Eleonora de Fonseca Pimentel, ricordandoti

Salvatore Pizzi, protagonista del Risorgimento di Terra di Lavoro

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Una personalità storica così importante del Risorgimento di Terra di Lavoro, come quella di Salvatore Pizzi, ha ricevuto, attraverso un notevole lavoro accademico del laureando Giovanni Valletta, un primo sistematico, più rigoroso approfondimento, che va oltre l'insufficiente quadro precedente, costituito da limitati, episodici, momenti celebrativi o di richiami di Pizzi in opere che avevano altri oggetti di indagine.

Per la prima volta,  Pizzi viene messo a fuoco nella sua interezza e in particolare nelle sue due fondamentali dimensioni: quella politica e quella pedagogica, vissute non solo sul piano teorico, ma sempre tradotte sui piani dell'impegno, del sacrificio, di iniziative, nei solchi indimenticabili mazziniani del pensiero e dell'azione, della vita come dovere, dell'educarsi e dell'educare come imperativi e come apostolati, con nuova religiosità, personale e civile, per lo sviluppo di un nuovo tipo di italiano e di una nuova Italia, una, indipendente, libera, democratica, che fosse di esempio ad altre nazioni europee oppresse e congiunta con esse in un pacifico e costruttivo vincolo federativo.

La luce mazziniana illumina in profondità lo sviluppo della personalità e l'agire di Pizzi, che resterà fedele alla sua giovanile scelta ed adesione sia prima che dopo l'Unità, che ebbe un esito diverso, monarchico e non repubblicano, o pienamente democratico.

Egli restò coerentemente coi suoi ideali, pur implicando questo sacrifici e rinunce ad assumere ruoli politici più alti, quali poteva sicuramente meritare e raggiungere.

Valletta nel suo lavoro,  rivendica giustamente il fatto storico che Capua non è stata solo una cittadina di chiese e di caserme, ma per secoli epicentro della vita amministrativa e civile di Terra di Lavoro, essendone stata la capitale fino agli inizi dell'Ottocento (sostituita nel periodo francese di Giuseppe Napoleone e di Gioacchino Murat, e poi nel secondo periodo borbonico, prima dalla vicina Santa Maria, ad essa collegata, poi da Caserta).

Capua ha avuto accanto a Pizzi altre personalità risorgimentali di rilievo, come Leopoldo De Renzis e Ferdinando Palasciano, precursore della Croce Rossa, richiamato particolarmente dal Valletta, che al personaggio ha dedicato e continua a dedicare un’altra sua direzione di ricerca, e sarà individuata dopo l'Unità, in modo naturale ed indiscusso, come sede centrale delle memorie di una provincia, quella di Terra di Lavoro, che aveva una configurazione regionale, dal distretto di Nola a quelli di Gaeta e di Sora, sia artistiche che documentarie, col Museo Campano, collocato in uno dei più prestigiosi ed artistici palazzi capuani, quello Antignano.

In esso sono conservate ricche e preziose testimonianze archeologiche e artistiche (si pensi all'unica ed originale collezione relativa al culto della Mater Matuta), dall'età preromana a quella romana, a quella altomedievale, all'età sveva in particolare con Federico II, che ebbe nel capuano Pier delle Vigne il suo principale collaboratore, pur nella fine tragica, memorabilmente richiamata da Dante nell'Inferno.

Nella biblioteca annessa al Museo, col suo singolare catalogo topografico, è possibile avere un quadro fondamentale dei documenti e delle ricerche relativa ad ogni Comune di Terra di Lavoro, dal più piccolo al più grande.

Salvatore Pizzi ha sempre avuto profonda consapevolezza di questo ruolo secolare centrale civile di Capua e, nella sua veste di politico e di amministratore comunale e provinciale, l'ha richiamata, onorata, esaltata, arricchita, con le due citate iniziative della Scuola Normale Femminile del 1866 e con il Museo Campano (di proprietà provinciale, fondato nel 1870 ed inaugurato nel 1874 per l'opera instancabile e memorabile del capuano canonico Gabriele Iannelli, nato nel 1825 e morto nel 1895),  che a Pizzi sono legate.

Valletta fa notare lo stato limitato delle fonti su di lui, essendo andate distrutte parte della casa e la biblioteca con l'epistolario durante il bombardamento su Capua del 9 settembre 1943. Pizzi studiò a Caserta, poi a Napoli, frequentando anche la scuola del purista Puoti, con vasta preparazione classica e delle lingue, francese ed in particolare tedesca, che sarà importante per i suoi lavori di traduzione di testi pedagogici.

