Gli ufficiali militari che sostennero la Repubblica Napoletana

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Categoria: Articoli sul 1799
Creato Giovedì, 23 Luglio 2015 16:23
Ultima modifica il Giovedì, 23 Luglio 2015 16:24
Pubblicato Giovedì, 23 Luglio 2015 16:23
Scritto da Angelo Martino
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La pur breve esperienza storica della Repubblica Napoletana del 1799 poté vantare in quel fine Settecento il consenso di tanti ufficiali dell’esercito o di marina, compresi generali, che decisero di stare dalla parte dei princìpi di libertà ed uguaglianza repubblicane.

I loro nomi si ritrovano scorrendo non solo l’elenco dei martiri, ma soprattutto dei circa 4000 patrioti che furono proscritti dopo la sconfitta della Repubblica.

Tra i condannati a morte aventi il ruolo di ufficiali dell’esercito o della marina nella Repubblica Napoletana ricordiamo: Pasquale Assisi di Cosenza, Francesco Buonocore, l’ammiraglio Francesco Caracciolo, Luigi de la Granelais, Leopoldo De Renzis, Antonio Raffaello Doria, Francesco Federici, Francesco Antonio Grimaldi, Gabriele Manthoné, Oronzio Massa, Pasquale Matera, Andrea Mazzitelli, Raffaele Montemayor, Nicola Ricciardi, Ferdinando Ruggi, Gaetano Russo, Giuseppe Schipani, Agamennone Spanò.

Tra i tanti proscritti:  il generale Francesco Pignatelli, suo fratello Vincenzo, gli ufficiali di marina Salvatore San Caprais e Giovanni Bauso, cooperante dello stesso Ammiraglio Francesco Caracciolo, il capitano di fregata Pietro Uloa, il contrammiraglio Gabriele Maurizio, il capo divisione Giovambattista Mastelloni. Inoltre furono esiliati il colonnello d’artiglieria Gaetano De Simone, Leopoldo Poccio, il colonnello Michele Nocerino, Giuseppe Landini, anche lui dell’artiglieria, Francesco Staiti della Cavalleria e i capitani Giordano, Morena, Salvo, Blando, Simeoni, Giuseppe Rosaroll, Luigi Arcovito, Lorenzo Montemayor, il colonnello Francesco La Halle con suo figlio Carlo.

 

Tra i carcerati e i deportati ricordiamo il giovanissimo Guglielmo Pepe, il brigadiere Francesco Anguissola, comandante del Castel dell’Ovo, il capitano di fregata Giuseppe De Cosa, che aveva comandato la nave “Cerere” nella difesa del Golfo dalla controrivoluzione. Non pochi morirono nelle stesse carceri, prima del processo e, tra questi, il brigadiere Tommaso Lop, il colonnello Diego Pignatelli di Marsiconovo.

Si giunse al punto, inoltre, di congedare tutti i giovanissimi allievi del collegio militare della Nunziatella per “riparare - come scrisse il Cardinale Ruffo, il 25 luglio 1799 - alle velenose insinuazioni che con tanto rincrescimento della S.M. e tanto scandalo si è osservato aver serpeggiato per mezzo dei professori e di molti ufficiali di quella Reale Accademia”.

Dal cosiddetto “perdono” dell’aprile 1800 furono esclusi cinquanta ufficiali dell’esercito e della marina, mentre funzionò a pieno ritmo la “Giunta dei generali”  istituita con il compito specifico di inquisire e punire i soldati della Repubblica.

Michelangelo D’Ayala, in un suo scritto su Nuova Antologia del 1° novembre 1901, riportava dalle superstite carte della marina borbonica i nomi di altri ufficiali, processati proprio dalla Giunta dei generali: Luigi Tehoudy, Spiridione Spiro, condannati all’esilio, il capitano Carlo Dumarteau, condannato alla ” esportazione perpetua”, Francesco Maria Paschel, Gennaro Ragozzini, Cataldo Campana, il tenente Giacomo Foregadre, deportato a Ventotene, Antonio Lap, Ignazio Vargas Macciucca, Vincenzo De Bellis, che ebbe ” lo sfratto a vita” e infine Giovanni De Paola e Carmine Santacroce, entrambi banditi dal Regno.

Pur non conoscendo la sentenza, un consiglio di guerra del luglio 1800 sottopose a giudizio altri ufficiali di marina: Giuseppe Correale, Cesare Roberti, Giovanni Caracciolo, Michele Porcellini, Nicola Sasso e Giuseppe Montemayor.

Sappiamo, invece, che Diego Pignatelli, Giovanni d’Amore e Luigi Rossi furono deportati nell’Isola d’Elba, mentre furono imbarcati per l’isola di Favignana Emanuele Borca, Giuseppe de Marco, Michelangelo Novi, Michele Gicca, Luigi Pozzi, Giovanni Letizia, Stanislao Melchiorre e Luigi Allegro. Quest’ultimo, capitano della Legione salentina, aveva avuto la commutazione della condanna a morte con la “detenzione in vita nel fosso del castello dell’isola”.

Alcuni dei tanti ufficiali elencati parteciparono successivamente ai moti costituzionali del 1820.

 

Bibliografia:

Angiolo Gracci- La rivoluzione negata- La Città del Sole- Napoli 1999
Michelangelo D’Ayala- Nuova Antologia del 1° novembre 1901- pagg 66-68