Il Mezzogiorno d'Italia nella lunga durata

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Categoria: Storia e Letteratura - Miscellanea
Creato Sabato, 04 Luglio 2015 12:36
Ultima modifica il Domenica, 05 Luglio 2015 22:32
Pubblicato Sabato, 04 Luglio 2015 12:36
Scritto da Nicola Terracciano
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II Sud del Duemila può conquistare un livello di soggettività storica tipo quello che ha posseduto in molti momenti della sua storia millenaria ed essere così più protagonista nella vorticosa, affascinante, tumultuosa realtà della globalizzazione.

Ma deve recuperare, tener presenti, ficcare nell'immaginario collettivo costantemente sia la coscienza delle sue pagine storiche più nobili sia, soprattutto, la consapevolezza, pur amara, dei suoi limiti antichi, delle sue pagine più dolorose, per trarre dalle prime forza e conforto, dalle altre la consapevolezza critica e lucida dei problemi e degli ostacoli da affrontare e da sciogliere.

Il Sud, inserito nel cuore del Mediterraneo, propaggine d’Italia e d'Europa di fronte all’Africa immensa, partecipa nella sua storia millenaria dei destini di grandezza e di declino del grande mare interno.

Le antiche comunità preistoriche - italiche ricevettero dalla contaminazione culturale prodotta dall’emigrazione greca a partire dal VII secolo avanti Cristo le energie che portarono alla costruzione di città come Crotone, Sibari, Reggio, Elea, Siracusa, Agrigento, Taranto, che raggiunsero livelli altissimi di vita culturale, civile ed economica, tanto che si parla giustamente di ‘Magna Graecia’, di una Grecia più grande di quella classica, retaggio indelebile di rilievo non solo regionale e mediterraneo, ma italiano ed europeo.

Fiorirono le comunità pitagoriche calabresi, che restano nella storia e nell’immaginario europei come primo eroico esperimento di modellare la vita sociale sulla scienza, per svellere le male piante dell'ignoranza, della disumana schiavitù, della rozza politica spesso incolta.

Ma nella dispersione geografica furono solo indimenticabili esperienze (anche per oggi e per domani) che lasciarono segni, ma restarono sopraffatte dal contesto locale possente di riflessi culturali, interessi, poteri, privilegi ancestrali, arcaici.

Roma mantenne e rafforzò i ruoli centrali del Mediterraneo e del Mezzogiorno, baricentri di grande storia, pur sulla base tragica dell'economia schiavista, quando aree nordiche italiane ed europee erano agli albori di una svolta più civile.

 

La grande luce storica mediterranea si prolungò nell’età tardo - antica con le suggestive ondate delle religiosità orientali, tra esse quella del cristianesimo ebraico, che si impose man mano sia per la suggestione universalizzante del suo messaggio etico-spirituale che per l'appoggio politico imperiale da Costantino a Teodosio, a Giustiniano, spesso violento, integralista, dogmatico, lontano dalla millenaria tolleranza religiosa romana.

E la Calabria visse e propose, dopo l'esperienza comunitaria pitagorica, il secondo tentativo eroico di Vivarium, con Cassiodoro, mirabile sintesi di cristianesimo e patrimonio  etico-culturale  classico, carico di futuro, perciò incompreso e soccombente nella solitudine.

La prima frattura dolorosa per il Mezzogiorno fu legata alla divisione del Mediterraneo, divenuto dall’Alto Medioevo conflittuale luogo tragico tra Islam, Oriente ortodosso, Occidente cattolico.

Il Sud divenne, per più di un millennio doloroso, tragico luogo di frontiera e a volte di occupazione (es. la Sicilia araba) in una condizione precaria, sempre allarmata di pericoli tra mondi in guerra tra loro, con spiriti diffusi di rapina, di vendetta, di saccheggio, che portò alla fuga dalle marine e all’internamento della vita sociale nei paesi appenninici, così scomodi e inospitali, indurendo la vita e i caratteri di uomini e donne, e chiudendo nella complessità fisica delle regioni le comunità ormai centrate su se stesse, alle prese con una quotidiana sopravvivenza precaria.

Fiorirono le diversità, ma spesso senza osmosi.

