Filadelfia in Calabria: genesi di un paese 'illuminato'

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Categoria: Storia XVIII sec.
Creato Domenica, 13 Settembre 2015 14:55
Ultima modifica il Martedì, 22 Settembre 2015 21:30
Pubblicato Domenica, 13 Settembre 2015 14:55
Scritto da Giovanni Cardone
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Dal 5 febbraio al 28 marzo 1783,  cinque terremoti fortissimi fecero tremare il sud dell’Italia. La Calabria, fu la più danneggiata, registrando degli enormi  disastri  che devastarono l’intera regione, tanto che gruppi di case ed anche intere fattorie, furono trasferite in nuovi siti.

Tra le comunità più duramente colpite vi fu Castelmonardo, un piccolo paese di montagna fondato nell’VIII secolo. Localizzato praticamente sull’epicentro della terrificante scossa del 28 marzo 1783, Castelmonardo fu completamente distrutto, costringendo i superstiti ad abbandonare le rovine e ricostruire poi la comunità in un luogo più propizio. Fu così che una speranzosa carovana migrò verso il Piano della Gorna. Alla nuova città fu dato il nome di Filadelfia.

La scelta non fu casuale perché molte somiglianze, oltre al nome, avrebbero legato Filadelfia in Calabria alla Philadelphia americana.La struttura della città italiana era ovviamente un’imitazione del progetto di Penn per la metropoli della Pennsylvania.

William Penn aveva diviso un’area tra i fiumi Schuylkill e Delaware in quartieri intersecati al centro da due principali arterie per formare una gigantessa croce. Il punto d’intersecazione era il quadrato principale. In ogni quartiere ci doveva essere un grande parco - oggi piazze di Franklin, Washington e Rittenhouse, e il Logan Circle (Circolo di Logan).  

Memore dell’incendio che quasi distrusse Londra nel 1666, Penn progettò la sua città  in grandi blocchi, così da lasciare ampio spazio tra le case.

 

Giovanni Andrea SerraoLa Filadelfia calabrese fu  concepita ancora più razionalmente da Giovanni Andrea Serrao, il vescovo liberale  di Potenza, figlio nativo di Castelmonardo e amico intimo di Gaetano Filangieri.

Le due principali arterie che si incrociavano per formare lo scheletro del  paese, erano orientate formando una croce, conformemente ai punti della bussola.

Le altre strade furono poi chiamate con numeri e direzioni in riferimento  alla croce principale, dando vita ad un sistema unico in Italia. La chiesa più importante doveva essere nel quadrato principale che corrispondeva apparentemente alla City Hall nel cuore della Philadelphia americana.

Ma il progetto originale del Serrao fu successivamente modificato; oggi non solo c’è una chiesa in ogni angolo del quadrato comunale per la funzione religiosa del suo rispettivo quartiere, ma anche  una piazza di fronte ad ogni chiesa.

In ogni caso, l’analogia con i quattro parchi specificati da William Penn per la sua città è ovvia. Laddove Penn teneva conto dell’ampio spazio tra le case, con l’intenzione di diminuire il pericolo da incendio, l’illuminato prelato calabrese Serrao, specificò che le case della sua Filadelfia dovevano essere limitate da due piani in altezza.

L’insieme di conoscenze del battesimo della nuova città calabrese non è stato mai accuratamente esaminato, specie nelle connessioni ideologiche  presenti con la Philadelphia americana. Documenti contemporanei mantengono un discreto silenzio o altri sono poco verosimili nelle loro spiegazioni.

Elia Serrao, fratello del Vescovo di Potenza e autore di una testimonianza oculare Concerning the Earthquakes and the New Philadelphia in Calabria (Circa i terremoti e la nuova Filadelfia in Calabria), diede delle ragioni imprecise per il nome scelto dai suoi concittadini: il nome era adatto ad una splendida promessa:

“Il rapporto che gli abitanti della nuova città che vivono in uno spirito di fratellanza e senza falsità e inganno, immediatamente acquisì molto credito (…)  e il nome attirerebbe estranei per insediarli e accrescere la sua popolazione, senza la cui abbondanza di uomini nessuna città diventerebbe mai grande”.

Il decreto reale del 24 luglio 1786 riconoscente ufficialmente il nuovo nome di Filadelfia non dava spiegazioni al cambiamento.

Mario PaganoMario Pagano, presente sulla scena del disastro per fornire delle osservazioni relative ad alcune teorie di Vico sugli effetti morali e sociologici della grande catastrofe naturale, nel  suo Moral Effects of the Earthquake in Calabria (Effetti Morali del Terremoto in Calabria), scrisse che  non appena la paura lasciò posto alla riflessione, i sopravvissuti furono subito sopraffatti da un senso di gioia e di sollievo, e cominciarono a gridare:

“Eccoci finalmente tutti uguali e sullo stesso piano, entrambi nobili e plebei, ricchi e poveri”. L’espressione sulla bocca degli sfortunati cittadini, il tono delle loro voci, cambiò come se un grande peso fosse stato rimosso dalle loro spalle, e un “sentimento di innata qualità” si impossessò presto dei loro cuori.

