1820- La repressione in Sicilia nel rapporto Daiser
Sulla spinta degli avvenimenti spagnoli, anche in Italia, nel primo ventennio dell’Ottocento, si intensificarono i tentativi insurrezionali contro l’ancien regime sancito dal Congresso di Vienna. Prima nel giugno 1820 in Sicilia e poi nel luglio a Napoli andarono organizzandosi gruppi di patrioti, mentre nel marzo 1821 scoppiò la rivoluzione in Piemonte. La nascita del regno borbonico delle Due Sicilie fomentò nell’isola annessa al regno di Napoli, un movimento di protesta, di cui fecero parte tutti i ceti sociali che, guidati da Giuseppe Alliata di Villafranca, il 15 giugno 1820 insorsero. A seguito della rivolta venne istituito a Palermo un governo presieduto dal principe Paternò Castello. Il 23 luglio fu inviata una delegazione a Napoli per chiedere l’autonomia del Regno di Sicilia ed il ripristino della costituzione del 1812, ma Ferdinando I di Borbone rifiutò e il 30 agosto inviò un esercito di settemila soldati. Il 27 luglio 1820 il barone Daiser inviò al Governatore della Lombardia, conte di Strassoldo, un rapporto in cui esplicitava la forza con cui i siciliani chiedevano un’amministrazione propria, indipendente da quella del regime borbonico di Napoli. Dopo aver delineato lo scoppio dei tumulti del 15 giugno, il barone Daiser si soffermò su tutto quanto si era verificato nei giorni successivi a Palermo, dove i prigionieri politici erano stati liberati, e la popolazione si era impadronita dei porti e dell’arsenale. Lo scrivente richiamava sovente la partecipazione di “tutto il popolo” armato, con le truppe regie pronte a tentare di ristabilire l’ordine con una forza preponderante di circa 7000 soldati. Sugli avvenimenti del 16 luglio del 1820, il barone Daiser evidenziava che le truppe regie, pur prevalendo, erano continuamente impegnate e il giorno successivo “masse di contadini erano scese da ogni parte di Palermo, caricarono le truppe con la massima rabbia”, mentre i “borghesi” contribuivano alla rivolta gettando esplosivi sulla truppa. La determinazione dei contadini fece sì che lo stesso generale in capo borbonico Church “si salvò appena”, mentre il ministro Tommasi e molti impiegati tornavano a Napoli “la sera del giorno 19 col vapore di Raston che il 17 aveva lasciato Palermo in preda al più grave disordine”. A questo punto - scrisse Daiser - il Vicario Generale si decise ad emanare un decreto promettendo amnistia. Le lotte continuarono per i mesi successivi fino a che l’isola, a soli quattro anni dalla creazione del Regno delle Due Sicilie da parte delle potenze delle Santa Alleanza, dovette cedere al despota borbonico.
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