Il regime feudale rilevò e rinforzò questa frantumazione geografica, storico-sociale, la consolidò, la sfruttò, attivando un secolare processo di cristallizzazione dei rapporti sociali, subalterni, di tipo servile, autoritario, arbitrario, che portò a regressioni nei comportamenti collettivi, lontani e diversi dai climi nuovi comunali, più moderni, del Centro, dell’Alta Italia, dell’Europa, che fiorirono anche perché più protetti, trovandosi distanti dalla frontiera guerreggiata dei Mediterraneo diviso.

La Chiesa cattolica, accanto a momenti di monachesimo alto (da Benedetto a Francesco), che riprese anche valori antichi, e di pietà commovente verso il mondo dei poveri, colpevolmente assecondò, consolidò, giustificò dal punto di vista culturale, sociale, politico quell’ingessato mondo sociale feudale, ripetendone nella stessa lunghezza d’onda interessi, privilegi, poteri, ricchezze parassite e ingiuste.

Questo mondo meridionale, imprigionato e angosciato nei secoli, plasmò caratteri maschili e femminili docilissimi o ribelli fino all'odio, al sangue, alla rapina, al brigantaggio, divenuti endemici nella società meridionale, segnali precisi di una realtà bloccata e drammatica.

Da questo mondo chiuso nell’ignoranza, nella miseria, nello sfruttamento feudale,

secolare ed ecclesiastico, si levò tra Cinquecento e Seicento solenne, nobile e indimenticabile la voce di riscatto radicale di frate Tommaso Campanella calabrese, che nelle segrete delle carceri secolari ed ecclesiastiche, nell'azione congiurante sognò e tentò una "Città del Sole" (1602), che potesse svellere nella patria calabrese e nel Sud tutto, e con apertura universalizzante di messaggio, la struttura feudale secolare della diseguaglianza e dell'ignoranza e far trionfare la comunanza dei beni e la luce della scienza nuova, che già brillava per certi aspetti su varie parti d'Europa e per la quale aveva dato la vita fino al martirio, per mano della chiesa cattolica violentemente oscurantista, il frate nolano Giordano Bruno (bruciato vivo a Roma nel 1600).

La guerra religiosa civile europea tra Riforma e Controriforma calò come una seconda forza possente di irrigidimento, aggiungendosi a quella precedente ormai millenaria, stringendo in una morsa ferrea i destini storici delle terre meridionali.

Ormai non dal Mediterraneo in guerra, non dalla penisola stretta tutta dalla Controriforma soffocante, ma da processi europei di modernità culturale, sociale e politica potevano provenire le prime spinte per scuotere e sbloccare il duro intreccio consolidato feudale e controriformistico.

Sempre devono essere ripresi come giganti della storia meridionale quegli intellettuali del Settecento, che seppero man mano afferrare i volti del mostruoso blocco storico - sociale consolidato, per aggredirne qualche lato, romperne qualche pilastro.

E se giganti furono i riformatori meridionali (da Genovesi a Filangieri), eroi sempiterni da rinnovare nella memoria collettiva del Sud sono i rivoluzionari che tentarono di usare la forza dell’azione fino al martirio per far saltare, svellere dalle radici l'impalcatura ingiusta della vita sociale ed aprire finalmente la storia nuova.

E vi riuscirono nel 1799 miracolosamente, con l'aiuto indispensabile del maglio possente dell'armata repubblicana francese, con una lucidità sorprendente aperta al futuro, incarnando e additando la Repubblica Libera, Laica, Democratica, Giusta socialmente, ideale e realtà storica che in mille modi si è cercato e si cerca ancora oggi di annebbiare e di rimuovere .

Nessuna vera, nuova soggettività meridionale del Duemila potrà costituirsi se non a partire dalla sistematica, costante, religiosa, quotidiana ripresa di eredità dei Repubblicani e delle Repubblicane (si pensi ad Eleonora de Fonseca Pimentel) del 1799, laici e religiosi (si pensi al vescovo martire repubblicano Michele Natale), che segnarono lo spartiacque tra la millenaria tragedia e gli orizzonti del mondo nuovo che in alcune parti d’Europa  erano ormai realtà.