Eleonora de Fonseca Pimentel, ricordandoti

Subiaco, l'origine del nome

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Il nome “Subiaco”  è  senza alcun dubbio singolare. Comunemente si ritiene che provenga dall’espressione latina “Sub lacum”, tradotta “Sotto il lago”.  Il termine, al primo impatto, suggerisce subito due pensieri: o che la città,  a cui il nome si riferisce, dovrebbe fantasiosamente trovarsi sotto l’acqua di un lago, o che essa  è situata a valle rispetto a un lago che si troverebbe a monte, sostenuto da una diga o da consistenti sponde.

E’ bene subito affermare che la questione del significato del nome non può limitarsi a incredibili o semplicistiche riflessioni, ma  è piuttosto complessa. Tuttavia è possibile avvicinarsi alla verità nella misura in cui si approfondisce l’argomento, tenendo conto di tutti i suoi aspetti.

Si può subito chiarire se il nome “Subiaco” sia sorto dalla posizione che  la città aveva nei confronti dei laghi della villa neroniana, costruiti anticamente nella zona, o se è stata questa a darle il nome. La denominazione non è nata per una caratteristica intrinseca e propria del luogo ove la città si trova.  Non c’è qualcosa di esso che giustifichi in qualche modo una tale denominazione indipendentemente dalla villa romana.

E’ da considerare invece risolutivo il fatto che da essa il nome “Subiaco” trovi la sua genesi. Se il primo centro urbano di Subiaco è sorto nell’area di S. Lorenzo, cioè tra il Pianello e il Ponte di S. Antonio, utilizzando una parte dei resti della villa neroniana, la cui denominazione è stata poi riportata dal nome della città, appare evidente che il termine “Subiaco” sia sorto dalla costruzione imperiale romana.

Assodato ciò,  non significa ancora aver sciolto l’aspetto enigmatico del nome “Subiaco”. E’ questo il vero problema da dover risolvere. Al fine di cercare di chiarirlo è bene analizzare le tre interpretazioni o spiegazioni possibili del nome:  altimetrica, allegorica e filologico-grammaticale.

Prima di analizzarle è bene  precisare le notizie che ci hanno lasciato sulla villa di Nerone gli autori  latini  Plinio il Vecchio (23-79 d.C.), Sesto Giulio Frontino (40- 104 d.C.) e Publio Cornelio Tacito (55-120 d.C.)

Plinio (Nat. Hist., III, 12), in riferimento all’ Aniene,  ha scritto: ”Anio, in monte   Trebanorum ortus, lacus treis amoenitate nobiles, qui nomen dedere Sublaqueo, defert in Tiberim”. Frontino (De Aquaeductu,93) invece ci fa sapere che Traiano  fece derivare  l’Anio Novus “ex lacu qui est super villam neronianam Sublacensem”. Tacito infine (Annales XIV, 22) ci tramanda: “nam quia discumbentis Neronis apud Simbruina stagna [in villa], cui  Sublaqueum nomen est, ictae dapes mensaque disiecta erat”.

Oltre a questi autori latini non bisogna dimenticare che nella Tabula Peutingeriana, che costituisce l’unica rappresentazione dettagliata e pittorica del mondo conosciuto in epoca romana,  compare  il termine “Sublaqueum”.

L’interpretazione altimetrica è sostenuta da Gabriele Paolo Carosi, il quale afferma che il grosso della villa neroniana si trovava nell’area che dal Pianello, attraverso S. Lorenzo, raggiungeva il Ponte  S. Antonio. A suo avviso questa zona si trovava a livello inferiore non solo rispetto al 1° lago,  ma addirittura anche del 2° lago, una volta stabilito che le dighe si trovassero la prima a Ponte S. Mauro, la seconda “contigua all’attuale Ponte Rapone” e la terza probabilmente dove si trova ora il Ponte S. Antonio.

In verità la ricerca archeologica ha sinora scientificamente individuati i seguenti 5 nuclei della villa di Nerone: A (S. Clemente), B (S. Croce), C (Pianello), D (Carceri) ed E (Sorricella). I nuclei  A, B ed E si trovano sulla riva destra dell’Aniene e i nuclei C e D sulla riva sinistra.  Nessuno dei nuclei, ad eccezione forse di E – come sostiene Federico Di Matteo – si trovava a un livello più basso rispetto a quello dei laghi, per cui la spiegazione altimetrica è da considerare errata.

Egli poi è un vero e proprio sostenitore dell’interpretazione allegorica del nome “Subiaco”. E’ convinto che il nome “Sublaqueum” significhi “Sotto l’acqua dei laghi neroniani”, perché raffigurerebbe il significato di una precisa allegoria: “La rappresentazione di una inondazione imperitura, che doveva ricordare quella del Nilo, con tutto ciò che, evidentemente, ne deriva”.

Il complesso romano di Subiaco doveva essere una rappresentazione metaforica, cioè una riproduzione sintetica ed essenziale del territorio egizio con riferimento diretto al mondo dei Tolomei. C’era quindi la volontà di ispirarsi, nel costruire la villa, ad una delle civiltà più fascinose dell’impero. In verità, prima di Nerone, anche Caligola, costruendo le sue navi di Nemi, aveva cominciato a suo modo questo percorso. Dopo Nerone, lo stesso atteggiamento, con le dovute varianti, fu fatto da Adriano a Tivoli.