Si laureò in giurisprudenza nel 1838. Sposò la capuana Concetta Folli, sua fedele compagna fino alla morte prematura nel 1848, dalla quale ebbe il figlio Eugenio. Aderì alla mazziniana “Giovine Italia” con l'amico capuano Luigi Garofano. Per la partecipazione diretta alle vicende del 15 maggio 1848 a Napoli conobbe il carcere con Settembrini e Poerio.

Fu accusato poi di far parte della setta dell'Unità Italiana e restò per tutto il periodo 1849-1860 al centro della sorveglianza borbonica, come uno dei più pericolosi oppositori ("Bisogna spiare anche il respiro di Salvatore Pizzi"), conoscendo nuovi arresti con brutali punizioni e il confino a Sora.

Sulla base di un libro del 1910 di Giovanni Petella La Legione del Matese durante e dopo lepopea garibaldina, che utilizzò l'allora esistente epistolario di Pizzi, si intuisce il ruolo importante che ebbero la sua figura e la sua azione per il successo garibaldino in una provincia così difficile come quella di Terra di Lavoro, con diffuse posizioni filoborboniche, appoggiate alla fortezza di Capua ed alla presenza del grosso dell'esercito borbonico tra essa e Gaeta.

Pizzi fu il Commissario generale dei vari comitati insurrezionali nati in Provincia e fu nominato Governatore di essa da Garibaldi con controfirma di Bertani a Napoli del 16 settembre 1860.

Un particolare rapporto mantenne con i promotori della citata Legione del Matese, come Beniamino Caso di San Gregorio, ma operante a Piedimonte d'Alife, e Bonaventura Campagnano di Liberi (che aveva come denominazione preunitaria “Schiavi”), suo comandante, dopo il breve periodo in cui fu retta da Giuseppe De Blasiis (Sulmona, 1832-Napoli,1913), futuro storico, docente universitario e tra i fondatori della Società Napoletana di Storia Patria.

Fatta l'Italia, bisognava fare gli Italiani, formarli, educarli alla nuova epocale conquista storica di paese libero, costituzionale, unito dopo secoli di divisioni e di storiche differenziazioni. Era un compito gigantesco (non ancora concluso, come è avvenuto ed avviene in tanti altri paesi con processi di unificazione più antichi di quello italiano), al quale diedero il loro contributo i patrioti di ogni posizione ideale, su vari fronti e trincee da essi scelti e consonanti con le loro competenze.

Così Pizzi, pur non ritrovandosi nella soluzione monarchica e moderata, si impegnò come consigliere comunale e provinciale (fu eletto ininterrottamente dal 1861 alla morte nel 1877, divenendo anche presidente dell'Assemblea).

Si impegnò nella traduzione dal tedesco di testi di pedagogia e di manuali delle varie discipline, in modo da trasferire nella prassi didattica i risultati più avanzati della pedagogia europea che egli ritrovava in Germania.

Pizzi fu anche presidente della Congregazione della Carità di Capua, carica che fu importante e preziosa per la nascita e il consolidamento della fondamentale iniziativa scolastica e civile della "Scuola Normale Femminile dell'Annunciata e scuole elementari annesse", che fu inaugurata nel 1866.

Valletta fa un breve riferimento alla situazione preunitaria dell'istruzione a Capua, che faceva capo a ordini religiosi ed al seminario dell'arcidiocesi, con limiti evidenti di accesso, senza alcuna sensibilità verso l'istruzione popolare e in particolare delle donne.

Solo nelle età illuministica, rivoluzionaria di fine Settecento, nel periodo napoleonico fu posto all'ordine del giorno la questione dell'educazione popolare per il progresso civile e politico e Valletta fa i nomi di Genovesi, Galiani, Filangieri e soprattutto di Matteo Galdi, che scrisse di istruzione e divenne anche collaboratore di Murat.

Per Capua ci fu un tentativo di scuola laica con il barone Ottavio de Renzis, ma solo dopo l'Unità si ebbero la istituzione del Liceo-Ginnasio e della citata Scuola Normale, che era fondamentale per la formazione dei maestri e delle maestre comunali, al fine di rendere effettiva l'istruzione elementare obbligatoria.

La scelta di Capua come sede della Scuola Normale Femminile per tutta la provincia fu legata a Pizzi sia come consigliere provinciale, con il prestigio della sua persona e della sua storia, sia perchè, essendo presidente della Congrega della Carità, che era proprietaria del grande complesso dell'Annunziata, oltre che di un ricco patrimonio, si potevano avere a disposizione locali grandi e dignitosi sia per la scuola che per il Convitto e le collegate scuole elementari.

C'era la centralità geografica di Capua, facilmente raggiungibile da ogni parte. Per farla partire con serietà, egli chiamò dal Nord il professore Bellentani, che ne fu il primo direttore

La struttura dell'Annunziata divenne così imponente con il brefotrofio e l'orfanotrofio già presenti, le scuole elementari comunali attivate nel 1864, e le aggiunte del convitto e della Scuola Normale. Essa aprì la strada di una formazione superiore a giovinette di media e bassa estrazione sociale, con rigida selezione fondata sul merito.

