Il foro di Cales
Seppur non sia emersa alcuna evidenza archeologica, oltre alla testimonianza di Tito Livio, l'esistenza di un Foro a Cales è attestato da epigrafi contenute in C.I.L. X, 4660 e Not. Sc. 1929, menzionate recentemente nel testo dell'archeologa calena Concetta Bonacci, dedicato a Cales. Tali iscrizioni si rivelano una preziosa documentazione in quanto menzionano la via Patula, probabile riferimento al cardo maximus, la quale conduceva alla Porta Laeva e dal Foro alla Porta Domestica. Se la via Patula costituisce il cardo maximus, abbiamo, pertanto la conferma che il Foro di Cales, come d'altronde gli stessi Fori romani, era ubicato all'incrocio delle due principali arterie della città, il cardo maximus e il decumanus maximus. Anche in base ad un'altra epigrafe, C.I.L..., X, 4600, l'archeologa Bonacci ipotizza l'ubicazione del Foro di Cales all'incrocio delle due vie principali, e esattamente nell'area abitativa ove erano presenti il teatro, il tempio, le terme e gli altri edifici pubblici e di natura sacra. Possiamo, quindi, in base a tali elementi, se non probativi, ma molto probabili, dedurre che, in seguito allo status di Colonia, Cales si fosse già dotata di una piazza con edifici per esigenze collettive e che il sito comunicava con le vie di traffico urbano. Solo progressivamente la piazza originaria sarebbe diventato un vero Foro nel quale erano esercitate le ordinarie attività pubbliche, politiche e religiose. Inoltre è altresì probabile che il Foro sia stato oggetto di un rifacimento e di un restauro in età imperiale, arricchendosi, come lo fu per ciascun Foro delle città romane, di monumenti e templi volti a celebrare la maestosità dell'età imperiale romana.
Concetta Bonacci, Cales. Un'area archeologica da riscoprire, Vertigo, 2013 |
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