La villa romana di Subiaco avrebbe dovuto, però, avere anche un carattere beneaugurante: come la “piena” del Nilo, fecondando con il suo limo la terra d’Egitto, apportava ad essa perenne benessere, così l’Aniene, come un piccolo Nilo, inondando alcuni padiglioni di stile egizio, appositamente costruiti lungo le rive di tre  laghi, avrebbe allegoricamente augurato un periodo di ricchezza e prosperità  all’incipiente impero neroniano.

Si può essere certamente d’accordo con il Di Matteo per quanto riguarda il fatto che la villa di Subiaco venne costruita con intenti allegorici e beneauguranti. Come si sa Nerone, come tutti i romani, aveva subito il fascino dell’Egitto, ma ancor di più se ne era innamorato dietro i consigli del suo tutore Seneca, che era restato nella terra dei Faraoni  per ben 11 anni e ne aveva lasciato anche qualche interessante descrizione. 

Se è sicuro che il complesso romano, costruito nell’alta valle dell’Aniene, avesse una funzione allegorica, ci appare, però, eccessivo enfatizzarla col sostenere che il nome Subiaco abbia avuto il significato “Sotto l’acqua dei laghi neroniani”. E’ difficile pensare che l’allegoria egizia del complesso  avrebbe indotto a ricercare una denominazione poco concreta e troppo fantasiosa. A mio avviso non era necessario giungere a tanto, creando difficoltà di credibilità del nome a quanti l’avrebbero pronunciato, ignorando qualsiasi allegoria. In verità si voleva con la villa ricreare l’atmosfera egizia con la piena del Nilo e con lo stile tolemaico e ciò sarebbe bastato a contenere qualsiasi allegoria che poteva avere rapporti con il mondo egizio.

La realtà, come spesso accade, è molto più semplice e, a mio avviso, le origini del nome Subiaco trovano la loro spiegazione in una normale interpretazione di natura filologico-grammaticale, strettamente legata all’uso della preposizione “sub”, con la quale inizia il nome.

La questione quindi verte sulla preposizione “sub”, che può essere usata col nome all’ablativo o all’accusativo, limitandoci ai complementi di luogo.  Questa preposizione viene adoperata  sia all’ablativo, per lo stato in luogo, che all’accusativo,  per lo stato di  moto a luogo, nei  significati di “sotto”, “entro”, “ai piedi di”.  Il significato “davanti a” si adopera soprattutto per lo stato in luogo. La preposizione “sub”  acquista i significati  “rasente a”, “presso”, “vicino a” solo per lo stato di  moto a luogo. Tutto ciò risulta dall’uso che gli autori latini hanno fatto di detta preposizione. Come si può vedere, per quanto ci siano regole grammaticali,  si può essere sino a un certo punto perentori nel valore della preposizione “sub”, quand’essa compone un nome.

Stando alle fonti letterarie romane e alla Tabula Peutingeriana di cui si è già parlato, il termine “Sublaqueum” è quello che con maggiore certezza e frequenza veniva utilizzato. Infatti sia Tacito che la Tabula Peutingeriana così lo tramandano. Frontino, parlando della “villam neronianam Sublacensem”  ci presenta un aggettivo ma non un nome. Plinio invece ci presenta il nome “Sublaqueo” declinato al dativo, ma il nome corrente non varia.

Se il termine “Sublaqueum” era quindi quello usato, è bene prenderlo come un dato di fatto e analizzarlo.

Tenendo conto delle riflessioni filologico-grammaticali sopra fatte, il termine “Sublaqueum”, con la preposizione “sub”, che regge il nome “laqueum” all’accusativo,  non può avere che il significato di “presso il lago”, “lungo il lago”, “vicino al lago”o “rasente il lago”. Una tale spiegazione ha il crisma della razionalità e dell’ obiettività. Di conseguenza il significato “sotto il lago” appare poco probabile.

Per motivi di brevità nella parlata è stato forse possibile passare da “la villa presso il lago” a “presso il lago”. Un passaggio questo che si sarà subito verificato. Infatti due dei tre gli autori latini citati, contemporanei di Nerone, e la Tabula Peutingeriana lo attestano. E’ probabile che un Nerone intenzionato a trascorrere qualche giornata di “otium” nella sua villa e i componenti la corte imperiale al posto di dire di andare “nella villa presso il lago” avranno potuto più facilmente dire di andare “presso il lago”. E’ probabile che un andare o recarsi "presso il lago" abbia, a causa dei verbi di movimento, fatto utilizzare e formalizzare nell’uso la preposizione  “sub” con il nome all’accusativo.

La genesi del nome Subiaco quindi non sarebbe legata né a una spiegazione altimetrica, né allegorica, ma filologico-grammaticale. Anche la via Sublacense acquisterebbe il significato di  una strada che conduce a Subiaco, cioè“presso il lago”. I veri protagonisti, ormai scomparsi, dell’alta valle dell’Aniene  sono stati quindi i Simbruina stagna, cioè i laghi neroniani, che ne hanno segnato la storia in epoca antica, dandole anche il nome che  è giunto sino ai nostri giorni.

 

 

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