Per Pagano, che ricordò l’eco corrispettivo di ciò che fu trovato nella mitologia greco-romana - "L’età di Saturno, un’era di perfetta uguaglianza, amicizia, e libertà che seguì grandi preistoriche inondazioni e catastrofi" -   l’episodio Calabrese era l’incontestabile prova delle tesi di Vico delle “necessarie somiglianze delle idee umane sotto le stesse circostanze”.

Domenico Forges Davanzati, che scriveva dalla Francia, dove era in esilio, la sua biografia del Serrao, dava  a quest’uomo di chiesa il merito di aver ispirato “il dolce nome di Filadelfia”, riportando  una lettera di conforto da lui indirizzata  ai cittadini del suo paese natio, consigliandoli di trasferirsi in un altro luogo e di dargli il nuovo nome “in maniera tale da ricordare sempre e la loro origine greca, per conservare la memoria e imitare le virtù dei loro antenati, e soprattutto non solo di amarsi gli uni gli altri come fratelli e amici, ma di nutrire dentro se stessi questo stesso sentimento verso tutti gli altri”.

Commentatori più recenti hanno accennato ad altre associazioni, ma senza alcuna seria prova per dimostrare le loro congetture. L’unico impegnato resoconto sulla fondazione di Filadelfia, dalla storia originale di Elia Serrao, allude ai “molti ostacoli che il Vescovo di Potenza dovette superare, per il fatto di avere riconosciuto dal governo dei Borboni il nome di Filadelfia, che, “puzzava di libertà, e non suonava bene allo stesso governo, di stampo autocratico”.

L’autore suppose che c’era qualche relazione tra i “sentimenti liberali” per i quali gli abitanti più tardi si distinsero nella lotta contro i Borbone e il nome della loro città che, “fu creata dopo la città americana”.

Benedetto Croce, in una nota a piè di pagina dell’edizione italiana della vita del ‘Vescovo di Potenza di Forges Davanzati’, osservava che la lotta americana fu seguita con appassionato interesse nel sud Italia, e che nella scelta del nome giocò un ruolo la recente fama della Philadelphia americana, nella quale si riunì il primo Congresso degli Stati Uniti nel 1774 e nella quale nel 1776 fu proclamata l’indipendenza delle colonie americane.

Mentre da una parte non si può interamente non dar credito all’affermazione di Elia Serrao riguardo le connotazioni etimologiche della parola “Filadelfia”, e le storiche relazioni della Calabria con la Grecia, che giocano qualche ruolo nella scelta del nuovo nome, dall’altra l’evidenza suggerisce che i fattori decisivi furono piuttosto le correnti filosofiche del XVIII secolo, il prototipo della Philadelphia americana, e, soprattutto, la sottile influenza di Benjamin Franklin, operante in larga misura attraverso il canale di massoneria internazionale.

La confluenza di queste correnti è chiaramente indicata da Francesco Salfi che scrisse l’Essay on Anthropological Phenomena Relative to the Earthquake (Saggio sui Fenomeni Antropologici Relativi al Terremoto).

Gaetano FilangieriIn questo saggio non c’è riferimento a Filadelfia, un forzato silenzio attribuibile  ai rigorosi controlli allora esercitati dalla censura borbonica sulle pubblicazioni, il richiamo compare, invece, in un elogio all’amico Gaetano Filangieri, scritto dall’asilo in Francia, dove passò i suoi ultimi anni, e pubblicato nell’introduzione all’edizione di Benjamin Constant, The Science of Legislation (La Scienza della Legislazione):

“Il celebrato Franklin, riconoscendo in Filangieri un uomo capace di fare con il suo paese quello che egli stesso ha fatto con gli Stati Uniti, spedì sia a lui sia al Re delle Due Sicilie, una copia della Costituzione di questa nascente Repubblica.  Egli si affrettò anche a diffondere The Science of  Legislation tra i suoi nuovi compatrioti, che presto riconobbero e apprezzarono uno dei loro fratelli nel suo autore. Si può considerare come testimonianza di gratitudine data a questi moderni repubblicani quello che alcuni filantropi dell’impero di Napoli diedero allo stesso tempo. Onorarono con il nome di Filadelfia una città della Calabria, la cui rinascita fu testimoniata dalla sue rovine dopo il terremoto del 1783. Noto questa particolare circostanza così che l’illuminato viaggiatore non vedrà in questo monumento il lavoro del capriccio o del caso: in esso si deve ammirare un incontestabile segno del progresso che lo spirito di Filangieri stava cominciando a fare tra i calabresi.”

