L’alba del socialismo libertario a Napoli

Condividi

Bakunin con Saverio Friscia e Giuseppe FanelliQuando Friedrich Engels si trovò nel 1873 a raccontare i primi anni del socialismo libertario in Italia, pur da posizioni polemiche di socialismo materialistico – dialettico, non poté non scrivere che la sua storia in Italia era partita dalla esperienza napoletana.

“In Italia - scrisse Engels nel rapporto presentato al Congresso dell’Alleanza Internazionale dei Lavoratori dell’8 settembre 1873 - l’Alleanza della democrazia socialista esisteva prima dell’Internazionale. Papa Michele vi aveva soggiornato e vi si era creato un gran numero di connessioni tra i giovani elementi della borghesia. La prima sezione italiana, quella di Napoli, è stata diretta fin dalla fondazione da elementi borghesi e oltranzisti”.

Tali erano considerati da Friedrich Engels gli eredi di Carlo Pisacane, e tra essi Engels faceva i nomi di Gambuzzi, Caporuzzo, Dramis e Fanelli, i quali avevano avviato l’esperienza socialista libertaria a Napoli in età post-unitaria.

A Napoli si formò, quindi, la prima sezione dell’Alleanza Internazionale dei Lavoratori nei primi anni successivi all’Unità.

Tuttavia, costituisce questione ancora aperta nel dibattito storiografico, se la suddetta esperienza sia stata influenzata dalla presenza, nel 1865, di Mikhail Bakunin a Napoli, oppure sia stata un’autonoma evoluzione, negli anni precedenti al 1865, dei democratici napoletani dal repubblicanesimo al socialismo libertario.

Negli anni 1864-65, il movimento socialista libertario di Napoli aveva già un proprio periodico: “Il Popolo d’Italia”, diretto da Giorgio Asproni.

 

Ovviamente in seguito si produsse un incontro tra le posizioni autonome napoletane e quelle del russo Bakunin, nella cui patria, in quegli anni di profonde agitazioni dei contadini, dal 1860 al 1863, si attendeva l’arrivo di “Garibaldov”.

Un manoscritto rinvenuto a Locarno il 7 gennaio 1872, descrive l’evento dell’attesa di Garibaldov da parte dei contadini russi nei primi anni sessanta dell’Ottocento.

I contadini della Grande e Piccola Russia di quegli anni, conoscevano e attendevano Giuseppe Garibaldi e, se si domandava loro chi fosse, rispondevano: “è un grande amico, l’amico della povera gente e verrà a liberarci”.

Il movimento socialista libertario napoletano, anche su impulso di Mikhail Bakunin, riuscì a penetrare nell’organizzazione mazziniana della Falange Sacra nel Mezzogiorno ed in Sicilia e, oltre ai citati Giuseppe Fanelli, Carlo Gambuzzi, Attanasio Dramis, ritroviamo Saverio Friscia, Carlo e Raffaele Mileti, Pier Vincenzo De Luca, Alberto Tucci, Giuseppe Ricciardi, Concetto Procaccini, Giuseppe e Luigi Bramante, il meccanico Tommaso Schettino, lo scultore Antonio Giustiniani, il tipografo Luigi Filicò, il sarto Stefano Caporosso e molti altri giovani alle prime esperienze politiche.

Per costoro  il moto del Risorgimento si evolveva verso un’idea nuova: il socialismo libertario, inteso come movimento politico che propugnava forme di democrazia diretta e di autogoverno sociale.

Dal 1866 il gruppo diventò ancor più rilevante e si aggiunsero Antonio Piscopo, Pasquale Cimmino, Francesco Calfapetra, Raffaele Di Serio, Domenico De Martino, Ferdinando Manes Rossi, Gregorio Mayer. Il movimento poté, pertanto, costituirsi in un’organizzazione più ampia.

Il 3 aprile 1867 il gruppo dei democratici meridionali  si definì Libertà e Giustizia, associazione rivoluzionaria democratica-sociale, con un comitato direttivo nelle persone di Friscia, presidente, affiancato nel direttivo da Gambuzzi e Dramis.

I soci prepararono uno Statuto, che possiamo definire un incontro tra le posizioni del radicalismo repubblicano e del socialismo riformistico, con un programma incentrato su un progetto di democrazia diretta e decentrata.

Il primo numero dell’omonimo giornale “Libertà e Giustizia”, pur non recidendo i contatti, ribadiva il distacco dal mazzianesimo per far propria, secondo Aldo Romano, la concezione rivoluzionaria del pensiero di Carlo Pisacane, in relazione alla preminenza della questione sociale.

Quindi, oltre alle già conquistate libertà di stampa, di associazione, di riunione, di culto, diritti civili che necessitavano di essere implementati, vi era l’idea portante del suffragio universale, una riforma del sistema tributario con l’abolizione di tutte le imposte indirette e l’istituzione di tasse progressive sul reddito, l’affermazione della necessità di un armamento nazionale civile, la costituzione di una milizia popolare.

Come sottolinea l’analisi di Aldo Romano, i promotori di questo riformismo affermavano il concetto di patria, ma necessitava una democrazia popolare e progressiva per “costruire uno Stato sulla base incrollabile della libertà politica, religiosa, economica”.

Capo riconosciuto del movimento socialista libertario di Napoli fu Giuseppe Fanelli, che partecipò, con Friscia, Tucci e Gambuzzi, al Congresso della Lega della Pace e della Libertà, che si tenne a Berna dal 21 al 25 settembre 1868.

Ufficialmente la prima sezione italiana dell’Internazionale si costituì a Napoli il 31 gennaio 1869, e la Società Operaia di Napoli, così  chiamata dalle autorità, ebbe come presidente il sarto napoletano Stefano Caporusso, vicepresidente il falegname Cristino Tucci, tesoriere lo scultore in creta Antonio Giustiniani e come segretario il falegname Francesco Cirma.

Al V congresso dell’Internazionale, convocato a Basilea il 5 settembre 1869, il presidente Caporusso, annunciò la fondazione della sezione napoletana: “Sotto l’influenza della situazione economica dell’Italia meridionale e del progresso delle idee socialiste, una sezione dell’Internazionale poté essere fondata a Napoli nel mese di gennaio di quest’anno[…] La sezione di Napoli fa una propaganda attivissima nell’Italia meridionale; verso cui tutte le infelici popolazioni della penisola volgono lo sguardo come verso i precursori della vera libertà.”

 

 

Bibliografia:
Alfonso Scirocco, Democrazia e socialismo a Napoli dopo l’Unità. 1860-1878, Libreria Scientifica Editrice,  Napoli, 1973.
Aldo Romano, Storia del movimento socialista in Italia, Roma, 1954.
Il manoscritto rinvenuto a Locarno il 7 gennaio 1872 su Garibaldov è presente in, Michel Bakounine et l’Italie. 1871-72,  pag. 190.

 

 

Statistiche

Utenti registrati
137
Articoli
3178
Web Links
6
Visite agli articoli
15304146

(La registrazione degli utenti è riservata solo ai redattori) Visitatori on line

Abbiamo 726 visitatori e nessun utente online