Il direttore della Scuola e la direttrice del Convitto erano nominati dalla Provincia, ma il controllo coinvolgeva il Comune, la Congrega, personalità, oltre i direttori.

La Normale era aperta a giovinette tra i 15 e i 18 anni, residenti in provincia di Caserta, con lettere di presentazione di profitto degli studi precedenti, di moralità, di effettiva indigenza delle famiglie, onde avere accesso al convitto. Erano a disposizione 35 borse di studio della Provincia, che coprivano le spese da versare alla Congrega.

I regolamenti fissavano minuziosamente e rigidamente le attività delle normaliste per tutta la giornata, come i comportamenti dei docenti, padri prima che docenti  Orazioni mattina e sera, confessione il sabato, non poter uscire dalla Scuola denotavano indubbiamente un clima rigido. Ma il metodo di insegnamento doveva essere aperto, dialogico, rispettoso delle diversità delle allieve.

Tipico di Capua fu una classe di collegamento tra la quarta classe elementare e il primo corso normale, giacchè il livello di preparazione di partenza era molto differenziato e questo suscitò l'apprezzamento del noto pedagogista Aristide Gabelli.

Il complesso dell'Annunziata di Capua ebbe anche dagli inizi degli anni Settanta un giardino d'infanzia ispirato al pedagogista tedesco Froebel, dove il gioco aveva una funzione fondamentale per l'acquisizione delle prime conoscenze.

Valletta ricorda tra i docenti di valore che insegnarono a Capua il marcianisano Federico Quercia, patriota, espertissimo di letteratura italiana, di cui fu poi docente universitario, pervenendo alla funzione anche di Provveditore. Il prof. Alberto Bellentani, anche lui con un passato di patriota, era nativo di Parma e fu fedele e operoso amico e collaboratore di Pizzi (anche per le traduzioni dei manuali dal tedesco) fino alla morte, per impiantare e far funzionare con serietà e modernità la nuova Istituzione scolastica.

Ci furono problemi di gestione di essa, specialmente dopo la morte di Pizzi, per far vivere in armonia tanti soggetti coinvolti nella gestione (Congrega, Provincia, Comune), per avere finanziamenti certi ed adeguati,  ma essa fu il fiore all'occhiello di tutta la Provincia con la sua struttura maestosa ed efficiente, il clima diligente, efficiente, moderno, con la capacità di realizzare lo scopo che Pizzi si era prefisso "formare donne, madri, maestre diligenti".

Valletta si sofferma nell'ultima parte della tesi sul ruolo e la funzione che ebbero le scuole normali di preparazione dei maestri e delle maestre ai fini della costruzione della nazione, dell'identità nazionale e per far uscire le donne dal secolare ruolo domestico e analfabeta.

Le maestre postunitarie, senza garanzie sindacali e alla mercè dei Comuni, spesso guardate con sospetto ed isolate, se forestiere, dal conformista, tradizionalista ambiente locale, furono delle eroine della diffusione del sapere laico e moderno, della lotta contro l'analfabetismo. Il loro salario era misero e, a volte, dovevano fare altri lavori paralleli per vivere dignitosamente.

Le scuole normali furono fondamentali per gli inizi dell'emancipazione femminile, aprendo alle donne una formazione scolastica superiore e l'uscita da ruoli sociali chiusi e tradizionalisti ed aprirono la strada ad altre figure e professioni, come le ostetriche, le infermiere.

Pizzi si colloca come figura importante non solo dal punto di vista politico, ma anche come propulsore dello sviluppo civile, dell'emancipazione femminile, dell'avvento di una mentalità laica. Sapeva avere uno sguardo italiano ed europeo nel campo educativo e non era solo un teorico, ma aveva un raro e deciso spirito pragmatico ed operativo.

Quando morì il 2 ottobre 1877 ebbe grandi, giusti onori a Caserta e a Capua, dove per volere del Consiglio Comunale, fu deciso che il corpo fosse collocato con onore nella Cappella principale del cimitero. La Deputazione provinciale deliberò due busti di Pizzi, da collocare uno nella sua sede, l'altro nell'Aula Magna della Scuola Normale, come avvenne con cerimonia del 22 luglio 1883. Essa ebbe la denominazione di "Scuola Normale Salvatore Pizzi" dall'anno scolastico 1890.

Grandissima figura quella di Pizzi, poi man mano divenuta lontana, rimossa e quasi ignota nella memoria collettiva della Provincia amatissima e perciò è ancora più lodevole e prezioso il lavoro di memoria e di ricerca storica compiuto dal dott. Giovanni Valletta.

 

 

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