Queste osservazioni fatte da un vicino associato di Filangieri e testimone oculare degli eventi del 1783 in Calabria sono dense di implicazioni. I nomi di Franklin e Filangieri sono accomunati in virtù di qualche legame particolare. L’affermazione che i compatrioti di Franklin “presto riconoscono e apprezzano uno dei loro fratelli” nell’autore di The Science of Legislation, immediatamente suggerisce che la massoneria ebbe un ruolo decisivo nella divulgazione dell’opera .

L’investigazione storica nell’attività massonica è sempre stata carica di incertezza, data la natura assai segreta dell’ordine; non di meno una considerazione della massoneria di Napoli e del sud d’Italia durante il 1770 e il 1780 sembra molto chiaramente avvalorare le implicazioni delle parole di Salfi.

Napoli era nel dominio dell’Illuminismo e la classe colta e l’alta società agirono con le nuove inebrianti idee. Lo scambio tra Franklin e Filangieri  si svolse, dunque,  in una pesante atmosfera di massoneria.

Benjamin FranklinPer le  loro inclinazioni deistiche e umanitarie, i massoni potrebbero aver preso fortemente in simpatia il nome Filadelfia, composto dalle due parole greche significanti “amore” e “fratello”.

Gli eventi della Rivoluzione Americana e la presenza di Franklin in Europa fecero sembrare Philadelphia più che mai l’asilo ideale per gli annoiati europei.

La maggior parte dei numerosi italiani che si rivolsero a Franklin per trasferirsi nel Nuovo Mondo avevano i loro occhi puntati su Philadelphia. Per  Gaetano Filangieri, Philadelphia era il cielo del paradiso americano dove gli ideali razionali di libertà, uguaglianza e fraternità erano in uno stato di realizzazione.

L’entusiasmo di Filangieri rafforzò il favore dei fratelli massoni verso  Philadelphia. Il  prestigio dell’illuminato giurista tra loro era enorme.

Filangieri era amato al punto di idolatria, non solo per i superbi doni mentali che lo rendevano  il più importante esponente locale della loro fede umanitaria, ma per altre qualità personali di straordinaria bellezza fisica, combinato con grande integrità e gentilezza e temprato da una gentile malinconia.

La sua morte tragicamente prematura nel 1788 all’età di 35 anni suscitò inusuali manifestazioni di dolore. Donato Tommasi, in una disperata lettera al dotto Danese Friedrich Münter, che aveva conosciuto Filangieri, descrisse la costernazione nei circoli massonici napoletani alla morte prematura del “grande uomo”.

Jerocades pubblicò un toccante brano commemorativo, The Glory of the Sage (La Gloria del Saggio), nella forma di una lettera a Tommasi. Lo stesso Tommasi scrisse un lungo elogio del quale presto uscì una seconda edizione, e più tardi fu premesso alle edizioni della The Science of Legislation pubblicato da Masi di Leghorn sotto falsa sigla editoriale di “Filadelfia”.

Al funerale massonico Domenico Cirillo lesse una intensa descrizione del suo viaggio sul letto di morte di Filangieri. Mario Pagano pronunciò un Epicedium che aveva scritto per l’occasione, e Tommasi, tremante e piangente, lesse un poemetto che egli aveva scritto, ma che non era stato pubblicato “perché era completamente massonico”.

Non c’è documentazione che Filangieri fosse personalmente coinvolto negli eventi in Calabria. Comunque, la sua inedita corrispondenza con un’altro importante massone, il Cremonese monaco Isidoro Bianchi, prova che egli fosse consapevole di ciò che stava succedendo. Inoltre gli amici di Filangieri erano indubbiamente consci dei suoi stretti rapporti con Franklin e la sua idealizzazione della metropoli del Nuovo Mondo.

Infini, è particolarmente notevole che Giovanni Andrea Serrao, il Vescovo giansenista di Potenza responsabile del nome dato al ricostruito Castelmonardo, fosse intimo di Filangieri; come anche il primo allievo di Serrao, Antonio Jerocades, la cui canzone su Filadelfia avvalora l’associazione americana del nome; e Francesco Salfi, uno dei pochi intimi amici di Filangieri a fuggire l’olocausto napoletano del 1799, finalmente trovò se stesso in circostanze in cui egli poté scrivere con impunità.

Il fermento umanitario e massonico del tempo, gli spontanei egualitari impulsi persi per il terribile terremoto, la felice etimologica appropriatezza del termine “Filadelfia”, furono altri fattori che si combinarono per suggerire di designare una città in onore di una famosa amicizia e la realizzazione di comuni ideali.