Eleonora de Fonseca Pimentel, ricordandoti

Picerno, la leonessa della Lucania

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Chiesa Madre di PicernoSulle rovine dell'antica Acerrona, con il toponimo di Pizini, intorno all'anno1000, fu fondata Picerno, inizialmente concepita come piccola fortezza normanna, cinta da mura difensive. Nel 1331 apparteneva alla contea di Potenza in seguito fu ceduta a titolo di feudo dapprima alla famiglia Sanseverino di Tricarico, poi ai Caracciolo, ai Muscettola e infine ai Pignatelli di Marsico. Durante i moti del 1799 il centro assunse un ruolo non secondario.

Con l'imminente caduta della Repubblica, si oppose fermamente all'esercito sanfedista. Dopo avere subito una pesante sconfitta, alcuni picernesi si rifugiarono nella Chiesa Madre, ma furono raggiunti e massacrati dagli uomini del brigante Gerardo Curcio da Polla, noto come Sciarpa.

Sulle motivazioni che spinsero i contadini a partecipare alla rivoluzione repubblicana, è stato ingiustamente detto che essi lottarono per la terra e  non per la liberta,  giudizio, questo, che tende a svilire le vere ragioni del loro coinvolgimento, riducendolo alla lotta per un bene concreto e non per qualcosa che avrebbe richiesto una passione e una carica ideale a loro estranea e riservata solo a componenti sociali dotate di maggiore sensibilità e cultura.

 

Invece non è così, perché laddove la Repubblica si presentò fin dall’inizio con una identità veramente rivoluzionaria, anche i contadini ne compresero subito la portata e aderirono immediatamente all’appello, come avvenne a Picerno.

Scrive infatti Cuoco: «in Picerno, appena il popolo intese l’arrivo dei Francesi, corse, seguendo il suo parroco, alla chiesa a rendere grazie al Dio d’Israele, che aveva visitato e redento il suo popolo. Dalla chiesa passò ad unirsi in parlamento ed il primo atto della libertà fu quello di chiedere conto dell’uso che per sei anni si era fatto del pubblico danaro. Non tumulti, non massacri, non violenza accompagnarono la rivendica dei suoi diritti il secondo atto della libertà fu quello di rivendicare le usurpazioni del feudatario. E quale il terzo? Quello di far prodigi per la libertà istessa...».

A Picerno i contadini si schierarono immediatamente a favore della Repubblica perché intesero fin da subito che essa si proponeva sia di eliminare la feudalità, sia di distribuire le terre. Ma quella della terra fu la questione centrale per tutti. La scelta dei contadini di lottare per la Repubblica e di inscrivere le proprie rivendicazioni all’interno di un programma politico più ampio e articolato, attesta che essi avevano raggiunto un grado di consapevolezza politica molto più avanzato di quanto ne sia stata loro attribuita.

Durante la rivoluzione napoletana del 1799 Picerno fu il centro di raccolta dei repubblicani della Basilicata occidentale. Per la resistenza lunga, ostinata ed eroica alle truppe sanfediste, il paese si guadagnò l’appellativo di Leonessa della Lucania Vincenzo Cuoco, scrisse che i repubblicani si batterono «fino a che ebbero munizioni, e quando non ebbero più munizioni, per avere del piombo risolvettero in parlamento di fondersi tutti gli organi delle chiese. I nostri Santi, si disse, non ne hanno bisogno. Si liquefecero tutti gli utensili domestici, finanche l’istrumenti più necessari della medicina; le femmine, travestite da uomini, si batterono in modo da ingannare il nemico più col loro valore che colle loro vesti».

Molti assalti furono respinti, ma essendo privi di artiglieria, al contrario delle truppe di Sciarpa che erano munite di cannoni, i picernesi subirono molte perdite. Alla fine, i pochi rimasti, senza né armi né altre risorse per difendersi, cercarono scampo nella Chiesa Madre, dove furono ugualmente raggiunti e massacrati dai sanfedisti.

Quando costoro arrivarono, il sacerdote Nicolò Caivano fece aprire le porte e si presentò sulla soglia della chiesa con i paramenti sacri, elevando l’ostensorio al di sopra dellaloro testa. Pensava di poter ispirare in loro il rispetto e di fermare la rabbia omicida. Vana speranza.  Cadde per primo, crivellato dai colpi del nemico. Era il giorno 10 Maggio del 1799. I morti furono 70, tra i quali 19 donne. Al massacro seguirono  incendi e saccheggi.

«Per una di quelle ingiustizie di cui la storia è colma», commentò l’archeologo Lenormant qualche decennio più tardi, «l’eroico sacrificio e la caduta di Picerno passarono inosservati tra gli avvenimenti della fine della Repubblica Partenopea.

 

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