era giunti ancora ad un accordo di pace perché la Francia voleva l’Alsazia-Lorena, ciò che  l’Austria non era disposta a concedere.

Il presidente del consiglio francese Clemenceau poté dimostrare che ciò che asseriva Czernin era falso, servendosi di una prova incontestabile: «la lettera segreta dell’imperatore Carlo al principe Sisto di Borbone, del 24 marzo 1917, in cui il sovrano riconosceva la sua profonda amicizia per la Francia e prometteva di appoggiare con tutte le forze “la legittima richiesta francese di riavere l’Alsazia-Lorena”». Commenta il Ritter:

«Questa rivelazione fu tanto più penosa in quanto Czernin nel suo discorso aveva addirittura esaltato la presunta, incrollabile fedeltà di Carlo agli impegni di alleanza, proprio perché da tempo la vedeva vacillare e intendeva riabilitare l’imperatore davanti all’opinione pubblica. Ma il peggio fu che il sovrano tanto esaltato smentendo sulla sua “parola d’onore” la lettera (prima affermò che non era stata mai inviata, quindi che nel corso del viaggio a Parigi era stata falsificata) si rivelò un miserabile mentitore (perfino davanti al suo ministro!) e un imbelle davanti all’opinione pubblica» [RITTER, cit., p. 296]

Il ministro degli Esteri di fiducia di Carlo I d’Asburgo, prescelto dall’imperatore in persona, lo Czernin, dovette sacrificarsi per tentare in qualche modo di salvare la faccia al suo sovrano. [RITTER, cit., p. 296: «Czernin, che era stato l’involontaria causa di questo scandalo, ne fu la vittima. Sul piano morale, l’unica soluzione dignitosa sarebbe stata la volontaria, anche se temporanea, rinuncia dell’imperatore a intromettersi negli affari di governo. Ma politicamente era una soluzione non scevra di pericoli […] Così al ministro non restò che presentare le dimissioni, assumendo il ruolo di «capro espiatorio» […] E tuttavia gli esperti di politica a Vienna trovarono che mai uno statista austriaco era stato tanto popolare quanto lo Czernin dopo questo grave colpo politico».]

Ciò  tuttavia non evitò conseguenze negative per l’impero, poiché questi avvenimenti «scossero profondamente la fiducia nell’imperatore di tutta la popolazione  austro-ungarica, e minarono alle fondamenta la monarchia».[Ritter, cit., p. 296] Scoprire che Sua Maestà Apostolica Carlo I d’Asburgo, imperatore d’Austria e re d’Ungheria, altro non era che un «miserabile mentitore» secondo lo scritto del Ritter, capace di giurare sulla propria “parola d’onore” di non aver scritto la sua lettera autografa a Clemenceau e di calunniare lo statista francese accusandolo di falsificazione, facendo tutto ciò nel corso di delicatissime trattative diplomatiche dirette a porre termine ad una guerra estremamente dura, fu devastante per l’immagine pubblica del monarca in uno stato in cui il vacillante senso unitario si basava in buona misura sul rispetto d’impronta feudale verso il sovrano.

Il risultato fu pessimo anche in campo internazionale e portò al fallimento dei negoziati. Le menzogne di Carlo d’Asburgo gli si ritolsero contro, perché fecero perdere in Wilson e Clemenceau, la fiducia che potevano avere in lui: chiaramente, un imperatore disposto a mentire ripetutamente e pubblicamente mentre si trattava per giungere ad una soluzione condivisa del conflitto non era affidabile e la sua “parola d’onore” non aveva alcun valore.

Si può citare ancora il Ritter:

«Sul piano internazionale “l’affare Sisto” ebbe effetti rovinosi per l’Austria-Ungheria e proprio a danno di quel tentativo di pace separata a cui l’imperatore Carlo tendeva. Fino a quel momento, il presidente Wilson si era mostrato molto benevolo al riguardo e aveva considerato con vero orrore la prospettiva di una «balcanizzazione» del settore danubiano. Aveva inoltre manifestato simpatia per i progetti nazionalistici dei Polacchi, ma non per il leader ceco Masaryk e per l’emigrazione slava. Quando Clemenceau rese di pubblica conoscenza la lettera a Sisto, gli statisti americani compresero che ormai una pace separata con Carlo e le sue eminenze grigie (e magari all’insaputa dei suoi ministri) era divenuta impossibile: ormai i suoi stessi sudditi lo consideravano un traditore». [RITTER, cit. p. 296.]

«Ormai i suoi stessi sudditi lo consideravano un traditore», scrive questo importante storico tedesco. L’ultimo imperatore della dinastia degli Asburgo aveva finito con l’allontanare da sé almeno una parte consistente della popolazione in passato fedele.

 

Conclusione

È bene sintetizzare per chiarezza i punti nodali di questa intricata vicenda. Dopo aver respinto il “programma di Freiburg” ed aver disilluso il presidente Wilson facendogli  pervenire due proposte differenti e per di più evasive, Carlo d’Asburgo durante le trattative condotte tramite il principe Sisto agì nel seguente modo:

-propose una pace separata della Duplice Monarchia,  senza informare gli alleati Germania, Turchia, Bulgaria;

-promise territori dei propri alleati, l’Alsazia-Lorena tedesca e Costantinopoli turca, anche in questo caso senza informare gli alleati;

-accusò ingiustamente l’Italia di aver intavolato negoziati con l’Austria tenendoli nascosti alle altre potenze dell’Intesa, allo scopo di danneggiarne l’immagine presso la Francia;

-celò al suo stesso ministro degli Esteri l’esistenza di una diplomazia parallela;

-assicurò sulla propria parola d’onore (sic!) di non aver scritto la lettera inviata al governo francese in cui garantiva il suo appoggio per il passaggio dell’Alsazia-Lorena alla Francia;

smascherato, accusò Clemenceau di aver falsificato la lettera.

Le azioni dell’imperatore condussero al naufragio delle speranze di pace, poiché le autorità politiche dell’Intesa non poterono più attribuire alcun credito alla parola ed alle intenzioni d’una persona simile. Inoltre, Carlo I d’Asburgo contribuì a sfasciare internamente la Duplice Monarchia, poiché all’interno d’un ordinamento feudale, quale in fondo era l’impero d’Austria, niente era più grave della violazione dell’onore e della lealtà. Se poi ciò avveniva da parte del suo stesso, teorico, supremo garante, il sovrano, il trauma e la sfiducia non potevano che essere enormi.

Il comportamento di Carlo d’Asburgo nei negoziati diplomatici, segnato da doppiezza e menzogne, gli si ritorse contro. Si può concludere citando un motto attribuito a quel geniale e spregiudicato diplomatico che fu Charles-Maurice de Talleyrand-Périgord  e che ben s’addice a giudicare l’operato del kaiser:

«C'est pis qu'un crime, Sire, c'est une faute».

 

 

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