Quando Napoli diventò “un paradiso abitato da diavoli”

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Categoria: Storia e Letteratura - Miscellanea
Creato Giovedì, 30 Luglio 2015 21:47
Ultima modifica il Mercoledì, 05 Agosto 2015 22:15
Pubblicato Giovedì, 30 Luglio 2015 21:47
Scritto da Angelo Martino
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“Un paradiso abitato da diavoli. E’ un proverbio che non ha più corso”- scriveva Benedetto Croce nel 1923, ricercandone le origini nei libri italiani ed europei e trovandone diffusione tra il XVII ed il XVIII sec.. Quindi la definizione che “ebbe corso” per ben due secoli, dal Seicento al Settecento, in relazione alla città di Napoli non è attribuibile a Goethe, come erroneamente viene riportato in qualche testo.

Croce indicava come primo testo in cui aveva rinvenuto la citazione Descriptio orbis del polacco Luca di Linda, datato 1655, molto conosciuto a quel tempo in Italia nella traduzione del Bisaccioni. “Fra tanti beni che abbondano nel paese di Napoli - scriveva il Di Linda-  ha però luogo il detto universale: “Napoli è un paradiso abitato da demoni”.

Successivamente la citazione ricompariva nel dizionario di Luigi Moreri, nella cui prima edizione del 1673 in relazione a Napoli si riportava: “l’aria del paese è estremamente fertile e tutto vi abbonda; il che fa dire agli Italiani che Napoli è un paradiso abitato da diavoli. Dicono ancora: “Napoli odorifera e gentile, ma la gente cattiva”.

La descrizione fu ripresa dal Grand dictionnaire géografique et critique, pubblicato a Venezia nel 1737 nel volume VII alla pagina 30.
Riguardo alla pubblicazione in francese del Grand dictionnaire di Lamartinière, secondo Antonio Genovesi la definizione era stata opera dei francesi.

Invece si trattava di un’espressione italiana che il Moreri, prima ancora del Seicento, ritrova in una lettera da Napoli di Bernardino Daniello, il noto commentatore di Dante, il quale, scrivendo ad Alessandro Corvino, riportava un lungo commento su Napoli, riflettendo su come natura,  per contrastare tanta bellezza, avesse ben pensato “di dare questo paradiso ad habitare a diavoli”, per non subìre le rimostranze degli ambasciatori delle altre città che avrebbero potuto accusarla di parzialità.

Come è noto, nel 1707 le armate austriache, dopo aver combattuto e battuto i francesi, conquistando la Lombardia, cacciarono gli spagnoli dal Regno di Napoli. Per celebrare la conquista austriaca del del Regno di Napoli, un giovane dotto tedesco, grande cultore di filosofia e filologia, ebbe l’idea di tenere nell’università di Altdorf, nei pressi di Norimberga, una conferenza per dimostrare nei particolari la verità del proverbio volgare, che “il Regno di Napoli è un Paradiso  abitato da diavoli”.

Tale conferenza a tema, tenutasi a Altdorf, fu molto pubblicizzata e furono invitati, oltre alle autorità politiche e militari del tempo, gli accademici e semplici cittadini studiosi.

A tal proposito Benedetto Croce menzionava tra le sue ricerche un “opuscolo in quarto piccolo in lingua latina di pagg. 28″ conservato nell’Università di Nottingen e che era riuscito ad ottenere in prestito per il suo studio, mirato anche a sfatare l’erronea convinzione che fosse stato Goethe a coniare il famoso motto.

In effetti il filologo tedesco di Altdorf, rammentava i siti geografici del Regno di Napoli, usando una singolare ammirazione nel descrivere  luoghi da favola: “O mirandam itaquae Campaniae! O stupendam Neapolis opulentiae”! Ma a queste esclamazioni ne alternava altre pregne di ripugnanza ed orrore che in lui destavano  gli abitanti: “O turpissima flagitorum genera! O execrandos pessimorum hominum animos!”, soffermandosi, riguardo ai “Neapolitaronum facinora” sulla lussuria, sull’ambizione e sulla cupidigia di titoli ed onori di gente “amantissima delle liti, insolenti e vantatori nel parlare, e pieni di vanità, superbi, prepotenti, sospettosi e grandi giocatori, avidi di vendetta, gelosi, dediti all’ozio”.

Quese impressioni poi pubblicate e molto pubblicizzate contribuirono a diffondere la vulgata di un Paradiso abitato da diavoli.

Benedetto Croce, citando le considerazione di Giovanni Andrea Buhel, secondo il quale il proverbio era solo una grossa stupidità,  concluse che  “siffatti giudizi soffrono di difficoltà obiettive perché mantengono carattere statico dinanzi alla vita dei popoli, che è dinamica e cangevole[…] soffrono dell’altro malanno di venire irrigiditi, resi assoluti, interpretati fantasticamente, e diventano sostegno di leggende o menzogne convenzionali”.

 

 

Bibliografia:

Benedetto Croce, Un paradiso abitato da diavoli, Adelphi,  2006