Tirannia latifondista e deficienze tecnologiche nel Regno borbonico

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Categoria: Storia del Risorgimento
Creato Martedì, 08 Dicembre 2015 15:48
Ultima modifica il Giovedì, 07 Gennaio 2016 22:10
Pubblicato Martedì, 08 Dicembre 2015 15:48
Scritto da Davide Simone
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Altro fiore all'occhiello della propaganda filo-borbonica (separatista come federalista), il “mito” dell'assenza di un' emigrazione dal Meridione verso l'estero durante gli anni del Regno delle Due Sicilie, argomento utilizzato a testimonianza del supposto benessere di cui, secondo i nostalgici di “Franceschiello” e dei suoi avi, avrebbe goduto il Sud in epoca preunitaria.

Si tratta di un esempio paradigmatico di propaganda “grigia” (il dato è parzialmente falso) perché se è vero che l'emigrazione meridionale era, effettivamente, contenuta prima dell' Unità per poi acuirsi assumendo livelli esponenziali dopo il 1861, è altrettanto vero che altre e ben differenti furono le cause alla base del fenomeno.

In particolare, se ne potranno evidenziare due:

1) La mancanza o lo scarso utilizzo, fino a quasi tutta la prima metà del XIX secolo (ovvero l'epoca coincidente con le ultime fasi di vita del Regno delle Due Sicilie), dei battelli a vapore.

2) L'opposizione, da parte della grande borghesia terriera meridionale, all'emigrazione.

Nel primo caso, osserveremo come soltanto nel 1801 venne realizzata la prima imbarcazione a vapore funzionante (la “Charlotte Dundas”), mentre soltanto nel 1838, con la costruzione ed il varo della “Great Western”, ebbero inizio ed impulso le grandi traversate transoceaniche (appena un ventennio prima della presa di Gaeta, quindi).

Prima di questo periodo, la navigazione si svolgeva ancora tramite vela, di conseguenza le linee che univano l'Europa alle Americhe erano meno battute , i viaggi meno frequenti (perciò più costosi) e molto meno sicuri.

Non va inoltre dimenticato che le flotte dei vari stati preunitari non potevano contare sullo stesso livello tecnologico di quelle dagli altri Paesi, pertanto anche i nostri esodi ebbero inizio con maggiore ritardo.

Con l'avvento e la diffusione del vapore (seconda parte dell'800), l'emigrazione da tutta Europa conobbe una triplicazione. Per quanto concerne il secondo caso, la grande borghesia agricola e i grandi latifondisti meridionali costituirono da sempre un freno all'emigrazione, perché il fenomeno avrebbe sottratto loro un'enorme quantità di manodopera (sotto i Borbone priva di qualsiasi garanzia di tipo sindacale) aumentando, di rimbalzo, il costo di quella che restava.

Al contrario, nel più industrializzato Nord, l'imprenditoria incoraggiava gli espatri in virtù dei grandi vantaggi che l'espansione del settore navale avrebbe comportato per le industrie. L'opposizione dei latifondisti si dimostrò tanto coriacea e potente da condizionare anche il nuovo Regno d' Italia, che varò alcuni provvedimenti restrittivi in materia come la Circolare Lanza (1873) e la Legge Crispi (1883).

Nel 1901, tuttavia, la possibilità di espatrio venne liberalizzata (Legge Luzzatti) e furono approntate severe disposizioni per la tutela e l'integrità del cittadino che decideva di lasciare l'Italia. Ad esempio, fu resa obbligatoria la presenza di personale medico-sanitario a bordo dei piroscafi e furono stabilite normative precise che riguardavano "la velocità minima delle navi, le dimensioni e il corredo delle cuccette, il numero massimo di persone per ciascun dormitorio in base al cubaggio, la modalità di installazione dei boccaporti, la quantità e la composizione dei pasti e la razione giornaliera di acqua".